sabato 31 dicembre 2011

lunedì 26 dicembre 2011

domenica 18 dicembre 2011

Per gli Stati Generali dell'Alta Irpinia

Per quel che intendo io, uno dei maggiori ostacoli allo sviluppo dei nostri piccoli paesi è l'incapacità di vivere e comprendere le trasformazioni radicali che si sono avute e si stanno avendo nella società. E' vero purtroppo che gran parte dei paesi dell'Alta Irpinia sono collocati in territori poveri e questo li penalizza più del fatto di essere piccoli, ma torno a ribadire che le popolazioni dei nostri comuni, in prevalenza composte di persone avanti con l'età, non sono in grado per ovvie ragioni di adeguarsi al mercato del lavoro e alle condizioni di vita sociale richieste dalla società globalizzata.
Io sono di Sant'Angelo dei Lombardi, uno dei paesi più ricchi di cultura dell'Irpinia, la cui popolazione ha goduto da sempre il vantaggio di avere scuole superiori di un certo livello, quindi molti hanno un buon livello d'istruzione, pur tuttavia oggi è uno di quei paesi avviati maggiormente ad un inesorabile declino. Perché? Dal punto di vista economico è stato sempre povero, privo di commercio, con un'agricoltura scarsa e non di qualità, per di più afflitto da un clima inclemente quasi in ogni stagione, privo di collegamenti con i grandi assi viari verso Napoli o Bari, sempre più arroccato intorno alla propria identità locale. In passato ha avuto momenti di vera gloria; il Liceo classico, fiore all'occhiello del piccolo paesello, ha sfornato principi del foro, giudici, magistrati, validi funzionari del pubblico impiego, cultori delle Humanae litterae riconosciuti ed apprezzati nella lontana America. Ciò ha riempito d'orgoglio la comunità santangiolese che si è nutrita di memorie e di passato scordandosi il futuro ed anche il presente. Ad essere giusti, prima del terribile sisma del 1980 c'è stato un momento di crescita o meglio c'era un grandioso progetto di crescita per Sant'Angelo, urbanistica, economica e sociale, quando le campagne elettorali si coniugavano con le campagne d'amore per il territorio, e queste si fondavano su offerte concrete di servizi innovativi. Poi il sisma, terribile, ha spazzato via ogni cosa! Da allora il paese s'è fermato, tutto è rimasto fermo a quel fatale e funesto giorno. La popolazione, smarrita, o è fuggita dal piccolo paesello disastrato oppure è rimasta come sospesa in un tempo irreale, percepito come un prima del terremoto e un dopo il cui confine si fa sempre più indistinto. La tendenza a chiudersi è tipica dei piccoli centri, ma questo incide moltissimo sui processi di crescita ed accelera il processo di declino e di povertà. Adesso è l'ora di svegliarsi dal lungo torpore! La crisi dell'economia che stiamo vivendo può essere per noi occasione di crescita, giacché nei piccoli paesi si ritorna o ci si reca per il costo minore della vita e per la qualità della vita, che sicuramente è più elevata rispetto ai medi e grandi centri. Ciò che ci necessita è la capacità di accogliere eventuali flussi di turisti; i beni culturali presenti nel territorio hanno un valore universale: essere locali e globali richiede la padronanza dei linguaggi appropriati per comunicare sul piano globale. E' dunque necessario accrescere le competenze in senso funzionale per utilizzarle concretamente nella vita di tutti i giorni. Abbiamo bisogno di una riqualificazione culturale e sociale per far fronte alle sfide della globalità. Le nostre piccole comunità, depositarie dell'immenso patrimonio artistico culturale minore devono avviare un processo di valorizzazione reale delle proprie risorse. Essendo io un'insegnante non posso che suggerire innanzitutto dei percorsi di formazione permanente che orientino le persone di età matura a comprendere i nuovi linguaggi della comunicazione, compreso Internet, ma modestamente suggerisco anche di rinforzare la dimensione locale dell'economia con agricoltura di qualità; di tutelare l'ambiente, salvaguardando i beni Comuni (che sono nel disinteresse e nell'abbandono); di recuperare le relazioni sociali (una vita sociale rarefatta è deleteria per la crescita); di superare le rivalità tra "campanili" per una nuova dimensione del locale basata sulla solidarietà e la condivisione ai fini di un obiettivo comune... Ci sarebbero tante altre considerazioni da fare, ma le parole servono a poco.

venerdì 25 novembre 2011

TEATRO-AZIONE A CAIRANO









SABATO 26 NOVEMBRE 2011, nell’ambito di CAIRANO 7X, anteprima del TEATRO-AZIONE. L’appuntamento è alle ore 21 presso la Sala Carissanum nel centro storico di Cairano



Oltre i registi, amici di Franco Dragone, Giovanni Orlandi della Compagnie du Campus e Patrick Duquesne del Collectif Libertalia, gli abitanti-attori : Maria Rosaria Bilotta, Mariantonietta Arace, Elena Bilotta, Maria Teresa Mazzeo, Concetta Bilotta, Leonia Frieri, Arianna Luongo, Concetta D’Angelis, Olga Bilotta, Claudia D’Angelis, Gerarda Melillo, Gerardo Marziello, Antonio Luongo,Salvatore Mazzeo, Luca Mazzeo, Massimiliano Melillo e Alessandro Mazzeo.

per cenare e pernottare contattare la proloco di Cairano : www.cairanoproloco.it

mercoledì 16 novembre 2011

Il Buon esempio

Finalmente la sobrietà e l'autorevolezza nei palazzi della politica! Via la la retorica, via le parole da pifferaio magico,via le ministre bellissime... Si ritorna (o si arriva?) alla saggezza di un governo illuminato che porterà la pace e la concordia tra i cittadini. Peccato però che è transitorio, e già le forze politiche affilano nell'ombra le armi per la riscossa!
A parte gli scherzi, auguriamoci davvero che i rappresentanti dei vari partiti prendano da Monti una lezione di buon governo per l'avvenire!
...Chi sostiene che questo governo ha illegittimità democratica confonde la sospensione della democrazia con la sospensione del conflitto permanente; esso è nato perchè la feroce competizione fra i partiti ha impedito di prendere le giuste decisioni per fare uscire il Paese dalla crisi.

giovedì 3 novembre 2011

NOVEMBRE




Gémmea l’aria, il sole così chiaro
Che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
e del prunalbo l’odorino amaro
senti nel cuore.

Ma secco è il pruno, e le stecchite piante
Di nere trame segnano il sereno,
e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante
sembra il terreno.

Silenzio, intorno: solo, alle ventate,
odi lontano da giardini ed orti,
di foglie un cader fragile. E’ l’estate,
fredda, dei morti.

Giovanni Pascoli

venerdì 21 ottobre 2011

L'amico é



E' l'amico e'
una persona schietta come te
che non fa prediche
e non ti giudica
fra lui e te divisa
due la stessa anima
pero' lui sa
l'amico sa
il gusto amaro della verita' . .
ma sa nasconderla
e per difenderti
un vero amico anche bugiardo e'
L'amico e'
qualcosa che piu' ce n'e' meglio e'
e' un silenzio
che puo' diventare musica
da cantare insieme io con te
E' un coro e'
un grido che piu' si e' meglio e'
o o o o o o o o o o o
o o o o o o o o o o o
e il mio amore nel tuo amore e'
E' l'amico e'
il piu' deciso della compagnia
e ti convincera' a non arrenderti
anche le volte
che rincorri l'impossibile
perche' lui ha
l'amico ha
il saper vivere che manca a te . .
ti spinge a correre
ti lascia vincere
perche' un amico punto e basta e'
L'amico e'
qualcosa che piu' ce n'e' meglio e'
e' un silenzio
che puo' diventare musica
da cantare insiemeio con te
E' un coro e'
un grido che piu' si e' meglio e'
Oh Oh Oh Oh Oh Oh
Oh Oh Oh Oh Oh Oh Oh
e il mio amore nel tuo amore e'
E' l'amico e'
uno che ha molta gelosia di te
per ogni tua pazzia
ne fa una malattia
tanto che a volte ti vien voglia
di mandarlo via
pero' lui no
l'amico no
per niente al mondo io lo perdero' . .
litigheremo si
e lo sa lui perche'
eppure il mio migliore amico e'
L'amico e'
qualcosa che piu' ce n'e' meglio e'
e' un silenzio
che puo' diventare musica
da cantare in coro io con te
E' un coro e'
un grido che piu' si e' meglio e'
Oh Oh Oh Oh Oh Oh
Oh Oh Oh Oh Oh Oh Oh
e il mio amore nel tuo amore e'
e il mio amore nel tuo amore e'

martedì 18 ottobre 2011

L’INVITO AL CONFORMISMO DIETRO I TEST PER LA SELEZIONE DEI PRESIDI di Giorgio Israel

Riporto integralmente da http://www.gruppodifirenze.blogspot.com



Sul “Messaggero” di ieri Giorgio Israel, dopo aver ricordato l’incredibile numero di errori e inesattezze presenti nei test di preselezione per il concorso a dirigente scolastico, ne evidenzia un altro e più inquietante aspetto. Nella formulazione tanto delle domande che delle risposte, e in particolare nell’individuazione della risposta “corretta” tra le 4 proposte, emerge con chiarezza una “pretesa di indottrinamento ideologico”, un “brutale invito al conformismo”, in altre parole un chiaro intento di omologazione degli aspiranti presidi a un pensiero unico ministeriale.
Da parte nostra aggiungiamo di avere ricevuto, tanto per cambiare, varie segnalazioni di gravi irregolarità nello svolgimento delle prove: candidati con i cellulari accesi, sforamento dei tempi di consegna, sorveglianti che fanno finta di nulla. Ma di questo, purtroppo, non è possibile stupirsi.

È necessario trarre un primo bilancio della selezione preliminare mediante test per il concorso a dirigente scolastico. Ricordiamo la pesante procedura escogitata: i candidati dovevano studiare una “batteria” di circa 5700 domande con 4 risposte, di cui una esatta; perciò memorizzare tra quasi 23.000 risposte quelle esatte per individuarle in 100 minuti tra le 100 domande sorteggiate per la prova.
Hanno fatto scalpore le sciatterie e gli errori madornali contenuti nella “batteria”, che hanno costretto il ministero a scartare un migliaio di domande. Tuttavia, si è parlato poco di altri aspetti ben più sconcertanti. In primo luogo, delle assurdità logiche e persino della comicità di certi quesiti. La risposta esatta alla domanda su come deve essere l’ambiente scolastico era: «pulito, accogliente e sicuro». Tra le risposte sbagliate v’era: «pulito, salubre, accogliente e sicuro». Questo perché l’aggettivo “salubre” non appare nella Carta dei servizi scolastici. Ogni commento è superfluo. Alla domanda su cosa caratterizzi una “valutazione oggettiva”, la risposta esatta era “pubblica e trasparente”. Di conseguenza, anche una valutazione arbitraria e magari folle è oggettiva purché enunciata in modo pubblico e trasparente. E si potrebbe continuare con esempi dello stesso tenore.
Ma nella “batteria” vi era di molto peggio: una quantità rilevante di domande concettuali per le quali nessuno ha il diritto di imporre la risposta “giusta”. Con che diritto si da una risposta univoca alla domanda: «quale definizione di cultura tra le seguenti è maggiormente condivisa all’interno delle scienze sociali»? Perché per diventare preside si deve aderire alla definizione ministeriale di comportamento prosociale o di subcultura? O credere che la «visione di sviluppo di un’istituzione scolastica» è «l’aspirazione verso un futuro immaginato, una descrizione vivida…» anziché «una dettagliata definizione di piani, progetti e azioni»? Perché deve essere obbligatorio essere cultore delle opere di uno psicologo specialista dei disturbi specifici di apprendimento?
Tutta la parte pedagogica è un trionfo del politicamente corretto, del costruttivismo più conformista, della pretesa che i presidi siano cloni che pensano tutti allo stesso modo, conoscono le stesse teorie e aderiscono alle verità ministeriali. Anche nelle 100 domande selezionate per la prova si è preteso che i candidati conoscessero la definizione della società dell’informazione di Manuel Castells, la “filosofia per bambini” di Matthew Lipman, la visione di Stuart Hall delle dinamiche di rapporto tra un testo e i suoi lettori, che dicessero che la coesione di un gruppo è resa possibile dalla consapevolezza che il conflitto è fisiologico, e dessero una certa definizione di processo decisionale. Poi, dovevano anche sapere che «per cambiare le dimensioni della carta su cui stampare un foglio di calcolo si deve [sic] modificare le dimensioni della carta dal layout di pagina»…
Ma l’aspetto farsesco non deve distrarre da quello più grave: la pretesa di indottrinamento ideologico, il brutale invito al conformismo: se vuoi diventare preside deve pensare come dettiamo noi, non hai il diritto di essere una persona intelligente e preparatissima che ha idee autonome circa il significato della cultura, non hai il diritto di non condividere (e persino ignorare) le teorie di Lipman, Stuart Hall, Castells o altre opinabili tesi di metodologia pedagogica. Diciamolo chiaramente: questa non è roba da paese democratico, questa è roba di stile sovietico o da Minculpop. Le stesse cucine ministeriali in cui vengono confezionati questi piatti ammoniscono quotidianamente che deve essere superata la lezione ex-cathedra, la didattica “impositiva”, che occorre passare dalla scuola dell’insegnamento alla scuola dell’apprendimento, e poi si riservano il potere di indottrinamento più impositivo ed ex-cathedra che si possa immaginare. Chi scrive ha sempre difeso la scuola statale, ma una simile inaudita esplosione di statalismo totalitario è il peggior servizio che si possa farle.
Non si può dire che il ministro Gelmini condivida concezioni stataliste e la stampa ha dato conto della sua reazione severa alla cattiva gestione della vicenda. Tuttavia, per chiudere la questione il ministero ha scelto uno stile coerente con quello di tutta l’operazione. Sono stati messi in rete i nomi dell’ottantina di “esperti” autori di domande e risposte. È un modo di procedere che sa di gogna e di scarico delle responsabilità. Difatti, è incredibile che tutti gli ottanta abbiano lo stesso grado di responsabilità, e ancor meno che tra di loro si sia prodotta per incanto una totale omogeneità ideologica. La questione non può essere chiusa così. Restano senza risposta le domande su chi abbia ideato una simile procedura, chi e come l’abbia gestita e ne abbia condotto le varie fasi, chi debba rendere conto dell’accaduto. Sarebbe inaccettabile che, mentre si parla da mane a sera di valutazione e di premiare il merito, mentre si vuol giudicare l’attitudine gestionale dei futuri presidi, l’accountability valga soltanto per loro, mentre i progettisti di una siffatta miscela di incompetenza e di prepotenza ideologica non debbano rispondere del loro operato.
(Il Messaggero, 15 ottobre 2011

lunedì 3 ottobre 2011

IRISBUS: l'annuncio della fine

La vicenda Irisbus prende avvio l'8 luglio 2011 mediante il comunicato emesso dalla società IRISBUS ITALIA SpA con quanto segue:

IRISBUS ITALIA SpA con sede legale in Torino ha intenzione di trasferire alla ITALA S.p.A con sede legale in Macchia d'Isernia (IS), il ramo d'azienda costituito dallo Stabilimento di Valle Ufita, sito in FLumeri (AV), nel contempo ITALA S.p.A ha intenzione di ricevere il suddetto ramo d'azienda.

La produzione dello Stabilimento di Valle Ufita è destinata principalmente al mercato italiano degli autobus urbani e, in misura minore, alla produzione di granturismo, con l'acquisizione di commesse attraverso la partecipazione di gare d'appalto di forniture indette dalle Aziende di Trasporto pubblico. Il mercato degli autobusin Italia continua ad essere pesantemente colpito da una grave crisi che ha visto drasticamente ridursi le immatricolazioni nel corso degli ultimi anni, passando da 1444 unità del 2006 alle 113 del 2010 e alle 291 assegnate nell'anno in corso.
Nello stesso periodo la produzione complessiva dello stabilimento di Valle Ufita è scesa da 717 unità nel 2006, a 472 nel 2010 e consuntiva, nei primi sei mesi dell'anno in corso, 145 autobus. Le previsioni per il medio periodo continuano ad evidenziare l'attuale trend di forte contrazione della domanda e, al momento, non è pertanto ipotizzabile una ripresa con valori produttivi che consentano la giustificazione, da un punto di vista industriale, del sito produttivo.

Torino, 14 set - Irisbus chiude lo stabilimento di Valle Ufita. La societa’ dell’Iveco che opera nel settore della produzione e commercializzazione degli autobus urbani, extraurbani e turistici, prende atto della rinuncia, comunicata ieri, del Gruppo DR all’acquisizione dello stabilimento di Valle Ufita. “Di fronte all’impossibilita’ di portare a termine l’unica soluzione individuata, che consentiva l’avvio di una nuova iniziativa imprenditoriale ed industriale per assicurare continuita’ al sito - e’ scritto in una nota -, l’azienda sarà costretta, suo malgrado, ad avviare le procedure consentite dalla legge per cessare le attivita’ dello stabilimento”.
“Irisbus Italia, e’ scritto ancora - si rammarica del fatto che le strumentalizzazioni sviluppatesi su questa vicenda non abbiano nemmeno consentito la verifica della nuova soluzione industriale delineata, che avrebbe garantito prospettive di occupazione e di reddito”. La Dr dell’imprenditore De Risio ha infatti comunicato la rinuncia a seguito del “perdurare del clima di tensione emerso nelle ultime settimane” nello stabilimento. I sindacati non ritengono Dr in grado di gestire lo stabilimento anche alla luce dell’impegno che lo attende a Termini Imerese dove dovra’ rilevare una parte dell’area industriale dismessa da Fiat. Ieri, alcune decine di lavoratori sono rimasti in fabbrica per un presidio interno, mentre i sindacati chiedono che la vicenda venga risolta dal governo, dai ministero dello sviluppo economico e dallo stesso sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta. La rinuncia di Di Risio, peraltro, e’ stata accolta positivamente dai sindacati e in particolare dal leader della Uilm Rocco Palombella che l’ha definita una “assunzione di reponsabilita” e ora chiede un confronto con il Lingotto. Discussione che pero’ l’azienda ritiene ormai inutile. “Come e’ noto - prosegue il comunicato di Irisbus - la societa’ ha subito molto duramente gli effetti della grave crisi che ha colpito il mercato degli autobus urbani in Italia, le cui immatricolazioni si sono drammaticamente ridotte. Cio’ ha determinato una progressiva e costante contrazione dei volumi produttivi dello stabilimento, che sono passati dai 717 veicoli del 2006 ai soli 145 autobus, di cui meno di 100 urbani, dei primi sei mesi del 2011. Due mesi di approfondimenti ed incontri, anche mediante l’istituzione di tavoli tecnici ad hoc - conclude la societa’ - hanno confermato che la situazione attuale delle gare e le previsioni per il medio periodo continuano ad evidenziare un trend di forte contrazione della domanda, peraltro fortemente condizionata, nell’attuale congiuntura, dalla scarsita’ di fondi pubblici, che non consente di mantenere un’offerta competitiva e di proseguire l’attivita’ industriale dello stabilimento di Valle Ufita”.
20-set.-Manifestazione dei dipendenti a Roma
21 set.- Fiat accetta di prorogare l'attività fino al 31-12-2011.

martedì 20 settembre 2011

giovedì 25 agosto 2011

Amo i gesti imprecisi

Amo i gesti imprecisi
uno che inciampa, l'altro
che fa urtare il bicchiere,
quello che non ricorda,
chi è distratto, la sentinella
che non sa arrestare il battito
breve delle palpebre,
mi stanno a cuore
perché vedo in loro il tremore,
il tintinnio familiare
del meccanismo rotto.
L'oggetto intanto tace, non ha voce
ma solo movimento. Qui invece
ha ceduto il congegno,
il gioco delle parti,
un pezzo si separa,
si annuncia.
Dentro qualcosa balla.

[ Valerio Magrelli]

sabato 13 agosto 2011

Lo sviluppo dal basso

Ho recentemente scoperto una nuova parola: Empowerment.

Mi capita spesso leggendo d'imbattermi in espressioni inglesi che scopro poi essere vere e proprie formule dietro cui sono celate teorie scientifiche, più o meno accreditate dagli ambienti accademici. Di solito mi arrabbio, perché non ho studiato l'inglese e penso sempre che ogni parola inglese usata nell'italiano ne sottrae parecchie al nostro dizionario, ma soprattutto alla nostra lingua parlata.

Tuttavia non è questo l'argomento che ora mi interessa...

L’empowerment è un processo dell’azione sociale attraverso il quale le persone, le organizzazioni e le comunità acquisiscono competenze sulle proprie vite, al fine di cambiare il proprio ambiente sociale e politico per migliorare l’equità e la qualità di vita. Naturalmente, quando sento parlare di comunità penso automaticamente al nostro territorio e a tutte le problematiche ad esso connesse. E penso quindi che è giunto ormai il tempo di prendere noi comunità in mano il nostro destino. L'iniziativa di Cairano va in questa direzione, nella prospettiva di fare di un piccolo paese una fucina d'intelletti, un laboratorio di idee da sviluppare con l'ausilio di tutte le forze presenti sul territorio...

Oggi il capitale più prezioso per l'individuo e per la società è il pensiero, io l'ho sempre sostenuto, ecco perché credo fortemente nel lavoro che svolgo, cioè l'insegnante. Anche nel campo dell'istruzione recentemente si è applicata una nuova formula, che ha molto in comune con il concetto di Empowerment ed è anche questa condensata in una sola parola : "Glocalismo".

Il termine glocalismo è un neologismo che nasce dalla fusione linguistica di globale e locale. Da esso deriva, tra l’altro uno slogan diffuso, pensare globalmente e agire localmente. Una prima riflessione sulla formula, applicata all’istruzione fa pensare ad una scuola impegnata nello stesso modo su tematiche generali (es: diritti, cittadinanza, integrazione, ecologia, Europa, mondialità, competenze e profili culturali qualitativi), ma radicata ugualmente nel territorio dove svolge un ruolo attivo e propositivo attento alle variabili del contesto socio-culturale mediante lo sviluppo di competenze pragmatiche che sappiano interfacciare quote universali della cultura con istanze locali. Come a dire che il ruolo della scuola, all’interno delle nuove dimensioni dello spazio organizzato-territorio, estende notevolmente quelle che erano le competenze classiche di questa istituzione verso quel ruolo di aggregazione e sviluppo sociale che, sia pure timidamente, già le era stato assegnato con la Legge n° 517 del 1977. E’ proprio la dimensione globale, europea, che fa condividere spazi e orizzonti ai diversi territori che, interpretando le realtà locali, riescono a dare nuovo significato e valore ad un concetto di cittadinanza (appartenenza) messo fortemente in crisi dai processi di spersonalizzazione e massificazione dell’attuale contesto sociale. Una nuova dimensione, questa, tutta da costruire anche e soprattutto, ovviamente, con il contributo della scuola che pone, fra i suoi obiettivi formativi più urgenti, quello di promuovere le competenze dell’impegno collettivo e integrato.


lunedì 1 agosto 2011

Ho misurato gli anni




Qui ho imparato gli odori
tutti delle stagioni
e il linguaggio vellutato dei merli.
Ho spiato le tane
delle serpi e dei gufi
e ruzzolo a valle col riccio.

S'aprirono i miei occhi
su una verde vallata
ove scorre un torrente
e scendono fiori
a ciottoli ambrati
di granchi e d'anguille.

Ho misurato gli anni
al ritorno dei mosti
e al miele dei cannicci,
al respiro del vento nel camino
e al croscio argentato sulla soglia
delle palme benedette.
Ma quando il bosco esala
di funghi e foglie morte
sento più dolce ed intima la voce
della terra, un po' simile a mia madre
nel ricordo
che settembre fa triste.

Felice Mastroianni

venerdì 29 luglio 2011

Hic et Nunc

Mi ritrovo con piacere nella comunità che un po’ di tempo fa si definiva provvisoria e che ora pare invece definita intorno ad un grandioso progetto comune: limitare il fenomeno dell’abbandono e della perdita della identità culturale delle nostre comunità. È un progetto grandioso perché solletica l’orgoglio del luogo nelle anime sensibili e riaccende la speranza di favorire, finalmente, la progettazione comune tra amministratori locali, soggetti economici, associazioni di liberi cittadini in una prospettiva di politica partecipata.

Se ho ben capito, al capezzale dei piccoli paesi moribondi non rimaniamo che noi, i nostalgici del buon tempo antico, quelli che quando il gran sonno avvolse l’Italia del Sud e l’uomo del volgo ignorò ogni cosa affidandosi al politico più maneggione e l’intelligente distorse la storia gettando nel sepolcreto finanche la coscienza di sé (di qui la vergogna e il disprezzo per la propria terra), hanno continuato a sognare, malgrado tutto, anche quando tutt’intorno si faceva impunemente scempio della cultura locale.

Certo, sembra veramente incredibile affidare la speranza di un riscatto delle nostre terre all’immaginazione e alla fantasia, ma è proprio così! D’altronde, quale altra via abbiamo da percorrere se non quella dell’arte, della musica e della letteratura per accedere all’anima dei luoghi? Essa non si svela al rude viandante che passa per la via , ma a chi è in sintonia con lo spirito del luogo. Gli antichi chiamavano lo spirito del luogo Genius loci, che altro non è se non il cumulo degli affetti, delle memorie di coloro che l’hanno abitato per generazioni succedutesi nel tempo. Oggi la disarmonia dei luoghi ha interrotto quel flusso energetico che alimentava la nostra vita e i nostri sentimenti e quindi noi lo possiamo cogliere soltanto con la memoria. E questa è custodita dall’arte e dalla letteratura. Si ritorna dunque alla fiducia nella creatività, ma noi non siamo passatisti, nevvero? Il progetto I piccoli paesi propone tale creatività in termini nuovi, con idee nuove e progetti d’avanguardia. Noi sappiamo bene che non vale la pena perdere altro tempo a inseguire la coda di un mondo che non tornerà più, sappiamo bene che dobbiamo immaginarne un altro, facendolo germogliare dalle radici antiche. I nostri paesi risorgeranno soltanto se accetteremo di vivere Hic et Nunc.


domenica 3 luglio 2011

Letteratura minore

Riguardo alla letteratura si discute da sempre principalmente su almeno 3 questioni fondamentali: che cosa è la letteratura, perché un testo letterario è diverso da ogni altro tipo di testo, a che cosa serve la letteratura. Quest’ultima inquietante domanda mi è stata posta, con l'ingenuità e l'incoscienza propria dell'età, da un mio alunno adolescente, non so se per mera volontà di polemica o perché veramente desideroso di avere una risposta, ma colgo al volo l’occasione per chiarire alcune idee sul concetto di letteratura. Uno dei tanti luoghi comuni largamente diffusi è quello secondo il quale la letteratura dipenderebbe essenzialmente dalla presenza nello scrittore di particolari caratteristiche come l’ispirazione, la fantasia, la sensibilità: naturalmente non possiamo negare che queste qualità costituiscano una parte integrante del lavoro letterario, ma forse non si è riflettuto abbastanza sul fatto che esse, in misura minore o maggiore, sono possedute da tutti gli esseri umani, mentre non tutti gli esseri umani sono in grado di produrre letteratura. La realtà è che la letteratura e l’arte nascono sì da un talento naturale, ma hanno anche bisogno, per trasformarsi da potenzialità in realtà concrete, di un lungo e serio lavoro di apprendistato che renda possibile l’assimilazione di regole, tecniche e procedure e conduca al pieno possesso dei “ferri del mestiere”. In primo luogo, il testo deve rispettare alcune regole formali: un’ampia competenza lessicale, nel senso non tanto di una ricchezza di vocaboli quanto di abilità nel ricercare parole inusitate. Il testo letterario è tale proprio perché si distacca dagli standard espressivi della lingua d’uso. Il contenuto è quindi determinato dalla forma. Oltre a quelle formali, un testo letterario dovrà osservare alcune regole strutturali, la principale delle quali consiste nel rispetto di un criterio di coerenza interna per cui, una volta fissate le regole del gioco, queste non si possono cambiare mentre il gioco è in corso. In altre parole, l’autore di un testo letterario stipula con il lettore una specie di patto in virtù del quale il lettore si impegna ad accettare come reale tutto ciò che l’autore gli propina mentre l’autore s’impegna a mantenere la struttura sempre coerente evitando scelte contraddittorie. Oltre alla forma e alla struttura, un terzo aspetto è sicuramente quello della sua mancanza di finalità, al quale si collega il problema del significato. A differenza dei testi d’uso, i testi letterari non si propongono apparentemente una finalità precisa: come si può dire a che cosa servono una poesia, un racconto o un romanzo? In realtà, lo scopo che la letteratura si propone è quello di “svolgere un discorso sul mondo” di offrire, cioè, partendo da un dato parziale, un’interpretazione complessiva dell’esistenza, del suo significato, dei suoi valori: insomma una sorta di specchio in cui ciascuno può riflettersi e ricercare, magari solo per analogia o per contraddizione un’identità e un senso. Chiarisco a questo punto il significato che io dò alla letteratura e quindi rispondo alla domanda a che cosa serva la letteratura, postami dal mio allievo. Premetto che amo la letteratura non perché la insegno da più di vent’anni, ma piuttosto mi sono ritrovata ad insegnarla perché la amo da quando ero bambina. Ad accrescere poi, nel tempo, la mia passione è intervenuto l’incontro entusiasmante con il critico letterario Francesco De Sanctis, oggetto della mia tesi di laurea, la cui idea di letteratura come coscienza civile e anima profonda di un popolo, me la pone davanti agli occhi come un formidabile strumento d’indagine conoscitiva, al di sopra di tutte le altre discipline umane. Confesso che la visione desanctisiana della letteratura, concepita come autobiografia dell’Italia, mi ha in parte inibita la curiosità per la letteratura straniera per molto tempo e solo da poco comincio ad apprezzare gli autori stranieri. Ho così cominciato ad orientare il mio insegnamento della letteratura nel senso della scoperta di tutto quanto c’è di umano nelle opere di ogni scrittore, in ogni latitudine del globo terrestre. E pertanto la risposta alla domanda a che cosa serva la letteratura, è la seguente: la letteratura può tenderci la mano quando siamo depressi, condurci verso gli esseri umani che ci circondano, farci comprendere meglio il mondo ed aiutarci a vivere. Essa può anche trasformarci nel profondo, qualora la pratichiamo con costanza. E non è vero che ci isola dal mondo, perché essa ha per oggetto la stessa condizione umana e chi la legge e la comprende non diventerà un esperto di analisi letteraria, ma un conoscitore dell'essere umano. Per questo nella scuola è importante comprendere le opere dei grandi scrittori che da millenni si dedicano a questo compito. Al di là della scuola che ha come compito precipuo l’insegnamento della letteratura, essa non può che essere un aiuto prezioso per tutti, per il futuro studente di diritto o di scienze sociali, per il futuro medico o per lo scienziato. Avere come maestri Shakespeare e Dante, Dostoevskij e Proust non è forse uno straordinario privilegio?
Detto questo, è chiaro che si deve fare una netta distinzione fra letteratura alta e letteratura bassa o minore, che è poi quell’infinita serie di prodotti letterari che stanno proliferando fittissimi, densissimi, nello spasmodico tentativo, comune soprattutto nei piccoli centri, di recuperare un rapporto preciso tra la scrittura e il senso dei luoghi, tra la memoria e la contemporaneità. La letteratura allora diventa l’unica via di accesso all’anima dei luoghi, a quello spirito del luogo che gli antichi chiamavano Genius loci, che, poi, altro non è se non un processo di accumulazione in un luogo di affetti e di memorie operato dalle diverse generazioni di persone che l’hanno abitato. Oggi, quindi, è questa letteratura minore che ha maggior forza, giacché opera nel territorio, ne esprime l’anima profonda, ne raccoglie e custodisce la memoria in un momento della nostra storia in cui le varie comunità stanno perdendo per sempre il senso dell’appartenenza e della identità.

martedì 28 giugno 2011

Odio gli indifferenti

L'indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. E' la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che si ribella all'intelligenza e la strozza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, il possibile bene che un atto eroico può generare non è tanto dovuto all'iniziativa dei pochi che operano, quanto all'indifferenza, all'assenteismo dei molti. Ciò che avviene, non avviene tanto perché alcuni vogliono che avvenga, quanto perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia fare, lascia aggruppare i nodi che poi solo la spada potrà tagliare, lascia promulgare le leggi che poi solo la rivolta farà abrogare, lascia salire al potere gli uomini che solo un ammutinamento potrà rovesciare.
[...] Odio gli indifferenti ed il loro piagnisteo di eterni innocenti. Domando conto a ognuno di essi del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.
Antonio Gramsci

venerdì 10 giugno 2011

Andando per borghi


In Alta Irpinia, sul confine appenninico tra Campania e Lucania, su una rupe che domina l'alta valle del fiume Ofanto, c'è un borgo in via di estinzione; sono rimasti solo 300 abitanti; scuole chiuse per mancanza di bambini, strada in frana per arrivarci; non c'è un giornalaio e nemmeno un fioraio.
Qualche anno fa, Franco Dragone ( http://www.dragone.be/ ), ideatore del Cirque du Soleil, nativo di Cairano, propose di organizzare, contribuendovi economicamente, un festival a cadenza annuale per rianimare il piccolo borgo.

Nel 2009, con Comunità Provvisoria, iniziò CAIRANO 7x ; quest'anno, a fine maggio, con l'evento 'microcosmi eccellenti' si è dato il via alla terza edizione. 7 fine settimana, uno al mese, fino a novembre 2011 per rianimare il piccolo borgo ma anche per rimettere in moto idee ed economia intorno ad un possibile turismo della cultura e del paesaggio.
Architettura, musica, scrittura, teatro, botanica e tante altri arti e mestieri si incontreranno a Cairano con l'obiettivo di riconciliare nuovi uomini con le terre in abbandono.

Ven. 24 Sab. 25 e Dom. 26 giugno un ampio gruppo di lavoro inizierà il Laboratorio di Immaginazione del BORGO GIARDINO / dall’orto rurale agli orti civici / dal giardino privato ai giardini comunitari / a sostegno di una nuova civiltà rurale . qui tutte le informazioni utili : http://www.cairano7x.it/2011/borgo-giardino/

Studenti delle università di Napoli, Delft, Vienna e Istanbul saranno ospitati gratuitamente a Cairano 7x nelle case del borgo messe a disposizione dagli abitanti, dalla cena di arrivo di venerdì 24 giugno alla colazione di domenica 26, partenza. Al laboratorio parteciperanno gli studenti delle scuole superiori intorno a Cairano (Calitri, Lioni, Sant'Angelo dei Lombardi, Montella).

Oltre a chiederti di portare le tue idee a Cairano7x ti preghiamo -in particolare- di comunicare la notizia agli studenti di architettura e agraria (e delle scuole superiori) che conosci, in modo che possano partecipare al laboratorio di immaginazione che terrà Donatella Mazzoleni intorno al tema del borgo giardino.


24-25 e 26 giugno BORGO GIARDINO a CAIRANO 7x 2011

domenica 5 giugno 2011

L'ovvietà dà la nausea

Sto finendo di leggere in questi giorni il bellissimo "saggio sulla libertà di non studiare"di Paola Mastrocola, il cui titolo è Togliamo il disturbo, per i tipi Guanda. Leggerlo a ridosso degli scrutini finali mi dà una sorta di conforto, mi rassicura, mi attenua lo stato di ansia per non dire di angoscia che mi prende ogni volta che devo tirare le fila della situazione didattica delle mie classi. Mi viene da dire: meno male che ho trovato qualcuno che la pensa come me, che soffre come me, che si tormenta come me per il destino della scuola! E non si piange addosso come se la fine del mondo dipendesse da lei! Ammiro molto Paola Mastrocola, per la sua capacità di scandagliare un problema andando fin nelle viscere, per poi risalire la china, più tenace che mai a non arrendersi nel trovare una soluzione. Io, invece, pur avendo tante cose da dire, sono rimasta per troppo tempo chiusa in un mutismo, in un'afasia quasi totale sui problemi della scuola, perché sembra ormai che tutto ciò che si dice, o meglio che si deve dire sulla scuola è di una ovvietà a dir poco nauseante. Si sente dire in giro, da un po' di tempo anche nella scuola ce lo diciamo continuamente, che i ragazzi sono ignoranti, non sanno leggere, non sanno scrivere, non sanno fare calcoli, ma non per questo ci preoccupiamo di andare in fondo alla questione per cercare delle soluzioni, e la scuola non per questo si esime dalla promozione assicurata a tutti, senza quasi distinzione.
Quest'anno ho da scrutinare una prima liceo scientifico (Opzione Scienze Applicate) e due quarte liceo scientifico ordinario (con il latino, per intenderci). Nel nuovo indirizzo, nella prima classe, ho insegnato italiano : quattro ore settimanali per nove mesi ( escludendo le domeniche, gli altri giorni festivi, gli scioperi, le altre attività svoltesi a scuola e fuori, molto meno) in cui ho fatto ortografia, analisi grammaticale e analisi logica, epica, un po' di grammatica testuale (testo descrittivo, narrativo, recensione, lettera), tante letture dall'antologia. Cosa hanno imparato i ragazzi? Alcuni molto, altri pochissimo, altri ancora addirittura nulla. Torno alla Mastrocola, e al conforto che mi procura la lettura del suo libro. Insegnare ai ragazzi del biennio è, lei dice, come se ci consegnassero un sacchetto di semi e ci chiedessero di potare i rami. Come sarebbe? I semi non sono ancora alberi, nessuno li ha piantati, come potremmo noi potarli? Intanto è proprio questo che facciamo noi insegnanti nel biennio. Ci arrivano ragazzi di quattordici anni che hanno trascorso otto anni della loro vita a scuola acquisendo abitudini sbagliate, che noi dobbiamo estirpare. Come diavolo possiamo insegnare a ragazzi che hanno quattordici anni cose tipo la calligrafia, l'ortografia e la grammatica, che dovevano imparare da bambini? Anche volendo, non ce la faremo. Son cose che richiedono un tempo lunghissimo, devono sedimentare e maturare dentro. A quattordici anni ormai è fatta, ognuno si tiene gli errori che fa...
Mi conforta sapere che qualcuno finalmente dica le cose come stanno! Si attenua il mio senso di colpa e quasi di vergogna per quei ragazzi che in quarta liceo scientifico mi scrivono egli fù oppure se io avrei. Io non ho colpa!!

lunedì 30 maggio 2011

L'Italia s'è desta!!!!

Ha vinto l'Italia pulita,
l'Italia che crede nelle passioni,
l'Italia che ama la giustizia e la solidarietà,
l'Italia che confida nel rigore della Costituzione,
nel rispetto delle leggi, nel bene comune,
L'Italia che vuole la democrazia, la meritocrazia, la solidarietà...
Ha vinto l'Italia del Popolo!

sabato 28 maggio 2011





Venezia... dolce Venezia!!!





lunedì 9 maggio 2011

Incontro con Isaia Sales


9 maggio 2011: Il Liceo scientifico Aeclanum incontra l'autore Isaia Sales

Nell’ambito del progetto “Amico libro - Biblioteca di classe - Einaudi 2010/2011", l'incontro con l'autore si propone come opportunità per i nostri studenti di confrontarsi con i grandi temi dell’attualità connessi alla complessità sempre crescente della nostra società. Spesso i problemi del mondo si rivelano ai giovani come slogans ammiccanti su Internet, nei social networks, nelle news dei telegiornali, mentre dovrebbero essere continuamente analizzati e compresi leggendo libri, informandosi adeguatamente attraverso i libri, perché nei libri è il vero sapere.
Il saggio scritto da Isaia Sales I preti e i mafiosi, storia dei rapporti tra mafie e Chiesa cattolica pone in maniera pacata e senza intenti scandalistici molti interrogativi, ad esempio: Perché la Chiesa non ha mai considerato la mafia come un nemico ideologico così come ha fatto per il liberalismo e il modernismo un tempo e il comunismo in epoca contemporanea? Perché non ha vietato ai mafiosi i sacramenti come ha fatto per i divorziati, gli abortisti e i sostenitori dell’eutanasia? Come mai in terra di mafia la Chiesa ha fallito la sua missione di lotta alla violenza?...
La tesi centrale è insomma la certezza che se la Chiesa avesse mostrato una maggiore attenzione ai comportamenti mafiosi e li avesse repressi come ha fatto reprimendo ad esempio la sessualità, forse la mafia avrebbe incontrato uno zoccolo duro alla sua diffusione.
Le domande che l'autore si pone in questo libro obbligano dunque noi lettori a riflettere, la Chiesa a interrogare se stessa più di quanto non stia già facendo, suggeriscono ai giovani di analizzare criticamente i fenomeni, senza lasciarsi fuorviare dalle sottili arti persuasive di chi detiene qualsivoglia potere.
Condividere la tesi di Sales non è stato difficile per i nostri ragazzi, i quali hanno a loro volta posto intelligenti quesiti all'autore che è stato ben lieto di dare risposte chiarendo, tra l'altro, che il libro non vuole essere una propaganda anticlericale, giacché non tralascia di riportare esempi moralmente edificanti di uomini di chiesa che hanno lottato e lottano contro la mafia sacrificando a volte anche la vita. Valga per tutti l’esempio di Don Peppe Diana che scrisse nella famosa lettera "Per amore del mio popolo": "Ai preti chiediamo di parlare chiaro nelle omelie e in tutte quelle occasioni in cui si richiede una testimonianza coraggiosa".

Isaia Sales è docente di Storia della criminalità organizzata nel Mezzogiorno d’Italia presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. E’ stato deputato della Repubblica e sottosegretario all’Economia nel primo governo Prodi (1996/98). E’ autore di importanti libri: La camorra, le camorre; Leghisti e Sudisti; Il caso Cirillo; Il Sud al tempo dell’euro, con prefazione di C. A. Ciampi; Riformisti senz’anima (2003). Ha vinto il Premio Napoli (2007) con il saggio Le strade della violenza, malviventi e bande di camorra a Napoli (2006). Ha curato la voce “camorra” per l’enciclopedia Treccani..

giovedì 21 aprile 2011

«Cristo è veramente risorto, e porta a tutti la pace!
È questa la 'buona notizia' della Pasqua. Oggi è il giorno nuovo, "fatto dal Signore" (Sal 117, 24), che nel corpo glorioso del Risorto restituisce al mondo, ferito dal peccato, la sua prima bellezza, radiosa di nuovo splendore. […] La pace "alla maniera del mondo" - l'esperienza d'ogni tempo lo dimostra - è spesso un precario equilibrio di forze, che prima o poi tornano a contrapporsi. La pace, dono di Cristo risorto, è profonda e completa, e può riconciliare l'uomo con Dio, con se stesso e con il creato».

(Giovanni Paolo II, dal Messaggio Urbi et Orbi, Domenica di Pasqua, 31 marzo 2002)


giovedì 17 marzo 2011

L'Italia: "Tutto è detto e niente è fatto"



L'Italia c'è, ma non c'è ancora l'italiano, soprattutto non c'è l'orgoglio nazionale, e se manca l'orgoglio, manca il rispetto della legge.
E' Francesco De Sanctis che rimprovera all'italiano la mancanza di consapevolezza dei suoi diritti e dei suoi doveri di cittadino. " Il sentimento della legge non esiste né in alto né in basso; perché la vita collettiva non si è punto sviluppata, né politica, né industriale, né commerciale; perché la libertà è ancora sulla carta e non è penetrata nei nostri costumi; perché il lavoro e l'istruzione non sono le qualità per cui brilliamo al cospetto delle altre nazioni civili; e perciò, se è stato difficile fare l'Italia, è opera assai più difficile fare l'italiano"...

La responsabilità di sanare il clima sociale e politico dell'Italia spetta a tutti gli italiani, nessuno escluso!
AUGURI, ITALIA!

venerdì 11 marzo 2011

Madre mediterranea

Come si fa a non capire che uno dei mali assoluti degli italiani è la loro educazione? Abominevole educazione , che fiacca gli animi, che predispone al pessimismo più cupo...
In Italia, soprattutto nel Sud, i ragazzi, trattati come dei sin dalla culla, circondati da uno sciame di donne attente a soddisfare i loro capricci, mai contrastatati, in niente puniti o premiati con qualsiasi sistema, arrivano all'età adulta sprovveduti come neonati. A venti, venticinque anni, l'incontro con la realtà si risolve in una catastrofe. Messi brutalmente di fronte a un mondo che non sospettavano potesse cessare di gravitare intorno a loro, posti di fronte a necessità e responsabilità, perdono con le illusioni l'entusiasmo e la fiducia nella vita. E che dire delle ragazze? Educate a compiacersi della propria bellezza, allevate nell'idea di dover prima o poi finire nelle mani di un marito, non fanno altro che spendersi e spendere per la loro vanità, per piacere agli uomini, e intanto non si accorgono di rimanere sempre più ai margini della vita politica e sociale del paese..

domenica 27 febbraio 2011

La scuola pubblica è nel cuore di tutti gli italiani

Non permetteremo mai che si distrugga la scuola pubblica italiana, essa è il futuro dell'Italia!
La scuola è l'unico baluardo contro gli orrori di una società vile ed asservita,
è ancora la sola difesa contro la corruzione dilagante!!


...Mantenere la gente nell’ignoranza e nella mediocrità. Far si che la gente sia incapace di comprendere le tecniche ed i metodi usati per il suo controllo e la sua schiavitù. “La qualità dell’educazione data alle classi sociali inferiori deve essere la più povera e mediocre possibile, in modo che la distanza creata dall’ignoranza tra le classi inferiori e le classi superiori sia e rimanga impossibile da colmare da parte delle inferiori" (vedi “Armi silenziose per guerre tranquille”).

lunedì 21 febbraio 2011



Fratelli d'Italia,
l'Italia s'è desta?...
Perché non siam popolo?...
Perché siam divisi?...
Di fonderci insieme già l'ora suonò.

domenica 20 febbraio 2011

Amor semper vincit



E per la barca che è volata in cielo
che i bimbi ancora stavano a giocare
che gli avrei regalato il mare intero
pur di vedermeli arrivare

Per il poeta che non può cantare
per l’operaio che non ha più il suo lavoro
per chi ha vent’anni e se ne sta a morire
in un deserto come in un porcile
e per tutti i ragazzi e le ragazze
che difendono un libro, un libro vero
così belli a gridare nelle piazze
perché stanno uccidendo il pensiero

per il bastardo che sta sempre al sole
per il vigliacco che nasconde il cuore
per la nostra memoria gettata al vento
da questi signori del dolore

Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore
Che questa maledetta notte
dovrà pur finire
perché la riempiremo noi da qui
di musica e di parole

Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore
In questo disperato sogno
tra il silenzio e il tuono
difendi questa umanità
anche restasse un solo uomo

Chiamami ancora amore
Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore

Perché le idee sono come farfalle
che non puoi togliergli le ali
perché le idee sono come le stelle
che non le spengono i temporali
perché le idee sono voci di madre
che credevano di avere perso
e sono come il sorriso di Dio
in questo sputo di universo

Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore
Che questa maledetta notte
dovrà pur finire
perché la riempiremo noi da qui
di musica e parole

Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore
Continua a scrivere la vita
tra il silenzio e il tuono
difendi questa umanità
che è così vera in ogni uomo

Chiamami ancora amore
Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore
Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore

Che questa maledetta notte
dovrà pur finire
perché la riempiremo noi da qui
di musica e parole

Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore
In questo disperato sogno
tra il silenzio e il tuono
difendi questa umanità
anche restasse un solo uomo

Chiamami ancora amore
Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore
Perché noi siamo amore

venerdì 18 febbraio 2011

" O emigranti o briganti": Il destino del Sud

tesi n. 4: Francesco Saverio Nitti, L'Italia del Nord e l'Italia del Sud.

...Continua
L'unità non è solo condizione di sviluppo per l'Italia; ma è condizione di vita. E noi dobbiamo considerare come dannoso tutto ciò che affievolisca il sentimento unitario. Appunto per questo è bene dire la verità intera: La questione meridionale è una questione economica, ma è anche una questione di educazione e di morale: e lo spirito di opposizione all'abuso o all'invadenza governativa e lo sviluppo della morale pubblica gioveranno più di ogni cosa a far uscire il Mezzogiorno da questo stato, che è veramente assai triste. L'Italia meridionale non deve chiedere niente: deve solo formare la sua coscienza, deve volere maggior sicurezza di ordinamenti; maggiore rispetto della legge; deve più ancora preferire agli aumenti di spesa per qualsiasi ragione, la diminuzione delle imposte.

sabato 5 febbraio 2011

In nome del popolo sovrano

Mi viene in queste ore l'impulso irragionevole di pregare, di rivolgermi insensatamente a Qualcuno che (voglio crederlo) stia sopra le miserie umane, affinché ci aiuti, noi italiani intendo, in questo difficilissimo momento, in questa penosa temperie in cui si sta consumando ogni remora, ogni inibizione, e tutto va alla malora!
Il popolo italiano, drogato dalla televisione cattiva maestra, accetta ogni tipo di pornografia, da quella dei corpi a quella dei sentimenti e delle emozioni, senza battere ciglio. Ma che razza di persone sono quelle che non si indignano di fronte allo scempio che si sta realizzando sotto i nostri occhi? Io sono a dir poco sbalordita! Non mi riconosco più in questa nazione, in questa realtà politica e sociale. Nella nostra bella Italia, che fino ad ieri era divisa solo (si fa per dire) tra Nord e Sud, come spesso accade nei paesi di tutto il mondo, s'è creata una voragine, un'ulteriore spaccatura trasversale, o se volete un muro di incomunicabilità fra due popoli tra loro opposti per natura e per cultura. Da qualche decennio è avanzato e si e'infoltito sempre più il popolo televisivo, inebetito, anestesizzato, drogato, che convive virtualmente con una massa di persone, i cosiddetti V.I.P. (Very Important Person), che si agitano, urlano, sculettano nel piccolo schermo da mane a sera, propinando opinioni fondate su gossip, informazioni fasulle, modelli e stili di vita senza valori. Questo popolo non riesce più a filtrare l'ingente massa di informazioni che gli piove addosso da ogni lato, spesso non legge e, se pure legge, non sa più formarsi un'opinione giacché non ha affinato le capacità analitiche e critiche...
Dall'altra parte c'è invece il popolo custode della cultura e della tradizione della nazione. Questo crede nei principi sacri della Costituzione, si è sostanziato dei valori della bellezza, della solidarietà, della libertà, della democrazia faticosamente raggiunta col sangue sparso nelle mille battaglie, questo è il popolo sovrano che ripudia il disonore, la guerra, che ama il lavoro e lo nobilita con la dedizione...
E' in nome di questo popolo che diciamo Basta!

giovedì 27 gennaio 2011

Lo Stato della Disunione

27/1/2011

by Massimo Gramellini

Obama non lo sa, ma rivolgendosi agli americani nel discorso sullo Stato dell’Unione ha parlato per ben due volte a noi italiani. La prima quando ha massaggiato l’amor proprio dei suoi connazionali con il ricordo delle grandi conquiste degli Stati Uniti. Perché un pensiero simile non potrebbe essere accolto anche qui? Possibile che le 150 candeline che spegneremo a marzo debbano essere l’ennesimo pretesto per scannarci fra polentoni e terroni, per parlare di massacri e ingiustizie (presenti nel certificato di nascita di tutti gli Stati moderni), per stabilire se fossero più cruenti i briganti che bevevano nei teschi dei piemontesi o i piemontesi che torturavano i briganti nel lager di Fenestrelle? Non sarebbe meglio per il nostro umore se la parola Italia rievocasse Manzoni e Marconi, Fellini e Ferrari, traducendosi in un’iniezione corroborante invece che nel solito torcicollo emotivo senza costrutto?

L’altro messaggio in codice intercettato nelle parole di Obama è l’invito a credere nel potere della creatività. I posti del futuro non verranno dai lavori del passato, destinati a ridimensionarsi e a traslocare altrove per sempre. Arriveranno dalla tecnologia e dalle energie rinnovabili, da idee nuove e progetti d’avanguardia. Vale la pena perdere altro tempo a inseguire la coda di un mondo che non tornerà più, anziché provare a immaginarne un altro? L’Italia risorge soltanto se sblocca il suo torcicollo e accetta di vivere «ora», come suggerisce il titolo del nuovo disco del mio intellettuale di riferimento: Jovanotti.

mercoledì 26 gennaio 2011

Povera Italia!!

Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di provincie, ma bordello! 78

Quell’anima gentil fu così presta,
sol per lo dolce suon de la sua terra,
di fare al cittadin suo quivi festa; 81

e ora in te non stanno sanza guerra
li vivi tuoi, e l’un l’altro si rode
di quei ch’un muro e una fossa serra. 84

Cerca, misera, intorno da le prode
le tue marine, e poi ti guarda in seno,
s’alcuna parte in te di pace gode. 87

Che val perché ti racconciasse il freno
Iustinïano, se la sella è vòta?
Sanz’esso fora la vergogna meno. 90

Ahi gente che dovresti esser devota,
e lasciar seder Cesare in la sella,
se bene intendi ciò che Dio ti nota, 93

guarda come esta fiera è fatta fella
per non esser corretta da li sproni,
poi che ponesti mano a la predella. 96

O Alberto tedesco ch’abbandoni
costei ch’è fatta indomita e selvaggia,
e dovresti inforcar li suoi arcioni, 99

giusto giudicio da le stelle caggia
sovra ’l tuo sangue, e sia novo e aperto,
tal che ’l tuo successor temenza n’aggia! 102

Ch’avete tu e ’l tuo padre sofferto,
per cupidigia di costà distretti,
che ’l giardin de lo ’mperio sia diserto. 105

Vieni a veder Montecchi e Cappelletti,
Monaldi e Filippeschi, uom sanza cura:
color già tristi, e questi con sospetti! 108

Vien, crudel, vieni, e vedi la pressura
d’i tuoi gentili, e cura lor magagne;
e vedrai Santafior com’è oscura! 111

Vieni a veder la tua Roma che piagne
vedova e sola, e dì e notte chiama:
"Cesare mio, perché non m’accompagne?". 114

Vieni a veder la gente quanto s’ama!
e se nulla di noi pietà ti move,
a vergognar ti vien de la tua fama. 117

E se licito m’è, o sommo Giove
che fosti in terra per noi crucifisso,
son li giusti occhi tuoi rivolti altrove? 120

O è preparazion che ne l’abisso
del tuo consiglio fai per alcun bene
in tutto de l’accorger nostro scisso? 123

Ché le città d’Italia tutte piene
son di tiranni, e un Marcel diventa
ogne villan che parteggiando viene. 126

Fiorenza mia, ben puoi esser contenta
di questa digression che non ti tocca,
mercé del popol tuo che si argomenta. 129

Molti han giustizia in cuore, e tardi scocca
per non venir sanza consiglio a l’arco;
ma il popol tuo l’ ha in sommo de la bocca. 132

Molti rifiutan lo comune incarco;
ma il popol tuo solicito risponde
sanza chiamare, e grida: "I’ mi sobbarco!". 135

Or ti fa lieta, ché tu hai ben onde:
tu ricca, tu con pace e tu con senno!
S’io dico ’l ver, l’effetto nol nasconde. 138

Atene e Lacedemona, che fenno
l’antiche leggi e furon sì civili,
fecero al viver bene un picciol cenno 141

verso di te, che fai tanto sottili
provedimenti, ch’a mezzo novembre
non giugne quel che tu d’ottobre fili. 144

Quante volte, del tempo che rimembre,
legge, moneta, officio e costume
hai tu mutato, e rinovate membre! 147

E se ben ti ricordi e vedi lume,
vedrai te somigliante a quella inferma
che non può trovar posa in su le piume, 150

ma con dar volta suo dolore scherma.

Dante, Purgatorio, Canto VI

mercoledì 19 gennaio 2011

" O emigranti o briganti": Il destino del Sud

Tesi n. 4: Francesco Saverio Nitti, L'Italia del Nord e l'Italia del Sud.

I deputati del Mezzogiorno, fatte alcune stimabilissime eccezioni, sono i bassifondi di tutte le maggioranze, disposti per una piccola concessione "attuale" a rinunziare a ogni avvenire. E' fra essi che pare abilità e intelligenza il passare per tutti i partiti, e vi è chi, tra i più fortunati, ha avute tutte le gradazioni dell'arcobaleno, e pure non è in ragione di disprezzo ma piuttosto di invidia e di successo.
La verità è che l'educazione politica del Mezzogiorno non si è peranco formata; che, considerato nella forma più generale, esso non è né conservatore, né liberale né radicale. Non è alcuna cosa: è un paese povero, che si è visto ancor più tormentato dal nuovo regime, dove la coscienza collettiva non ha saputo reagire, e che è ancora in preda ai peggiori avventurieri della politica. Se andiamo indietro i primi deputati meridionali, scelti fra i patrioti più notevoli, ignoravano quasi completamente il Mezzogiorno. Erano in gran parte ideologi; antichi profughi; avvocati, maestri della parola e viventi di vecchie tradizioni letterarie. In ogni occasione ripetevano che l'Italia meridionale era ricca; che bastava venissero l'istruzione e la libertà a far nascere le industrie. Tutti credevano alla ricchezza naturale del Sud ed i meridionali spesso eccitavano tali pregiudizi per ignoranza della realtà e per ostentazione di grandezza. L'Italia del Sud invece quasi non ha alcuna ricchezza del sottosuolo e non ha mai avuto un grane sviluppo industriale. Base di tutta la vita sociale è l'agricoltura, unica fonte di ricchezza. La grande industria manifatturiera non è quasi mai sorta. L'antico Regno delle Due Sicilie era più povero del resto d'Italia, tuttavia il regime economico e finanziario dei Borboni determinò una grande capitalizzazione. E' vero che le province erano in uno stato quasi medievale, senza strade, senza scuole; ma è vero pure che aveva un immenso demanio pubblico e vi era uno stato di grossolana prosperità, che rendeva la vita del popolo meno tormentosa di ora. Al momento della costituzione del nuovo Regno, il Mezzogiorno era il paese che portava meno debiti e più grande ricchezza pubblica sotto tutte le forme. Ora, poiché si diceva che il Nord fosse meno ricco del Sud e si credeva che molto aveva sacrificato alle lotte dell'indipendenza e della unità, parve anche assai naturale che i meridionali pagassero il loro contributo. Così i debiti furono fusi incondizionatamente e il 1862 fu unificato il sistema tributario che era diversissimo. Furono venduti per centinaia di milioni i beni demaniali ed ecclesiastici del Mezzogiorno e i meridionali, che avevano ricchezza monetaria, fornirono tutte le ricchezze al Tesoro, comprando ciò che in fondo era loro;
furono fatte grandi emissioni di rendita nella forma più vantaggiosa per il Nord, e si spostò interamente l'asse della finanza. Non vi fu nessuna malevolenza. Si diceva che era giusto che l'Italia del Sud dovesse pagare un contributo all'unità. Occorrevano denari per l'esercito e la marina, per i lavori pubblici, per l'imminente guerra con l'Austria. Orbene,per oltre quarant'anni ci fu un drenaggio continuo: un trasporto continuo di ricchezza dal Sud al Nord. Così il Nord ha potuto più facilmente compiere la sua educazione industriale, e quando l'ha compiuta ha mutato il regime doganale. E il Mezzogiorno che non aveva nulla da proteggere, ha funzionato dopo il 1887 come una colonia, come un mercato per le industrie del Nord. (Continua...)

lunedì 10 gennaio 2011

Al riparo dalla vita

Nel mio mondo mezzo grigio e mezzo nero, mai a colori, ognuno vive nel chiuso dei cancelli, dei muri e dei portoni tenendosi al riparo dalla vita...
L'imperativo è: "Pensa ai fatti tuoi, fingi di vivere come fanno tutti gli altri e non ti crucciar se fuori infuria la tempesta".