giovedì 28 febbraio 2019

Fragilità e civiltà

Senza l’altro non ci sarebbe vita. Vivere significa stare con l’altro, e la vita si fa serena se si coniuga la propria con quella di tutti, per non temere nessuno ed essere potenzialmente aiutato anche da coloro che non si conoscono, che hanno caratteristiche somatiche strane, colori della pelle variegati, ma che sono uomini poiché l’uomo è definito dal pensiero e dalla fragilità, che sono doti della personalità.
La fragilità come forza, e per questo è utile meditare sul potere a cui è giunto il momento attuale, su questa grave malattia dell’uomo.
Questo è l’incipit di una nuova civiltà e solo così si può aprire un tempo sereno per svilupparla, per scoprirla.

Ho avuto voglia di comporre la prima pagina di un libro che mi auguro voluminoso; anzi, ho voluto solo scrivere una parola, fragilità, e poi lasciare che la storia possa aggiungervi il resto. Un libro in cui molti, singolarmente e insieme, dovranno aggiungere altre parole, altri sensi.
Importante è che si cominci, senza usare la gomma per cancellare e il lapis per rifare alcune pagine, per sostituire alcune frasi, poiché il bisogno di correggere che dura ormai da molti decenni ha solo complicato gli errori e garantito di continuare a sbagliare, dal momento che ci sono errori che producono denaro e potere.

È tempo di ripartire e io non so come sarà – se sarà il futuro, conosco il tempo presente e il declino della civiltà che precipita con la velocità di un masso che cade in un vuoto infinito.

Una parola è poco, ma è qualcosa se la si è tirata fuori dal dolore e dalla voglia che l’uomo viva meglio e sia più uomo.

Il rischio attuale è che di umano gli sia rimasta attaccata addosso solo la miseria: un uomo miserabile e infelice, ubriaco di illusioni e di inganni, fatti e subìti.

Non potrò vedere scritte molte pagine di questa nuova storia poiché mi aspetta la morte e l’appuntamento mi troverà sconcertato poiché nel vecchio libro risulta essere la più grave delle ingiustizie e il mistero che più mi indigna. È il momento in cui anche la fragilità muore.
Mi sentirò per un attimo senza la mia fragilità che ho amato e che mi ha aiutato a vivere, ma che non mi serve per morire. (da L'uomo di vetro di Vittorino Andreoli)

venerdì 22 febbraio 2019

MIA SE NE VA...

E' notte fonda. Sono vicino alla mia cagnetta che sta morendo, pulsa il suo respiro affannato di corpo che non si arrende, ma fatalmente si avvicina al buio...
Queste sono le prove tecniche della mia morte, tranquilli, non agognata non cercata, ma che potrebbe avvenire , non so quando né voglio saperlo. Ogni tanto Mia alza la testa, mi guarda poi la riabbassa. Voglio che senta la mia vicinanza, la mia fedeltà inversa. Quanto mi ha dato questo splendido animale! Quanto gli sono grato! La sua dipartita sarà per me momento di tristezza, ma anche di serenità. A volte ci leghiamo ai cani per coprire vuoti, negare le sconfitte, sentirci capo, qualcuno onesto come me ammetterà di aver accettato questo amore, perché d'amore si tratta, per paura...
Là fuori e qui, dentro ognuno di noi, c'è tanto vuoto, tanta miseria! Provo per Mia che sta morendo una grande ammirazione, non si scompone, è riuscita con le sue forze residue a salire sul divano dove per anni ha dormito... ora ha avuto uno scatto, ha fame d'aria; coraggio, piccola mia, tra un po' dormirai per sempre ed io ti ricorderò nel tempo che mi resta da vivere, con grande rispetto, gioia, tenerezza, perché ho dovuto accudirti come avrebbe fatto mia figlia lontana, e questo mi fa onore, mi dà la forza di vivere questi momenti presenti.

 Mia sta lentamente (al ritmo del respiro sempre meno evidente) morendo...

(Pubblico con piacere questo scritto per conto di un amico e collega, Rino Compagnone)