sabato 16 maggio 2020

Di quarantena si può morire

 45° giorno di quarantena.
Ho messo 2 Kg abbondanti di peso corporeo;
sono sull'orlo di una crisi di nervi;
di notte non dormo bene, di giorno non riesco a rilassarmi né a riposarmi, nemmeno con dosi massicce di camomilla nostrana!
Vado in tilt per un nonnulla, sono esausta!
Nella prima settimana di forzato isolamento mi sono sentita a mio agio nella mia bella casa, con tanto tempo a disposizione tutto per me, senza l'assillo della sveglia alle 7 del mattino, l'ansia di prepararmi per andare a scuola con trucco, parrucco e abiti scelti a seconda dell'umore o del tempo, se bello o brutto.
A dire il vero, ultimamente tutto ciò era diventato abbastanza faticoso; mi capitava sovente di ripetere a me stessa "la vecchiaia comincia a farsi sentire"; alzarmi ogni mattina alle 7 cominciava a pesarmi ogni giorno un poco di più, ma una volta entrata in classe, quasi per miracolo, mi ingagliardivo e provavo un immenso piacere a dialogare coi ragazzi di letteratura, di latino o di storia. La stanchezza si dileguava e potevo andare avanti anche per l'intera mattinata senza stancarmi.
Il difficile veniva dopo, a casa, luogo della mia eterna frustrazione, dove mi aspettavano al guado le quotidiane incombenze: lavare, stirare, cucinare, fare la spesa, tutto nelle ore di un ristretto pomeriggio invernale, quando il tempo manca e la luce pure.
Tempo per me stessa, per socializzare, svagarmi o dedicarmi alle mie attività preferite, niente! Manco a parlarne! Non avevo tempo, di corsa tutto il giorno, e così passavo le giornate, e così scorreva la mia vita!
E dunque, dicevo, nella prima settimana di quarantena non mi sembrava vero poter disporre di un'intera giornata senza altri impegni, per così dire ufficiali. Ho cominciato a fare grandi pulizie programmando giorno per giorno una sanificazione di tutti gli ambienti, con tutti i mezzi di cui dispongo: folletto, vaporetto, lucidatrici, detergenti disinfettanti e profumanti. Poi sono passata a godermi la cucina: impastare pizze, focacce, pasta, dolci che non avevo mai fatto prima è stata un'esperienza per me gratificante, disporre poi di tutti gli ingredienti possibili nell'immediato mi riempiva di gioia. Già, siamo andati come all'arrembaggio nei supermercati a fare provviste di ogni genere e specie. Il frigorifero, che prima ansimava  nel vuoto, si è improvvisamente riempito di ogni bendidio; dirò, esso è diventato in questi giorni il simulacro del piacere, del gusto e anche della voglia di vivere consumata a tavola. Non più pranzi veloci trangugiati nella fretta, ma finalmente simposio familiare da consumare in tutta calma.
Poi, però, soddisfatta la bramosia, è arrivata implacabile la noia! Ah, la maledetta noia, che ci attanaglia fino a toglierci il respiro! Adesso basta! Voglio uscire, voglio vedere gente, sentirmi viva! Basta ciabattare per casa con gli occhi cerchiati, i capelli in disordine, il viso pallido e smorto. Dov'è la vita, se non fuori, all'aria aperta, in mezzo al frastuono, al baccano che fanno le auto, alle voci dei vivi che lavorano, agiscono, fanno, come sempre hanno fatto gli uomini e le specie viventi su tutta la terra? Ho voglia di contatti, umani o animali che siano non ha importanza, ho voglia di sentirmi parte della natura, della vita, e questo me l'ha sussurrato stamani un merlo nero con il becco giallo, ospite del mio giardino!