sabato 28 maggio 2016

L'Oscar all'Italia

Il film di Sorrentino "La grande bellezza" ha vinto l'Oscar per aver rappresentato una società malata, priva di valori, affogata nel nulla, in contrasto con la vetusta bellezza della città di Roma.
Mi viene da pensare che questo premio ci debba avvilire anziché no. Intanto la città di Roma è presentata nel film come una grande bellezza mentre nella realtà è una città da schifo per come è diventata: ovunque sporcizia, degrado, caos infernale...

lunedì 16 maggio 2016

Il pensiero politico di F. De Sanctis ( Parte II )

Alcuni critici non esitano a definire certi atteggiamenti del Nostro addirittura reazionari, come confermerebbe un suo incontro con il presidente della società operaia di Sant'Angelo dei Lombardi, da lui stesso raccontato nel Viaggio elettorale. In una delle tappe del suo viaggio elettorale in Alta Irpinia, De Sanctis, rivolgendosi al giovane operaio così afferma: "[...] la via a grandezza è ubbidienza, disciplina e lavoro, soffrire per godere, questo è il destino. Oggi il sacrificio, domani la gloria" Pare che questa lezione di etica borghese fosse accolta dall'umile interlocutore con un gesto d'impazienza e una scrollata di spalle. A questo punto De Sanctis commenta: "... mi parve che il bravo operaio non andasse più in là del suo particolare, come diceva Guicciardini; così s'incontravano l'uomo della decadenza e l'uomo dell'infanzia, dove finisce e dove comincia la storia".
Questo episodio comunque non testimonia in nessun modo che De Sanctis fosse un antidemocratico, era piuttosto un realista preoccupato che una democrazia troppo affrettata sarebbe stata di sicuro una falsa democrazia. La sua idea di politica poggiava sul concetto di bipartitismo secondo cui il governo doveva avere normalmente un partito innovatore ed uno conservatore. Riteneva che una maggioranza troppo grande non avrebbe mai potuto sviluppare un programma coerente e sarebbe stata certamente una fonte di corruzione: "un Parlamento dove non si sappia costtuire una maggioranza ed una minoranza è un Parlamento impossibile, ed è condannato da se stesso". Gli pesava la necessità di restaurare un più sano bilancio di forze nel Parlamento, perché una maggioranza incontrastata generava corruzione  ed instabilità politica. Ammirava Cavour , ma si distaccava da lui sulla dottrina del "laissez- faire" in quanto sosteneva che lo Stato doveva imporsi l'obbligo di intervenire  attivamente nella vita sociale coordinando e regolando le forze sociali allo scopo di accelerare il movimento della società verso la democrazia. De Sanctis fu forse il primo a riconoscere l'importanza dell'intervento statale ritenendo che fosse il più grande progresso fatto dall'Italia fino ad allora.

martedì 3 maggio 2016

Il pensiero politico di F. De Sanctis ( Parte I )

Gli inizi della attività politiica  di F. De Sanctis non furono fortunati in quanto sin da giovanissimo si era formata intorno a lui la fama di "letterato" o di "grammatico", non nato per la politica, fama che doveva accompagnarlo poi fino alla morte. Egli non fu né di Destra né di Sinistra, lui stesso si definiva  "non propriamente un uomo di partito" ed infatti si trovò agevolmente sia accanto a Cavour e Ricasoli, che erano di destra, sia seguace di Mazzini e di Garibaldi. E' noto d'altra parte che il suo temperamento non era certo incline alle idee estreme, fu sempre un moderato o come lui stesso si diceva "sinistra-moderato o centro-sinistra sia in politica che in arte".  A voler dare ragione ad Asor Rosa dovremmo invece riconoscere  che la notevolissima intelligenza politica di De Sanctis si manifestasse soprattutto nell'aver presentato come orientata a sinistra una cultura sostanzialmente di destra; cioè che egli praticasse con animo giacobino una cultura di spiriti e di idealità fondamentalmente conservativi. La sua visione politica  fu comunque sempre ispirata agli ideali di patria, di libertà, di democrazia. A questi valori educò la gioventù del tempo in qualità di insegnante fin dalla sua prima esperienza d'insegnamento, nella famosa  Prima Scuola napoletana al Vico Bisi,  a Napoli appunto, dove per più di un decennio  insegnò a molti giovani  alcuni dei quali sarebbero poi diventati tra i principali nomi della cultura italiana: i meridionalisti Giustino Fortunato e Pasquale Villari, il filosofo Angelo Camillo De Meis, il giurista Diomede Marvasi, il pittore Giacomo Di Chirico, il letterato Francesco Torraca e il poeta Luigi La Vista, suo allievo prediletto, che avrebbe trovato la morte durante l'insurrezione del 1848.