sabato 27 febbraio 2010

Il lupo e l'agnello

I due animali simbolo dell'uomo politico sono - ricordate il cap.XVIII del Principe- il leone e la volpe. L'agnello, il mite agnello, non è un animale politico: se mai è la vittima predestinata, il cui sacrificio serve al potente per placare i demoni della storia.
Una massima della sapienza popolare dice: "chi si fa agnello il lupo se lo mangia". Anche il lupo è un animale politico: l'homo hominis lupus di Hobbes nello stato di natura è l'inizio della politica; il princeps principi lupus nei rapporti internazionali ne è la continuazione. Anzitutto la mitezza è il contrario dell'arroganza, intesa come opinione esagerata dei propri meriti, che giustifica la sopraffazione. Il mite non ha grande opinione di sé, non già perché si disistima, ma perché è propenso a credere più alla miseria che alla grandezza dell'uomo, ed egli è un uomo come tutti gli altri. A maggior ragione la mitezza è contraria alla protervia, che è l'arroganza ostentata. Il mite non ostenta nulla, neanche la propria mitezza: l'ostentazione, ovvero il mostrare vistosamente, sfacciatamente le proprie virtù, è di per se stesso un vizio. La virtù ostentata si converte nel suo contrario. Chi ostenta la propria intelligenza è in genere uno stupido. A maggior ragione la mitezza è il contrario della prepotenza. Dico "a maggior ragione", perché la prepotenza è qualcosa di peggio rispetto alla protervia. La prepotenza è abuso di potenza non solo ostentata, ma concretamente esercitata. Il protervo fa bella mostra della sua potenza, del potere che ha di schiacciarti anche soltanto con un dito come si schiaccia una mosca o con un piede come si schiaccia un verme. Il prepotente questa potenza la mette in atto, attraverso ogni sorta di abusi e soprusi, di atti di dominio arbitrario e, quando sia necessario, crudele.
Norberto Bobbio

lunedì 22 febbraio 2010

La Repubblica di Sanremo

By Ilvo Damiani
Il risultato del Festival di Sanremo è utile a capire come funziona la democrazia rappresentativa. Tanto più e soprattutto in un sistema maggioritario e presidenziale, dove "vince uno solo". Quello che prende più voti. Al tempo della democrazia personale e mediatica. Naturalmente, dipende dagli elettori. Il "popolo sovrano". Che in questo caso, come abbiamo visto, non è uno solo. I popoli sovrani sono molti e non la pensano allo stesso modo. Anzi, pensano in modo molto diverso.

C'è il popolo informato e interessato, che corrisponde alla giuria popolare, selezionata da Ipsos di Nando Pagnoncelli. Rappresentativa delle persone che acquistano musica - nei negozi o su internet - o comunque la conoscono e la ascoltano con regolarità. Sono elettori esperti. Poi, ci sono gli specialisti. I maestri orchestrali. Più che elettori interessati: veri e propri militanti. In grado di valutare le qualità dei concorrenti e della loro offerta. Le canzoni e i cantanti. I programmi e i candidati. Infine ci sono gli elettori disinteressati. Quelli che ascoltano la musica in modo disattento. Quando passa in tivù. Interessati ai personaggi più che alle canzoni. Non indifferenti alle qualità canore dei concorrenti, ma assai più attenti alla loro immagine e al loro appeal mediatico.

È il pubblico del televoto. L'elettore medio. Influenzato, come dice la parola stessa, dalla televisione più che dalla canzone, dalla popolarità dei cantanti più che dalle loro capacità e dalle loro doti interpretative. Il risultato, letto in questa chiave, si spiega senza ricorrere a spiegazioni complottiste e truffaldine. Perché non sono necessarie a illustrare un esito comunque comprensibile e ragionevole. Nelle prime serate hanno votato gli elettori interessati e competenti, i quali hanno escluso il trio, guidato dal principe e dal pupo. Ma anche il giovane Amico di Maria De Filippi. Hanno invece premiato le voci e i testi. Gli elettori "medi", invece, hanno ripescato gli esclusi e li hanno trascinati al successo. Hanno, cioè, premiato i personaggi televisivi. I più noti, perché stanno spesso in tivù, perché hanno un volto noto e una storia da narrare. Tra questi, i più giovani hanno votato per i cantanti promossi dai cosiddetti talent show. Valerio Scanu e Marco Mengoni. Per mesi e mesi sotto gli occhi di tutti. Non solo a cantare e a ballare, ma a vivere il loro reality, tra amici e talent scout alla ricerca dell'X factor. Sotto gli occhi appassionati del pubblico interessato - più che alle canzoni - alle lacrime, ai sentimenti personali, alle vicende di gelosia, simpatia e antipatia. Televotati di settimana in settimana. Con successo. I più anziani, invece, hanno votato per il trio. Non solo per il Principe, ma anche per Pupo. Il "re dei pacchi". Da anni in video, nella prima rete, in prima serata. Magari non sapevano neppure che cantasse, i suoi elettori, ma lo hanno votato perché è simpatico. Perché porta fortuna. Anche il principe, d'altronde, è un personaggio tivù di primo piano. Sdoganato, molti anni fa, non da un monarchico, ma da un "democratico pop" come Fabio Fazio. Al tempo di "Quelli che il calcio". Poi, si è fatto da solo, "ballando sotto le stelle". Evidentemente piace. Non solo perché è principe (anche se, ovviamente, aiuta). Suo padre, per dire, difficilmente avrebbe ottenuto lo stesso risultato.

Come immaginare un esito diverso, su queste basi e con queste premesse? I voti valgono tutti allo stesso modo. Che vengano espressi da elettori esperti o disinteressati, militanti o abulici: non importa. Una testa conta un voto. Di qualsiasi testa si tratti. Ma le teste che guardano Amici, i pacchi e ballando sotto le stelle sono molto più numerose di quelli che vanno ai concerti, acquistano dischi o scaricano musica dalla rete (perlopiù gratis). E infinitamente di più rispetto alle teste di quelli che la musica la suonano, da professionisti e da virtuosi. Per cui tutto è finito come doveva. Com'era prevedibile. Com'era già successo altre volte. E la vittoria dei giovani, in particolare dell'Amico di Maria De Filippi, si spiega, probabilmente, con il fatto che gli elettori del principe e di Pupo sono molto più anziani. Al momento del voto finale, passata ormai mezzanotte, esausti, hanno spento la tivù e sono andati a dormire.

Perché stupirsi o, peggio, scandalizzarsi, allora? Quando la televisione prende il sopravvento e la tivù diventa l'unica arena della competizione - musicale, ma anche politica - vince chi recita meglio la parte. Chi è più telegenico, chi è più conosciuto dal pubblico, chi dispone di consulenti e bravi e impresari potenti. È la democrazia del pubblico.

E allora, non vorrete che vinca Bersani, anche se canta discretamente e gli piace Vasco? Meglio - per tutta la vita - Silvio, che ha cantato sulle navi e ancora canta, quando gli capita, con Apicella. E poi racconta barzellette e trasforma in spettacolo anche le tragedie - pubbliche e personali. Silvio: non ha bisogno di promuovere gli altri. Basta lui. Che ha confidenza con i media, perché sono suoi. E se a me - elettore esperto e informato - non piace, se io voto per altri. Chissenefrega. Tanto peggio. Io, Scanu e Mengoni non li avevo mai sentiti nominare prima. (E comunque non li ho sentiti neppure a Sanremo, perché non l'ho guardato). Non vorrete mica che proprio io possa decidere chi vince a Sanremo - e magari anche le elezioni?
(22 febbraio 2010)

venerdì 19 febbraio 2010

L'Italia alla deriva

Chi dice che la classe dirigente italiana non dirige un bel niente?
Tutt'altro! Essa non solo dirige, ma trascina l'intera società civile nel fango, letteralmente e metaforicamente (parlando)! Tra attacchi alla magistratura, alla Costituzione, scandali sessuali, connivenze illecite tra politica e malaffare, si sta veramente toccando il fondo! E intanto il popolo che fa? Rimane attaccato alla televisione, assuefatto, anestesizzato, inebetito di fronte alle cose più assurde che stanno accadendo. Mentre l'Italia reale va alla deriva, la televisione trasmette i suoi programmi in ghingheri, in cui tutto è glamour, intrattenimento, pubblicità, talk show dominati da donne scosciate e scollacciate senza ritegno, da urli scomposti e insensati. Chi riflette adeguatamente ed autorevolmente su questo degrado morale, che fa paura, che inquieta gli animi di coloro che ancora pensano, in questo stramaledetto Paese?
Chi parla dei problemi reali, la scuola, la sanità, l'ecologia, la cultura, i diritti, la tecnologia? Pochissimi sono i programmi di questo tipo, che non vengono neanche visti e capiti dalla maggioranza del popolo. Io penso che il popolo italiano non sa di essere in una situazione d'imbarbarimento, non immagina nemmeno che l'Italia é collocata agli ultimi posti nella classifica dei Paesi autenticamente democratici, non si rende conto che in Europa non ci prendono troppo sul serio, né nel bene né nel male, ma tutt'al più ci compatiscono...

martedì 16 febbraio 2010

La teoria dei due popoli

Esiste una teoria molto antica, che risale almeno (a quel che ricordo) all'inizio del Settecento, in base alla quale esisterebbe una distinzione netta e precisa fra due tipologie di popolo: da una parte c'è il popolo riflessivo e dall'altra quello sensitivo. In tale distinzione c'é però un arcano insolubile e cioè che il popolo riflessivo è sempre stato minoritario rispetto a quello sensitivo.
E perciò...


" Le masse non hanno intelligenza, ma sensibilità e immaginazione e perciò alle masse non si parla con vuote e sottili astrazioni, ma col tenerne desta la fantasia e svegliandone il sentimento". A questo popolo, alla gran massa è rivolta la televisione di Stato, essa è lo strumento più formidabile che si sia mai prima inventato di propaganda politica.