venerdì 13 aprile 2012

In memoria

Locvizza il 30 settembre 1916.

Si chiamava
Moammed Sceab

Discendente
di emiri di nomadi
suicida
perché non aveva più
Patria
Amò la Francia
e mutò nome

Fu Marcel
ma non era Francese
e non sapeva più
vivere
nella tenda dei suoi
dove si ascolta la cantilena
del Corano
gustando un caffè

E non sapeva
sciogliere
il canto
del suo abbandono

L’ho accompagnato
insieme alla padrona dell’albergo
dove abitavamo
a Parigi
dal numero 5 della rue des Carmes
appassito vicolo in discesa.

Riposa
nel camposanto d’Ivry
sobborgo che pare
sempre
in una giornata
di una
decomposta fiera

E forse io solo
so ancora
che visse
G. Ungaretti

sabato 7 aprile 2012

lunedì 2 aprile 2012

Compiti sì compiti no

E' di questi giorni la polemica sulla questione dei compiti a casa. E' partita dalla Francia, dove la più autorevole Associazione dei genitori, la FCPE, ha protestato contro i compiti assegnati a casa ai bambini della scuola elementare, ritenuti "inutili e ingiusti", in quanto priverebbero molti allievi dell'aiuto dei genitori che lavorano fuori casa e non possono quindi sobbarcarsi anche della guida allo svolgimento dei compiti dei loro pargoli. Tale polemica ha avuto una vasta eco anche in Italia, tanto che lo stesso Ministro Profumo è intervenuto esprimendo la propria tesi, naturalmente a favore della riduzione dei compiti. Mi permetto di dire la mia: l'affermazione del ministro è, secondo me, capziosa in quanto, in primis, omette di considerare la diversissima situazione della scuola italiana rispetto a quella francese, poi trascura il fatto che la nostra scuola, pur mantenendo, per così dire, la tradizione dei compiti a casa, si è da tempo svuotata di reale e concreta sostanza.
Voglio parlare della mia personale esperienza di docente di un liceo scientifico, ebbene, nel lontano 1996, quando m'insediai stabilmente sulla cattedra di Italiano e latino, di cui tuttora sono titolare, mi fu detto a mo' di accoglienza che in quella scuola i ragazzi erano per lo più interessati alle materie scientifiche e alla matematica, perciò stessi ben attenta a non assegnare "troppi" compiti a casa, specialmente versioni di latino, per non sottrarre ai ragazzi tempo utile agli esercizi di matematica o di inglese (anche questa materia preferita perchè spendibile sul mercato). Di buon grado ho sempre accettato questa logica delle preferenze, anche perché amo la didattica laboratoriale e l'ho sempre praticata con entusiasmo. Voglio solo dire che ho introdotto nella mia scuola un laboratorio di scrittura permanente, sempre richiestissimo dai ragazzi, che è servito anche come attività di recupero per l'italiano, penalizzato dal limitato numero di ore necessarie per la pratica della scrittura. A lungo andare però le cose sono andate diversamente da come mi prefiguravo. Innanzitutto, a furia di ridurre i contenuti, di abbassare gli obiettivi, di uniformare gli intelletti, il latino è divenuto impraticabile, infatti non ci puoi sempre giocare in classe con le traduzioni collettive e facilitate, è necessario anche che ci si applichi personalmente, in maniera autonoma (la traduzione è anche esercizio di stile). E qui viene il bello: il tempo in classe è risultato via via sempre più insufficiente, a casa, gli studenti, per lo più pendolari, dispongono al massimo di due o tre ore in cui fanno matematica e inglese, il latino è messo da parte definitivamente. Ma non finisce qui: la stessa sorte è toccata all'italiano. Se parli del biennio, non puoi pretendere che a casa facciano esercizi di grammatica, riassunti o temi tutti i giorni, devi bilanciare il peso dei compiti con le altre discipline, mentre in classe, nelle poche ore di cui disponi e con un numero esorbitante di alunni, devi barcamenarti fra appello, giustificazioni, spiegazioni, interrogazioni,indicazioni e quant'altro. Se invece parli del triennio, scordati pure la Divina Commedia, tanto non la la leggono e, se pure l'ascoltano talvolta (per "divina" ispirazione dell'insegnante), rimane nella loro mente come una storiella d'altri tempi. Se poi parliamo di letteratura e vuoi azzardare l'ipotesi di un'analisi testuale da far fare a casa, sei una pazza. Già è troppo se imparano la vita, l'opera e il pensiero di un autore a quadrimestre, tanto per essere interrogati. Se infine pretendi che facciano dei collegamenti, che sappiano elaborare un concetto in totale autonomia o che sappiano individuare un preciso contesto storico di riferimento, allora sei non solo pazza ma una "rompi" bestiale. Signori miei, qui non è d'uopo dissertare su compiti sì o compiti no, qui è il sistema d'istruzione in toto che deve essere messo in discussione, per non parlare della valutazione, spina pungente nel fianco dell'istituzione scolastica.