Tesi n. 4: Francesco Saverio Nitti, L'Italia del Nord e l'Italia del Sud.
I deputati del Mezzogiorno, fatte alcune stimabilissime eccezioni, sono i bassifondi di tutte le maggioranze, disposti per una piccola concessione "attuale" a rinunziare a ogni avvenire. E' fra essi che pare abilità e intelligenza il passare per tutti i partiti, e vi è chi, tra i più fortunati, ha avute tutte le gradazioni dell'arcobaleno, e pure non è in ragione di disprezzo ma piuttosto di invidia e di successo.
La verità è che l'educazione politica del Mezzogiorno non si è peranco formata; che, considerato nella forma più generale, esso non è né conservatore, né liberale né radicale. Non è alcuna cosa: è un paese povero, che si è visto ancor più tormentato dal nuovo regime, dove la coscienza collettiva non ha saputo reagire, e che è ancora in preda ai peggiori avventurieri della politica. Se andiamo indietro i primi deputati meridionali, scelti fra i patrioti più notevoli, ignoravano quasi completamente il Mezzogiorno. Erano in gran parte ideologi; antichi profughi; avvocati, maestri della parola e viventi di vecchie tradizioni letterarie. In ogni occasione ripetevano che l'Italia meridionale era ricca; che bastava venissero l'istruzione e la libertà a far nascere le industrie. Tutti credevano alla ricchezza naturale del Sud ed i meridionali spesso eccitavano tali pregiudizi per ignoranza della realtà e per ostentazione di grandezza. L'Italia del Sud invece quasi non ha alcuna ricchezza del sottosuolo e non ha mai avuto un grane sviluppo industriale. Base di tutta la vita sociale è l'agricoltura, unica fonte di ricchezza. La grande industria manifatturiera non è quasi mai sorta. L'antico Regno delle Due Sicilie era più povero del resto d'Italia, tuttavia il regime economico e finanziario dei Borboni determinò una grande capitalizzazione. E' vero che le province erano in uno stato quasi medievale, senza strade, senza scuole; ma è vero pure che aveva un immenso demanio pubblico e vi era uno stato di grossolana prosperità, che rendeva la vita del popolo meno tormentosa di ora. Al momento della costituzione del nuovo Regno, il Mezzogiorno era il paese che portava meno debiti e più grande ricchezza pubblica sotto tutte le forme. Ora, poiché si diceva che il Nord fosse meno ricco del Sud e si credeva che molto aveva sacrificato alle lotte dell'indipendenza e della unità, parve anche assai naturale che i meridionali pagassero il loro contributo. Così i debiti furono fusi incondizionatamente e il 1862 fu unificato il sistema tributario che era diversissimo. Furono venduti per centinaia di milioni i beni demaniali ed ecclesiastici del Mezzogiorno e i meridionali, che avevano ricchezza monetaria, fornirono tutte le ricchezze al Tesoro, comprando ciò che in fondo era loro;
furono fatte grandi emissioni di rendita nella forma più vantaggiosa per il Nord, e si spostò interamente l'asse della finanza. Non vi fu nessuna malevolenza. Si diceva che era giusto che l'Italia del Sud dovesse pagare un contributo all'unità. Occorrevano denari per l'esercito e la marina, per i lavori pubblici, per l'imminente guerra con l'Austria. Orbene,per oltre quarant'anni ci fu un drenaggio continuo: un trasporto continuo di ricchezza dal Sud al Nord. Così il Nord ha potuto più facilmente compiere la sua educazione industriale, e quando l'ha compiuta ha mutato il regime doganale. E il Mezzogiorno che non aveva nulla da proteggere, ha funzionato dopo il 1887 come una colonia, come un mercato per le industrie del Nord. (Continua...)
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