martedì 31 dicembre 2013

sabato 23 novembre 2013

Il giorno dopo (il sisma dell'80)

All'alba del giorno dopo tutto era già successo:
le case crollate, i ponti spezzati,
le vite di tanti ingoiate
da vortici nella profondità della terra.

Restava alla vista uno scenario
 agghiacciante di fine del mondo.

Corpi distesi in sudari di morte
impolverati, allineati sui bordi
delle strade, sui marciapiedi
in mezzo alla piazza
nera di fumo sotto un cielo
 stridente di azzurro.


Camminavo, arrancavo sulle macerie
i piedi leggeri per non calpestare
né i morti né i vivi
 pazienti, gementi
 in attesa di tornare alla luce.


Scarpe spaiate, brandelli di vesti
cassetti aperti
 traboccanti
di vita vissuta
bambole riverse
 arruffate cadute
 nella polvere
 facce di padri,
 di madri stremate...

Ovunque lamenti, pianto e dolore.
E' questo l'inferno? diceva il mio cuore.
Ti prego, Signore, rimetti  ordine  in questo caos infernale!
Asciuga questo mare
 di lacrime amare!
Il mio paese non merita
tanta sciagura.

Ma a tanto dolore
 nessuna consolazione
 nessuna
il sole di novembre ci seppe dare.
R.C.



sabato 16 novembre 2013

mercoledì 16 ottobre 2013

Il mito del centauro Chirone

Secondo Machiavelli, il leggendario personaggio mezzo uomo e mezza bestia al quale fu affidato il compito di educare Achille, Ercole, Teseo e Giasone, nasconde un profondo insegnamento:
 l'uomo deve sapere essere come il centauro, mezzo uomo e mezza bestia cioè sapere impiegare tanto le qualità umane di intelligenza, saggezza e lealtà, quanto le qualità più proprie delle bestie, come la forza.

venerdì 9 agosto 2013

La piazza luogo dell'incontro e della memoria

E se la piazza in ogni piccolo paese ritornasse ad essere il luogo dell'incontro e della memoria, com'era un tempo?...
Quando io ero una bambina, al mio paese, le case erano soltanto l'indispensabile rifugio che proteggeva dal freddo e dalle intemperie, e parlo non solo della mia casa, piccola, modesta e appena appena capace di contenere tutta la famiglia, parlo delle case di tutti le quali avevano più o meno le stesse dimensioni, ma soprattutto le stesse caratteristiche. C'erano ovviamente le case dei ricchi con qualche stanza in più, con più ornamenti, ma la vita familiare fra le pareti domestiche era la stessa per tutti. Più importante era lo spazio esterno, i vicoli, le piazze, le strade. Era qui che si consumava il nostro tempo, soprattutto era la piazza il cuore vivo e pulsante dell'intera comunità. S. Angelo dei Lombardi aveva allora la piazza più bella e più moderna di tutti gli altri paesi del circondario ed era l'orgoglio di tutti, giovani e vecchi. Essa s'inseriva tra la Cattedrale e il Castello come in un'enclave chiusa e protetta, con magnifici marciapiedi alberati e un'ampia via nel mezzo, inondata di luce in pieno giorno e illuminata da un cielo lunare puntellato di luminosissime stelle nelle lunghe sere d'estate. Ah!... Le lunghissime sere d'estate, piena la piazza di gente che conversava con affabulante ironia per ore ed ore, tanto che ci dispiaceva dire "Buona notte, a domani!"
La piazza ci assorbiva, ci esaltava, ci riempiva il cuore come solo può fare un amorevole amico sempre presente! Le case allora rimanevano sullo sfondo, sparivano quasi, riservate alle cure segrete di chi le abitava. La nostra vita era fuori, nelle strade, nella piazza dove le differenze sociali, ideologiche, di classe si annullavano in una comunanza di vita che ci affratellava rendendoci una grande famiglia. Nella piazza abbiamo conosciuto altri luoghi, altre usanze, ci siamo confrontati, talvolta anche con qualche amarezza, con persone che vivevano a Roma, a Napoli, a Milano, giacché venivano a villeggiare nel nostro paese e si distinguevano da noi per il loro abbigliarsi, per qualche nota di lusso nelle loro consuetudini, macchine importanti, moto, bici. Tutto questo era per noi bello, esaltante e malgrado la nostra povertà ci sentivamo alla pari. La piazza era di tutti, era la nostra piazza e c'era sempre un angolo che ci apparteneva. 
Nelle strade si sentiva il vociare di tanti bambini festosi che tutto il giorno instancabilmente si rincorrevano, giocavano a nascondino, a palla prigioniera, alla settimana, a calcio fino a sera tarda, quando le mamme li richiamavano per lavarli, farli cenare e metterli a letto esausti e felici per la giornata piena di gioco. Sulle strade si affacciavano tante botteghe di umili ma bravi artigiani, calzolai, sarti, barbieri, mentre gli unici due bar del paese ospitavano i soliti sfaccendati che giocavano a carte nei lunghi pomeriggi assolati... 
Questa era la nostra vita, semplice e piena di piccole ma grandi soddisfazioni, stavamo bene, avevamo un'unica grande casa che ci accoglieva tutti!  

domenica 14 luglio 2013

Scene dal matrimonio in Sicilia

Aggiungi didascalia
In attesa della sposa.  Caltanissetta, Abbazia di Santo Spirito


mercoledì 26 giugno 2013

giovedì 13 giugno 2013

Amica mia, addio!

E' venuta a mancare la mia amica d'infanzia, Enzina, strappata alla vita precocemente a causa di un terribile male.
 Era l'amica che se la incontravo anche dopo anni, era come se ci fossimo lasciate un momento prima. Si riprendeva con lei  un dialogo interrotto, non c'era bisogno di tanti preamboli, del tipo Da quanto tempo che non ci vediamo! Perché non ti sei fatta sentire? Cosa ti è successo in tutto questo tempo? Non c'era bisogno di aprire il nostro dialogo così, ma  invece bastava guardarsi negli occhi, chiedere al più Come va ? Come stai? Tutto il resto era scontato, perché io mi riconoscevo in lei e lei in me e non c'era bisogno di molte parole per capire ciò che dentro ci tormentava o ci faceva gioire. Eppure, il nostro cammino in comune l'abbiamo interrotto tanti anni fa, quando nell'età della adolescenza ci siamo separate per unirci ai nostri uomini, i nostri mariti, seguendo ciascuna il proprio destino. Pur tuttavia, il breve tratto di via che abbiamo insieme percorso è stato determinante per la nostra crescita. Ai nostri tempi, nei nostri piccoli paesi, l'azione educativa dei genitori era sì influente, ma non quanto la strada, il vicolo, l'asilo, la scuola, le amicizie. Perciò io e lei, piccolissime, siamo andate insieme all'asilo, lo ricordo come fosse ieri, con tanto di grembiulino e il cestino della merenda,  avventurandoci da sole a percorrere quelle poche centinaia di metri da casa al convento delle suore, scendendo giù per le scale di Santa Maria piene di ogni pericolo... Insieme, poi, siamo andate alle elementari ed eravamo bravissime perché facevamo a gara a chi ne sapeva di più. Insieme siamo state alle medie, insieme siamo cresciute scoprendo la vita, l'amore, le vere amicizie. Eravamo diverse io e lei. Io più libera , più avventuriera, più combattiva, lei più schiva, forse più timida e anche più puritana, o forse un po'  bigotta, perché tale era il suo ambiente familiare. Ma in comune avevamo forte il senso della giustizia, della dignità, dell'onestà e del decoro e su queste basi si è mantenuta nel tempo immutata la nostra amicizia.      

venerdì 31 maggio 2013

Elogio della grammatica.

..."Io credo che la grammatica sia una via d'accesso alla bellezza. Quando parliamo, quando leggiamo o quando scriviamo, ci rendiamo conto se abbiamo scritto o stiamo leggendo una bella frase. Siamo capaci di riconoscere una bella espressione o uno stile elegante. Fare grammatica serve a sezionarla, guardare com'è fatta, vederla nuda, in un certo senso. Ed è una cosa meravigliosa, perché pensiamo: “ Ma guarda un po' che roba, guarda un po' com'è fatta bene!, “Quanto è solida, ingegnosa, acuta!” Solo il fatto di sapere che esistono diversi tipi di parole e che bisogna conoscerli per definirne l'utilizzo e i possibili abbinamenti è una cosa esaltante. Penso che non ci sia niente di più bello, per esempio, del concetto base della lingua, e cioè che esistono i sostantivi e i verbi. Con questi avete in mano il cuore di qualunque enunciato. Stupendo, vero? I sostantivi, i verbi... Forse bisogna collocarsi in uno stadio di coscienza speciale per accedere a tutta la bellezza della lingua svelata dalla grammatica.”


Muriel Barbery, da L'eleganza del riccio

mercoledì 10 aprile 2013

La lezione degli antichi


Non ci si può illudere di ottenere il pareggio di bilancio con l'aumento delle tasse. La sinistra deve avere il coraggio, l'audacia delle grandi riforme. Se non si può ottenere presto il pareggio del bilancio, si può ottenere di diminuire il disavanzo. Proporre la riduzione delle spese superflue, e ordine, moralità nelle pubbliche amministrazioni. Le imposte hanno un limite nella possibilità dei contribuenti e quando il limite è oltrepassato, non si colpisce più la rendita, ma si attacca il capitale e si arresta la produzione. Occorre sgravare al più presto le classi basse, rispettare la giustizia retributiva, cancellare le tasse inique, promuovere la trasformazione economica , intellettuale e morale del paese.

(Francesco De Sanctis, Manifesto-programma agli elettori di Sessa Aurunca del settembre 1865, in occasione delle elezioni generali).






lunedì 1 aprile 2013

sabato 23 marzo 2013

Leonardo da Vinci, "omo sanza lettere"

Per la varietà poliedrica dei suoi interessi e delle sue attività (fu pittore, scultore, ingegnere, idraulico, anatomista, studioso di geologia, di matematica, nonché scrittore), Leonardo fu il maggiore rappresentante di un umanesimo scientifico che nel suo tempo non trovò successori, ma costituì un filone notevole del secolo e sfociò più tardi nel movimento scientifico del Seicento cioè in Galileo Galilei e nella sua scuola. Leonardo si trovò ad operare in un momento particolare dell'Umanesimo, quando, esaurito l'entusiasmo febbrile del primo periodo in cui tutti gli artisti erano immersi in un clima di rivoluzione culturale nata dalla lezione degli antichi, cominciava la lenta caduta verso le tendenze idealiste (il neoplatonismo) e verso spinte evasive più o meno evidenti. Il suo atteggiamento e la sua mentalità, fondati su una lucida logica intellettuale e sull'appassionata ricerca del dato empirico, si manifestava in quel forte senso di ribellione contro i letterati, i filologi e i filosofi la cui attività principiava e finiva nella mente, senza mai entrare in contatto diretto con la realtà attraverso l'esperimento. Dichiarava lui stesso di essere "omo sanza lettere" e con ciò non intendeva di essere incolto, bensì solamente contrapposto ai letterati la cui cultura era tutta mnemonica e si fondava su astratte deduzioni filosofiche ricavate dall'autorità di presunti maestri. Leonardo invitava a leggere non i libri degli altri, ma il grande Libro della natura la cui perfetta e impenetrabile armonia testimonia una potenza divina davanti alla quale soltanto si arresta l'immensa curiosità dello scienziato. Leonardo non ha lasciato libri, ma un'imponente mole di appunti: notazioni di ricerche scientifiche, abbozzi, esposizioni dei suoi ideali artistici soprattutto riguardo alla pittura, e poi ancora apologhi, facezie, favole, sentenze. In tutti questi scritti confusi e frammentari, Leonardo non manifesta un'intenzione artistica, ma la precisione del tecnico e dello scienziato, la freschezza spontanea e pittoresca di chi parla di cosa che gli sta a cuore (Sapegno) e che egli conosce bene e lo stesso stile non è ricercato né elaborato, ma intensamente personale ricco a volte di commozione poetica. Uno dei momenti culminanti della meditazione di Leonardo è l'esaltazione della pittura. Egli vagheggia un tipo ideale di pittore-filosofo, che non imiti semplicemente la natura ritraendone le forme corporee, ma ne sappia cogliere l'intimo procedimento creativo, cioè la dinamicità delle forze che producono il moto dell'universo. Il pittore deve esprimere gli oggetti cogliendoli nella loro intima relazione con la vita tutta del cosmo.

mercoledì 13 marzo 2013

La Democrazia è antica


Discorso agli Ateniesi (Pericle 461 a.c.)

Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo
viene chiamato democrazia.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro
dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza.
Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di
altri,chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una
ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.
Qui ad Atene noi facciamo così.
La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non
siamo sospettosi l’uno dell’altro
 e non infastidiamo mai il nostro
prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo.
Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia
siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo.
Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle
proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici
affari per risolvere le sue questioni private.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato
anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo
proteggere coloro che ricevono offesa.
E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che
risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è
buon senso.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo,
ma inutile; e benché in pochi siano in grado di dare vita ad una
politica, beh tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla.
Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della
democrazia.
Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà
sia solo il frutto del valore.
Insomma, io proclamo che Atene è la scuola dell’Ellade e che ogni
ateniese cresce sviluppando in sé una felice versatilità, la fiducia in se stesso,
la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la
nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero
.
Qui ad Atene noi facciamo così

domenica 10 marzo 2013

sabato 2 marzo 2013

Niente di nuovo...

Il clientelismo piccolo-borghese ha vinto ancora, nonostante Grillo?...
 E' del tutto evidente che in Irpinia, ma anche nell'intero Sud, non sono ancora maturi i tempi per una svolta radicale. I risultati delle elezioni lo dimostrano. Nella nostra Irpinia, nei nostri piccoli paesi la vita pubblica è assolutamente impraticabile per chi non sia una canaglia. Va da sé che le lotte fra i partiti non hanno nessun contenuto né sociale né politico. Si tratta di clientele concorrenti in cui si scinde l'intera classe dominante. Queste parole le pronunciava Gaetano Salvemini nei primi decenni del XX secolo: cosa è veramente mutato da allora?...

domenica 3 febbraio 2013

AVREMO UN INVERNO FREDDO



Calerà l’autunno sui nostri visi
con una tenda rossa e pesante
una paura antica ci congelerà il cuore
Il cielo rabbuierà un vento lontano
porterà parole fredde e incomprensibili
e il sole annichilito sarà un illuminato ricordo
Guarderemo la vita
come si fa con un libro impolverato
e saremo così poveri
e laceri i nostri abiti di certezze
Tutto il tempo non sarà
che un granello sparuto di clessidra
e cocci di vetro da ritrovare
nelle ferite aperte dell’anima
Resteremo immobili
ai cancelli per le vie del cielo
e cent’anni di noi non saranno che un attimo
una parola sussurrata
un grido mal celato nella vastità del cosmo
Cadranno abbondanti le foglie
(ad una ad una le conteremo)
dei nostri giorni illuminati del tempo
e inginocchiati a raccoglierle
attraverseremo l’ultimo viale
e avremo un inverno freddo
chiuso nel cuore come un sacrificio
L’uva nelle vigne si incendierà
i tramonti si susseguiranno senza tregua
un’onda dopo l’altra nel mare del tempo
sulla spiaggia grigia dei ricordi
Ci guarderemo negli occhi
tutti ugualmente sconosciuti
e ci salveranno le favole dell’infanzia
ritroveremo i giochi sull’altalena della luna
e un maglione di lana
lavorato a mano dalla nonna
per spazzare via l’inverno
E saremo di nuovo uomini e sognatori
e in tutto il tempo l’immenso tempo dell’attesa
scopriremo la ricchezza di essere
e lasceremo al di là dei cancelli
la miseria dell’avere

[Massimo Lo Pilato, Mirabella Eclano]

venerdì 18 gennaio 2013

Canzone

Canzoni e poesie


Canzone cercala se puoi                  
dille che non mi perda mai              
va' per le strade e tra la gente
diglielo veramente

Canzone cercala se puoi
dille che non mi lasci mai
va' per le strade e tra la gente
diglielo dolcemente

Canzone trovala se puoi
dille che l'amo e se lo vuoi
va' per le strade e tra la gente
diglielo veramente
non può restare indifferente
e se rimane indifferente
non è lei.
[Lucio Dalla]

Perch'io non spero di tornar giammai,
ballatetta, in Toscana,
va' tu leggera e piana,
dritt'a la donna mia,
che per sua cortesia
ti farà molto onore.
[Guido Cavalcanti, 1300]

domenica 13 gennaio 2013

Diagnosi della Virtù

"O Albino,virtù è potere stimare al giusto le persone fra cui ci troviamo, le cose di cui viviamo; Virtù è sapere che valga ogni cosa per l'uomo; Virtù è sapere che cosa per l'uomo sia giusto, utile, onesto, quali siano beni e, per converso, quali siano mali, che cosa sia inutile, turpe, disonesto; Virtù è sapere porre un termine ed una misura all'avidità; virtù poter assegnare il loro valore alle ricchezze, virtù dare ciò che si deve realmente all'onorabilità, essere nemico giurato degli uomini e dei costumi cattivi e, invece, difendere gli uomini ed i costumi buoni, stimarli molto, amarli, essere loro amico: finalmente mettere al primo posto il bene della patria, poi quello dei genitori, e da ultimo il nostro." [Lucilio, Satire, Fr.1326-1338]

mercoledì 9 gennaio 2013

Laura non c'è...

Oggi ho parlato alla classe di Laura, o meglio dell'amore di Petrarca per Laura, un argomento che spesso affascina i ragazzi, coinvolti come sono (tutti o quasi tutti)nei grovigli dell'esperienza amorosa. Laura è per Petrarca non più la donna-angelo della tradizione stilnovista, ma una donna che suscita nell'animo del poeta una passione umana e terrena, un desiderio perennemente inappagato che dura anche dopo la morte della donna. Ma il Petrarca comunque si riallaccia ai modelli della tradizione cortese, sulla base di quella minuziosa indagine psicologica sugli effetti che quella passione suscita nell'animo, anche se in lui il calore della passione è più vivo, più aderente al sentimento e non rigidamente intellettualistico. Come nei poeti dello Stilnovo, anche in Petrarca l'arte è un sentimento aristocratico della lingua e dello stile e quindi virtuosismo e preziosità. Può accadere infatti di trovare nel Canzoniere sonetti in cui l'artificio nasconde la vera poesia, ma la dottrina di cui la poesia è intessuta serve al poeta per superare la violenza immediata della passione, per dominarla traducendola in un linguaggio limpido e armonico, in un classico equilibrio di concetti e di forme. L'amore per Laura è tuttavia la causa prima del tormento interiore del poeta. Tale tormento nasce dall'intimo dissidio tra il volere e il non volere, tra il desiderio di Laura e quello di Dio. La figura di Laura è una figura evanescente, lontana eppure vicina, irraggiungibile, raramente colta in un gesto preciso. Si pensa che Laura fosse un simbolo nella poesia di Petrarca mentre è vero che essa rappresentò un'esperienza concreta che però nella poesia viene trasfigurata a rappresentare l'aspirazione a una felicità terrena non effimera ma comunque irraggiungibile. Laura non c'è mai nel momento presente, è sempre vagheggiata nel ricordo, nella fantasia, nel sogno e addirittura diventa più viva quando è morta, quando cioè il poeta può meglio sentirla come creatura della sua anima, memoria nostalgica di una giovinezza perduta. Il tema dell'amore diventa così un mito che riflette sulla caducità della vita, sull'approssimarsi della morte, sulla gloria che sola può proiettare la vita in una dimensione eterna, sul desiderio di contrapporre ad essa la comunione con Dio e l'assoluta tranquillità dell'anima.

sabato 5 gennaio 2013

venerdì 4 gennaio 2013