martedì 29 dicembre 2015
mercoledì 25 novembre 2015
23 novembre 1980
Quel giorno c'ero anch'io...
Ero a Grottaminarda, nella mia casa di giovane sposa, con un bimbo di 2 anni che mi giocava in salotto con le costruzioni Lego. Avevo preparato sin dal primo pomeriggio la borsa con i suoi abitini, le sue scarpette, i suoi giochi preferiti. Dovevamo infatti recarci nel pomeriggio a S. Angelo, a casa dei miei, come facevamo ogni domenica, ma quel giorno mio marito, che era partito la mattina insieme a suo padre per affari di commercio, tardava ben oltre l'orario stabilito. Io ero in preda all'ansia perché quella sera avrei dovuto lasciare il piccolo a casa dei miei per qualche giorno. Ero prossima ad un esame universitario e lasciare il bambino coi nonni e con le zie che lo riempivano di ogni attenzione mi avrebbe consentito di studiare gli ultimi giorni prima dell'esame tranquilla e serena. Alle 19,35 un forte boato, seguito subito da una violenta scossa mi sorprese sola in casa con il mio bambino. Capii subito che era un terremoto, istintivamente presi in braccio mio figlio e corsi alla porta, verso l'uscita. La porta si era bloccata e non riuscivo ad aprirla in nessun modo, intanto le scosse si susseguivano ed in casa cadevano varie suppellettili. Rimasi sotto l'arco della porta interminabili minuti fino a quando non arrivò mio marito che riuscì a portarci fuori, non senza fatica. La gente in strada era in preda al panico e correva urlando da ogni parte. Tuttavia ciò che si vide in quei frangenti a Grottaminarda non faceva presagire l'immane catastrofe che si era abbattuta in Alta Irpinia e nel mio paese, S.Angelo dei Lombardi. Passammo la notte accampati in uno spazio aperto facendo delle nostre auto rifugio contro il freddo. Molta gente si era riunita in quello spazio. Venne acceso un fuoco, un grande falò con vecchi pneumatici e quasi tutta la notte la trascorremmo intorno a quel fuoco, uniti, stretti dalla comune paura. Le scosse continuarono tutta la notte e fu solo al mattino, verso le 4.30, quando la radio lo annunciò senza mezzi termini, che venimmo a sapere che S:Angelo e Lioni erano stati rasi al suolo. Io e mio marito lasciammo il piccolo Lino ai nonni e ci mettemmo in macchina alla volta di S.Angelo. Non voglio ricordare tutto quel che vidi quando arrivammo in paese, mi fa troppo male, anche se la mia mente ha rimosso le immagini più sconvolgenti ed i ricordi sono come sfocati, immagini di un film visto tanto tempo fa...
Ricordo però il puzzo di cadaveri, la polvere, gli ammassi enormi di calcinacci al posto di case e palazzi, il dolore, la disperazione sul volto dei superstiti e poi un senso di lacerazione profonda nel cuore che, quella sì, è rimasta per tanti anni ancora dopo quel maledetto giorno.
Ero a Grottaminarda, nella mia casa di giovane sposa, con un bimbo di 2 anni che mi giocava in salotto con le costruzioni Lego. Avevo preparato sin dal primo pomeriggio la borsa con i suoi abitini, le sue scarpette, i suoi giochi preferiti. Dovevamo infatti recarci nel pomeriggio a S. Angelo, a casa dei miei, come facevamo ogni domenica, ma quel giorno mio marito, che era partito la mattina insieme a suo padre per affari di commercio, tardava ben oltre l'orario stabilito. Io ero in preda all'ansia perché quella sera avrei dovuto lasciare il piccolo a casa dei miei per qualche giorno. Ero prossima ad un esame universitario e lasciare il bambino coi nonni e con le zie che lo riempivano di ogni attenzione mi avrebbe consentito di studiare gli ultimi giorni prima dell'esame tranquilla e serena. Alle 19,35 un forte boato, seguito subito da una violenta scossa mi sorprese sola in casa con il mio bambino. Capii subito che era un terremoto, istintivamente presi in braccio mio figlio e corsi alla porta, verso l'uscita. La porta si era bloccata e non riuscivo ad aprirla in nessun modo, intanto le scosse si susseguivano ed in casa cadevano varie suppellettili. Rimasi sotto l'arco della porta interminabili minuti fino a quando non arrivò mio marito che riuscì a portarci fuori, non senza fatica. La gente in strada era in preda al panico e correva urlando da ogni parte. Tuttavia ciò che si vide in quei frangenti a Grottaminarda non faceva presagire l'immane catastrofe che si era abbattuta in Alta Irpinia e nel mio paese, S.Angelo dei Lombardi. Passammo la notte accampati in uno spazio aperto facendo delle nostre auto rifugio contro il freddo. Molta gente si era riunita in quello spazio. Venne acceso un fuoco, un grande falò con vecchi pneumatici e quasi tutta la notte la trascorremmo intorno a quel fuoco, uniti, stretti dalla comune paura. Le scosse continuarono tutta la notte e fu solo al mattino, verso le 4.30, quando la radio lo annunciò senza mezzi termini, che venimmo a sapere che S:Angelo e Lioni erano stati rasi al suolo. Io e mio marito lasciammo il piccolo Lino ai nonni e ci mettemmo in macchina alla volta di S.Angelo. Non voglio ricordare tutto quel che vidi quando arrivammo in paese, mi fa troppo male, anche se la mia mente ha rimosso le immagini più sconvolgenti ed i ricordi sono come sfocati, immagini di un film visto tanto tempo fa...
Ricordo però il puzzo di cadaveri, la polvere, gli ammassi enormi di calcinacci al posto di case e palazzi, il dolore, la disperazione sul volto dei superstiti e poi un senso di lacerazione profonda nel cuore che, quella sì, è rimasta per tanti anni ancora dopo quel maledetto giorno.
domenica 22 novembre 2015
In memoria
- Si chiamava 2
- Moammed Sceab
- Discendente
- di emiri di nomadi
- suicida
- perché non aveva più
- Patria
- Amò la Francia
- e mutò nome
- Fu Marcel
- ma non era Francese
- e non sapeva più
- vivere
- nella tenda dei suoi 3
- dove si ascolta la cantilena
- del Corano 4
- gustando 5 un caffè
- E non sapeva
- sciogliere
- il canto
- del suo abbandono
- L’ho accompagnato
- insieme alla padrona dell’albergo 6
- dove abitavamo
- a Parigi
- dal numero 5 della rue des Carmes
- appassito 7 vicolo in discesa.
- Riposa 8
- nel camposanto d’Ivry
- sobborgo che pare
- sempre
- in una giornata
- di una 9
- decomposta 10 fiera
- E forse io solo 11
- so ancora
- che visse.
lunedì 16 novembre 2015
Scontro di civiltà?
Ciò che è avvenuto a Parigi venerdì 13 novembre 2015, una vera e
propria operazione militare di quelle che non si erano viste nell’Europa
occidentale dai tempi della seconda guerra mondiale, va esaminato non
solo sotto il profilo della politica internazionale, militare e della
sicurezza, ma anche del significato che occorre attribuirle dal punto di
vista culturale e della ricaduta che potrebbe avere in contesti come
quello dei sistemi educativi europei, sempre più multietnici e
multiculturali.
Perché un conto è ritenere che ci si trovi di fronte a un’azione che, per quanto sanguinosa e condotta in modo organizzato, resta su un terreno politico-militare, che si tratti insomma di un episodio di terrorismo, reso ancora più barbaro dal fatto di aver fatto vittime assolutamente incolpevoli.
Altro è, e su questo va fatta un’approfondita riflessione, giungere alla conclusione che la strage di Parigi restituisca attualità e attendibilità alla teoria dello ‘scontro di civiltà’, proposta tra molte polemiche negli anni novanta dello scorso secolo da Samuel Huntington, secondo il quale, a seguito della crescita economica e demografica di altre civiltà, come quella islamica (o quella cinese, indiana ecc.), il modello di civiltà occidentale, fondato su pluralismo, tolleranza e libertà individuale, sarebbe destinato a entrare in conflitto con altri, come quello islamico, ove prevalgono tendenze integraliste, assolutiste e teocratiche.
Bisogna capire se è questo che sta avvenendo, e se davvero il mondo occidentale deve rassegnarsi ad abbandonare il progetto (che ha radici giudaico-cristiane e percorre tutta la cultura euro-americana, da Kant a Dewey) di una universalizzazione dei diritti e dei valori della sua tradizione politica, filosofica e anche pedagogica, centrata sull’incommensurabile importanza, dignità e valore della persona e della sua vita: quella vita, a partire dalla propria, che i kamikaze islamici di Parigi hanno mostrato di non tenere in alcun conto.
Noi ci auguriamo che quanto accaduto a Parigi non induca il mondo occidentale ad arroccarsi e a rinunciare al dialogo con altre culture, che è l’unica strada che può portare a recidere le radici del fanatismo e dell’ideologia della ‘bella morte’.
[ Da Tuttoscuola.com]
Perché un conto è ritenere che ci si trovi di fronte a un’azione che, per quanto sanguinosa e condotta in modo organizzato, resta su un terreno politico-militare, che si tratti insomma di un episodio di terrorismo, reso ancora più barbaro dal fatto di aver fatto vittime assolutamente incolpevoli.
Altro è, e su questo va fatta un’approfondita riflessione, giungere alla conclusione che la strage di Parigi restituisca attualità e attendibilità alla teoria dello ‘scontro di civiltà’, proposta tra molte polemiche negli anni novanta dello scorso secolo da Samuel Huntington, secondo il quale, a seguito della crescita economica e demografica di altre civiltà, come quella islamica (o quella cinese, indiana ecc.), il modello di civiltà occidentale, fondato su pluralismo, tolleranza e libertà individuale, sarebbe destinato a entrare in conflitto con altri, come quello islamico, ove prevalgono tendenze integraliste, assolutiste e teocratiche.
Bisogna capire se è questo che sta avvenendo, e se davvero il mondo occidentale deve rassegnarsi ad abbandonare il progetto (che ha radici giudaico-cristiane e percorre tutta la cultura euro-americana, da Kant a Dewey) di una universalizzazione dei diritti e dei valori della sua tradizione politica, filosofica e anche pedagogica, centrata sull’incommensurabile importanza, dignità e valore della persona e della sua vita: quella vita, a partire dalla propria, che i kamikaze islamici di Parigi hanno mostrato di non tenere in alcun conto.
Noi ci auguriamo che quanto accaduto a Parigi non induca il mondo occidentale ad arroccarsi e a rinunciare al dialogo con altre culture, che è l’unica strada che può portare a recidere le radici del fanatismo e dell’ideologia della ‘bella morte’.
[ Da Tuttoscuola.com]
venerdì 9 ottobre 2015
venerdì 28 agosto 2015
Estate assassina
Sono stufa, stanca di quest'estate, mi ha massacrata. Il caldo insopportabile, il lavoro in casa da filippina h 24, un'orticaria ricorrente, le punture di zanzara, le notti insonni per l'afa , il forzato divertimento delle solite sagre paesane. Frastuono, musica notturna, folla irrazionale e famelica nei supermercati. .. Basta!!!! Voglio l'autunno. Un autunno placido, mite, riposante, magari in un posto solitario e remoto, lontano , lontano... irraggiungibile!!!
lunedì 29 giugno 2015
Il migliore amico di un uomo
Te ne sei andato
col freddo di febbraio
in mezzo alla neve
mentre ti salutava
con la sua voce
il tuo ultimo amico
vero.
E tutto era candore
fino al cimitero.
[ Pasquale Blasi ]
col freddo di febbraio
in mezzo alla neve
mentre ti salutava
con la sua voce
il tuo ultimo amico
vero.
E tutto era candore
fino al cimitero.
[ Pasquale Blasi ]
domenica 24 maggio 2015
A ciascuno la sua...
“Vi è al mondo una strada, un’unica strada che nessun altro può percorrere salvo te: dove conduce? Non chiedertelo, cammina!” (F. Nietzsche)
giovedì 21 maggio 2015
La Vita Oscilla
La vita oscilla
tra il sublime e l'immondo
con qualche propensione
per il secondo
ne sapremo di più
dopo le ultime elezioni
che si terranno lassù
o laggiù o in nessun luogo
perché siamo già eletti
tutti quanti
e chi non lo fu
sta assai meglio quaggiù
e quando se ne accorge
è troppo tardi.
Les jeux sont faits
dice il croupier, per l'ultima volta
e il suo cucchiaione
spazza le carte.
tra il sublime e l'immondo
con qualche propensione
per il secondo
ne sapremo di più
dopo le ultime elezioni
che si terranno lassù
o laggiù o in nessun luogo
perché siamo già eletti
tutti quanti
e chi non lo fu
sta assai meglio quaggiù
e quando se ne accorge
è troppo tardi.
Les jeux sont faits
dice il croupier, per l'ultima volta
e il suo cucchiaione
spazza le carte.
( Eugenio Montale)
domenica 10 maggio 2015
Lettera alla Madre
«Mater dolcissima, ora scendono le nebbie,
il Naviglio urta confusamente sulle dighe,
gli alberi si gonfiano d'acqua, bruciano di neve;
non sono triste nel Nord: non sono
in pace con me, ma non aspetto
perdono da nessuno, molti mi devono lacrime
da uomo a uomo. So che non stai bene, che vivi
come tutte le madri dei poeti, povera
e giusta nella misura d'amore
per i figli lontani. Oggi sono io
che ti scrivo.» - Finalmente, dirai, due parole
di quel ragazzo che fuggì di notte con un mantello corto
e alcuni versi in tasca. Povero, così pronto di cuore
lo uccideranno un giorno in qualche luogo. -
«Certo, ricordo, fu da quel grigio scalo
di treni lenti che portavano mandorle e arance,
alla foce dell'Imera, il fiume pieno di gazze,
di sale, d'eucalyptus. Ma ora ti ringrazio,
questo voglio, dell'ironia che hai messo
sul mio labbro, mite come la tua.
Quel sorriso m'ha salvato da pianti e da dolori.
E non importa se ora ho qualche lacrima per te,
per tutti quelli che come te aspettano,
e non sanno che cosa. Ah, gentile morte,
non toccare l'orologio in cucina che batte sopra il muro
tutta la mia infanzia è passata sullo smalto
del suo quadrante, su quei fiori dipinti:
non toccare le mani, il cuore dei vecchi.
Ma forse qualcuno risponde? O morte di pietà,
morte di pudore. Addio, cara, addio, mia dolcissima mater.»
Salvatore Quasimodo
il Naviglio urta confusamente sulle dighe,
gli alberi si gonfiano d'acqua, bruciano di neve;
non sono triste nel Nord: non sono
in pace con me, ma non aspetto
perdono da nessuno, molti mi devono lacrime
da uomo a uomo. So che non stai bene, che vivi
come tutte le madri dei poeti, povera
e giusta nella misura d'amore
per i figli lontani. Oggi sono io
che ti scrivo.» - Finalmente, dirai, due parole
di quel ragazzo che fuggì di notte con un mantello corto
e alcuni versi in tasca. Povero, così pronto di cuore
lo uccideranno un giorno in qualche luogo. -
«Certo, ricordo, fu da quel grigio scalo
di treni lenti che portavano mandorle e arance,
alla foce dell'Imera, il fiume pieno di gazze,
di sale, d'eucalyptus. Ma ora ti ringrazio,
questo voglio, dell'ironia che hai messo
sul mio labbro, mite come la tua.
Quel sorriso m'ha salvato da pianti e da dolori.
E non importa se ora ho qualche lacrima per te,
per tutti quelli che come te aspettano,
e non sanno che cosa. Ah, gentile morte,
non toccare l'orologio in cucina che batte sopra il muro
tutta la mia infanzia è passata sullo smalto
del suo quadrante, su quei fiori dipinti:
non toccare le mani, il cuore dei vecchi.
Ma forse qualcuno risponde? O morte di pietà,
morte di pudore. Addio, cara, addio, mia dolcissima mater.»
Salvatore Quasimodo
martedì 5 maggio 2015
INCONTRO CON L'AUTORE GIANCARLO VISITILLI
ANNO
SCOLASTICO 2015
TITOLO
DEL LIBRO: E LA FELICITA', PROF?
Benvenuto
tra noi, collega.
La
chiamo collega, anche se per i ragazzi è l'autore del libro che
quest'anno tratta temi che li riguardano molto da vicino. Come vede,
l'accogliamo in una sede che non è la nostra scuola ma del Comune di
Mirabella Eclano. Noi infatti non disponiamo né di un'aula magna né
di una palestra, siamo in attesa che finiscano i lavori di
ampliamento della nostra struttura da almeno un ventennio. Per la
verità, noi docenti al momento non abbiamo nemmeno un buco dove
riunirci, anche solo per depositare le borse, sederci e scambiare
qualche battuta. Ma questa è un'altra storia. Mi ripropongo di
scrivere anch'io un libro sui disagi di noi insegnanti nel tempo
della Spending Review (questa bella espressione che ha soppiantato la
nostra Revisione della spesa pubblica), in virtù della quale ci
stiamo adattando a ristrettezze e disservizi inaccettabili per un
paese civile. Ma tutto questo troverà forse soluzione nel Disegno di
legge La Buona Scuola del governo Renzi. Naturalmente noi ce lo
auguriamo, incrociando le dita.
Dunque,
la sua venuta qui, lei lo sa bene, rientra nell'ambito del Progetto
Einaudi che noi abbiamo accolto nel nostro POF da diversi anni
denominandolo Incontro con l'autore. Gli obiettivi di tale progetto
sono di motivare i giovani alla lettura, sviluppare la capacità di
confrontarsi tra loro e con il mondo degli adulti, sviluppare la
capacità di critica e comprendere le problematiche della società
attuale. A dire il vero, non fatichiamo molto a motivare i ragazzi
alla lettura di libri, molti lo fanno autonomamente nella nostra
scuola. Voglio dire che la nostra utenza è molto motivata al dialogo
culturale e all'apprendimento e siamo perciò veramente fortunati, da
questo punto di vista. Il nostro è un Istituto Superiore che
comprende vari indirizzi, ma il fiore all'occhiello è il Liceo
scientifico che conta oltre 600 alunni, anche se il liceo classico,
il liceo delle Scienze applicate e quello musicale stanno ottenendo
un discreto successo formativo sul territorio. Lo stesso dicasi per
l'ITC E L'Istituto professionale per i servizi commerciali. Ci
troviamo infatti in una zona di confluenza di più paesi, tutti più
o meno simili e poco distanti fra loro, con caratteristiche
paesaggistiche pittoresche e suggestive e con dinamiche sociali
relativamente semplici, improntate a stili di vita ancora modesti,
anche per l'arretratezza strutturale propria delle zone interne del
Mezzogiorno. L'ambiente in cui vivono i giovani che frequentano la
nostra scuola è alquanto ristretto ed isolato, manca di
organizzazioni e di strutture capaci di dare stimoli di vita più
attiva, di offrire opportunità di scambi e di incontri. La scuola è
perciò ancora il riferimento fondamentale non solo per la crescita
morale e civile dei giovani, ma anche il centro di irradiazione di
una cultura dinamica, operativa di tutto il territorio. Ma,
soprattutto, i ragazzi che scelgono il nostro indirizzo credono,
credono ancora fermamente nella scuola e nell'opportunità che essa
offre loro per un riscatto sociale ed uno sbocco lavorativo. Forse
per questo sono un po' distanti dai ragazzi che abbiamo conosciuto
attraverso il racconto del suo libro. Non che non abbiano anche loro
i problemi, i disagi nonché i sogni propri dell'adolescenza, ma a me
sembra che i nostri abbiano una meta da raggiungere, delle ambizioni
precise. Vede, la scuola non è uguale per tutti, lei lo sa bene, e
se è vero che tanti problemi accomunano le scuole d'Italia come la
mancanza di palestre, le strutture fatiscenti, programmi obsoleti, è
anche vero che i diversi indirizzi rappresentano realtà diverse,
specie dal punto di vista sociale. E' triste ammetterlo, ma è così.
Dal
suo libro, che a me sembra il diario di un anno scolastico in una
scuola della periferia di Bari, sicuramente simile a tante altre del
nostro Sud, emerge una realtà amara di una scuola che accoglie i
figli del proletariato urbano e suburbano, disagiati e culturalmente
deprivati, senza motivazione a credere nella opportunità che la
scuola offre. E' inutile dire che purtroppo la scuola italiana non è
democratica e che fa la differenza tra scuole di serie A e scuole di
serie B. Questo per me è un gap che tende, tra l'altro, ad
aggravare il già conclamato divario tra il Nord ed il Sud del paese
Italia.
Ho
trovato il suo libro interessante, e per certi versi anche originale,
in quanto finora la trattazione del tema scuola ha privilegiato il
punto di vista del docente frustrato e avvilito in un ruolo che tende
sempre più ad evaporare nei fumi della comunicazione di massa,
schiacciato ed umiliato, per giunta, dai miracoli di Internet. Io
stessa ho scritto un libro sul tema scuola, anzi sull'educazione
ancora possibile (il titolo è infatti La ginnastica dell'anima,
l'educazione possibile), come risposta ad un saggio di Neil Postman,
docente universitario di New York il quale nel libro La fine
dell'educazione, con straordinaria chiarezza descrive la crisi
dell'istruzione contemporanea individuando nella fine delle grandi
storie della democrazia e della partecipazione civile la fine
dell'educazione. Egli prospetta la fine ma anche un nuovo inizio del
processo educativo. Ed io su questa scia ho prospettato come
possibile la pedagogia desanctisiana che mirava alla educazione della
coscienza attraverso la letteratura. Ma il suo libro, lungi
dall'essere una sterile trattazione di un tema oramai consumato, è
uno spaccato realistico di vite quotidiane di giovani sempre più
disillusi, alle prese con i problemi familiari come la mancanza di
lavoro, separazioni, disgregazione del tessuto familiare. Giovani
vittime degli spot pubblicitari, con manie di uniformarsi agli idoli
televisivi, incapaci di trovare la strada giusta per la realizzazione
di sé. Ma il problema di tutti non è sempre il problema di ciascuno
e quindi nella sua narrazione balzano fuori prepotentemente le storie
dei singoli: Mimmo e il suo amore per Alessandra, Radu, diciottenne
rumeno e la sua difficile integrazione, Valentina vittima
dell'anoressia, Giulia in attesa del frutto del suo primo amore,
Andrea e il suicidio del padre imprenditore, a causa della crisi, e
tanto altro. Ma come può un insegnante caricarsi di un simile
fardello e farsi maestro di vita per tutti? Come può arrogarsi il
diritto di entrare nella vita personale dei propri alunni? Questa
domanda me la son sempre posta , ma la risposta tarda ancora a
venire. Ammiro moltissimo il suo tentativo di farsi interprete del
pensiero di Don Milani riproponendo una sorta di Scuola di Barbiana,
ma non credo che nei nostri tempi si possa immaginare niente di
simile. Oggi il compito del docente è ancora da definire.
lunedì 13 aprile 2015
Viaggiare...sì, viaggiare!!!
Per me il viaggio coincide sempre con l'esigenza tutta interiore di un cambiamento repentino di rotta nel percorso abituale, di routine ossessivamente tediosa. Quando decido d'intraprendere un viaggio è perché mi urge dentro il bisogno di uno spostamento fisico nello spazio ma anche nel tempo, in una dimensione immaginata come futura rispetto alla vita presente statica, cristallizzata in forme immutabili. Ogni viaggio per me rappresenta un possibile non ritorno, mi piace immaginare di perdermi in un luogo indefinito dove rinascere a nuova vita. Chissà se altrove potrei scrollarmi di dosso la pesante corazza sotto cui ho nascosto la mia vera identità, dove ho represso i miei sentimenti più veri, le mie aspirazioni più autentiche! La mia condizione è analoga a quella del protagonista de Il fu Mattia Pascal nel celebre romanzo pirandelliano. Anch'io sono alla ricerca di una nuova identità in un altro luogo, fuori della mia vita reale. Anch'io, come i personaggi pirandelliani, desidero liberarmi della forma che reprime il mio slancio vitale. Allora, come uscire dalle trappole, se non partendo!? ...
Partire è un po' come morire, recita un vecchio adagio, ma può anche significare rinascere, rinnovarsi, aprirsi ad una nuova vita, lasciandosi alle spalle tutti gli errori commessi... Che bello sarebbe, per esempio, uscire dalla prigionia del mio ruolo di moglie e di casalinga costretta forzatamente ai lavori domestici! Il ruolo di moglie mi pesa soprattutto, perché il mio compagno non ha slanci ideali ma vive tutto compreso nel contingente immediato. Lui è il mio antagonista, non fa che reprimere ogni mio tentativo di elevare spiritualmente il livello di vita vissuta, che so, magari prendendo parte ad un'associazione di volontariato, culturale, o anche religiosa, perché no, purché esuli dalle incombenze materiali quotidiane e ripetitive quali fare la spesa, cucinare, lavare, stirare, rassettare, calcolare spese, pagare bollette, fino a non poterne più! Ma basta cambiare luogo per liberarsi di tutti gli affanni?
Partire è un po' come morire, recita un vecchio adagio, ma può anche significare rinascere, rinnovarsi, aprirsi ad una nuova vita, lasciandosi alle spalle tutti gli errori commessi... Che bello sarebbe, per esempio, uscire dalla prigionia del mio ruolo di moglie e di casalinga costretta forzatamente ai lavori domestici! Il ruolo di moglie mi pesa soprattutto, perché il mio compagno non ha slanci ideali ma vive tutto compreso nel contingente immediato. Lui è il mio antagonista, non fa che reprimere ogni mio tentativo di elevare spiritualmente il livello di vita vissuta, che so, magari prendendo parte ad un'associazione di volontariato, culturale, o anche religiosa, perché no, purché esuli dalle incombenze materiali quotidiane e ripetitive quali fare la spesa, cucinare, lavare, stirare, rassettare, calcolare spese, pagare bollette, fino a non poterne più! Ma basta cambiare luogo per liberarsi di tutti gli affanni?
domenica 5 aprile 2015
Pasqua: Risurrezione del Signore
Victimae paschali laudes immolent christiani. Agnus redemit oves: Christus innocens Patri reconciliavit peccatores. Mors et vita duello conflixere mirando: dux vitae mortuus, regnat vivus.
Dic nobis, Maria: quid vidisti in via? Sepulcrum Christi viventis: et gloriam vidi resurgentis; Angelicos testes, sudarium et vestes. Surrexit Christus, spes mea: praecedet suos in Galileam.
Scimus Christum surrexisse a mortuis vere: tu nobis, victor Rex, miserere.
Dic nobis, Maria: quid vidisti in via? Sepulcrum Christi viventis: et gloriam vidi resurgentis; Angelicos testes, sudarium et vestes. Surrexit Christus, spes mea: praecedet suos in Galileam.
Scimus Christum surrexisse a mortuis vere: tu nobis, victor Rex, miserere.
venerdì 3 aprile 2015
lunedì 23 marzo 2015
Visita ad Atene
Sono arrivata ad Atene carica di ricordi e di pregiudizi scolastici. Cercavo con gli occhi le antiche vestigia che mi parlassero della straordinaria grandezza di questa città, della sua storia millenaria. Mi venivano in mente i nomi di Dracone, Solone, Clistene, Pericle, Alessandro Magno...
La città propende tutta verso l'alto e guarda dall'alto il brulicare della metropoli moderna. Ho provato strane emozioni salendo sull'Acropoli attraverso piccoli sentieri tra rocce e boscaglie, mi sentivo piena di orgoglio, consapevole di trovarmi nel cuore della civiltà occidentale. Al cospetto del Partenone mi sono inchinata a tanta grandezza, a un patrimonio dell'ingegno umano così portentoso. Mi è venuto di pensare che la Grecia siamo noi, tutti noi europei e perciò non dobbiamo abbandonarla al suo destino nel momento più difficile della sua storia.
La città propende tutta verso l'alto e guarda dall'alto il brulicare della metropoli moderna. Ho provato strane emozioni salendo sull'Acropoli attraverso piccoli sentieri tra rocce e boscaglie, mi sentivo piena di orgoglio, consapevole di trovarmi nel cuore della civiltà occidentale. Al cospetto del Partenone mi sono inchinata a tanta grandezza, a un patrimonio dell'ingegno umano così portentoso. Mi è venuto di pensare che la Grecia siamo noi, tutti noi europei e perciò non dobbiamo abbandonarla al suo destino nel momento più difficile della sua storia.
martedì 24 febbraio 2015
Anche per la questione scuola (anzi soprattutto) lo scontro si consuma sul terreno della finanza pubblica. Quanti soldi sono destinati alla scuola? Quale uso si farà del denaro che pioverà (se pioverà) sulla scuola italiana? Ammettiamo pure che ci sia urgente bisogno di ristrutturare edifici, di abbellirli, di dotarli di laboratori nuovi e di palestre, ma pensate veramente che si risolverà il problema della scuola, che è, a mio avviso, strutturale e perciò educativo, in primo luogo?
martedì 17 febbraio 2015
Ora serrata retinae
Di sera quando è poca la luce,
nascosto dentro il letto
colgo i profili dei ragionamenti
che scorrono sul silenzio delle membra.
È qui che devo tessere 5
l’arazzo del pensiero
e disponendo i fili di me stesso
disegnare con me la mia figura.
Questo non è un lavoro
ma una lavorazione. 10
Della carta prima, poi del corpo.
Suscitare la forma del pensiero,
sagomarla secondo una misura.
Penso ad un sarto
che sia la sua stessa stoffa. 15
V. Magrelli
sabato 14 febbraio 2015
S. Valentino, la festa dell'amore sognato
L’amore, quello dei sogni, dei fiori , dei cioccolatini e dei baci dura una sola stagione. E la mia è ormai passata. Da un pezzo. Oggi il mio "amore" ha quarant'anni di vita sulle spalle e tante, tante dolorose esperienze. Non che esse siano eccezionalmente dolorose ma sono le esperienze che ti segnano mettendoti i piedi saldamente per terra: due figli, il lavoro, la casa, una routine faticosa, senza uno svago, un riposo, quello vero, che ti liberi la mente e ti alleggerisca il pensiero. L'amore è solo quello dei sedici anni, quando il cuore palpita di forti emozioni e tutto ti sembra risponda all'espansione di te e del tuo essere al mondo. Oggi l'amore ha la consistenza dei giorni che passano rapidi inesorabili e pieni di cose concrete, grige e senza sogni. D'altronde sarebbe falso non dire che tutti gli amori coniugali sono fatti così, per giunta con furibondi litigi, piatti rotti scaraventati contro i muri e imprecazioni piene di astio. Le donne sposate non amano più, sono madri, sopportano i mariti giorno dopo giorno e si lasciano andare. Escono di casa tutte meste, infagottate in abiti scuri e dimessi, sempre pronte ad accontentare i desideri dei figli, a sopprimere i propri, perché il loro momento di
gloria è passato. Se non lo accettano, allora fanno ridere e pena. Trovo ridicolo, perciò, e profondamente ipocrita, scambiarsi doni in questa ricorrenza, come se il tempo non fosse passato, come se il cuore palpitasse ancora d'amore sincero. Penso che sia il modo di raccontarsi non la vita che si vive ma la menzogna consapevole di una vita immaginaria.
mercoledì 4 febbraio 2015
Il tedio
"Chi ha un dio non prova mai tedio. Il tedio è la mancanza di una mitologia. Per chi è privo di fede perfino il dubbio è impossibile, perfino lo scetticismo non ha la forza di dubitare. Si, il tedio è questo: la perdita dentro l'anima della capacità di illusione, la mancanza nel pensiero delle scale inesistenti grazie alle quali il pensiero ascende fiducioso fino alla verità".
Fernando Pessoa
Fernando Pessoa
giovedì 29 gennaio 2015
Mi scusi presidente
Mi scusi Presidente
ma questo nostro Stato
che voi rappresentate
mi sembra un po' sfasciato.
E' anche troppo chiaro
agli occhi della gente
che tutto è calcolato
e non funziona niente.
Sarà che gli italiani
per lunga tradizione
son troppo appassionati
di ogni discussione.
Persino in parlamento
c'è un'aria incandescente
si scannano su tutto
e poi non cambia niente.
Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.
Mi scusi Presidente
dovete convenire
che i limiti che abbiamo
ce li dobbiamo dire.
Ma a parte il disfattismo
noi siamo quel che siamo
e abbiamo anche un passato
che non dimentichiamo.
Mi scusi Presidente
ma forse noi italiani
per gli altri siamo solo
spaghetti e mandolini.
Allora qui mi incazzo
son fiero e me ne vanto
gli sbatto sulla faccia
cos'è il Rinascimento.
Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.
Questo bel Paese
forse è poco saggio
ha le idee confuse
ma se fossi nato in altri luoghi
poteva andarmi peggio.
Mi scusi Presidente
ormai ne ho dette tante
c'è un'altra osservazione
che credo sia importante.
Rispetto agli stranieri
noi ci crediamo meno
ma forse abbiam capito
che il mondo è un teatrino.
Mi scusi Presidente
lo so che non gioite
se il grido “Italia, Italia”
c'è solo alle partite.
Ma un po' per non morire
o forse un po' per celia
abbiam fatto l'Europa
facciamo anche l'Italia.
Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.
Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo
per fortuna o purtroppo
per fortuna
per fortuna lo sono.
G.G.
ma questo nostro Stato
che voi rappresentate
mi sembra un po' sfasciato.
E' anche troppo chiaro
agli occhi della gente
che tutto è calcolato
e non funziona niente.
Sarà che gli italiani
per lunga tradizione
son troppo appassionati
di ogni discussione.
Persino in parlamento
c'è un'aria incandescente
si scannano su tutto
e poi non cambia niente.
Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.
Mi scusi Presidente
dovete convenire
che i limiti che abbiamo
ce li dobbiamo dire.
Ma a parte il disfattismo
noi siamo quel che siamo
e abbiamo anche un passato
che non dimentichiamo.
Mi scusi Presidente
ma forse noi italiani
per gli altri siamo solo
spaghetti e mandolini.
Allora qui mi incazzo
son fiero e me ne vanto
gli sbatto sulla faccia
cos'è il Rinascimento.
Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.
Questo bel Paese
forse è poco saggio
ha le idee confuse
ma se fossi nato in altri luoghi
poteva andarmi peggio.
Mi scusi Presidente
ormai ne ho dette tante
c'è un'altra osservazione
che credo sia importante.
Rispetto agli stranieri
noi ci crediamo meno
ma forse abbiam capito
che il mondo è un teatrino.
Mi scusi Presidente
lo so che non gioite
se il grido “Italia, Italia”
c'è solo alle partite.
Ma un po' per non morire
o forse un po' per celia
abbiam fatto l'Europa
facciamo anche l'Italia.
Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.
Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo
per fortuna o purtroppo
per fortuna
per fortuna lo sono.
G.G.
venerdì 23 gennaio 2015
Alì dagli Occhi Azzurri
Pier Paolo Pasolini
Alì dagli Occhi Azzurri uno dei tanti figli di figli, scenderà da Algeri, su navi a vela e a remi.Saranno con lui migliaia di uomini coi corpicini e gli occhi di poveri cani dei padri sulle barche varate nei Regni della Fame. Porteranno con sè i bambini, e il pane e il formaggio, nelle carte gialle del Lunedì di Pasqua. Porteranno le nonne e gli asini, sulle triremi rubate ai porti coloniali. Sbarcheranno a Crotone o a Palmi, a milioni, vestiti di stracci asiatici,e di camicie americane. Subito i Calabresi diranno, come da malandrini a malandrini: " Ecco i vecchi fratelli, coi figli e il pane e formaggio!" Da Crotone o Palmi saliranno a Napoli, e da lì a Barcellona, a Salonicco e a Marsiglia, nelle Città della Malavita. Anime e angeli, topi e pidocchi, col germe della Storia Antica voleranno davanti alle willaye. Essi sempre umili essi sempre deboli essi sempre timidi essi sempre infimi essi sempre colpevoli essi sempre sudditi essi sempre piccoli, essi che non vollero mai sapere, essi che ebbero occhi solo per implorare, essi che vissero come assassini sotto terra, essi che vissero come banditi in fondo al mare, essi che vissero come pazzi in mezzo al cielo, essi che si costruirono leggi fuori dalla legge, essi che si adattarono a un mondo sotto il mondo essi che credettero in un Dio servo di Dio, essi che cantavano ai massacri dei re, essi che ballavano alle guerre borghesi, essi che pregavano alle lotte operaie...
martedì 20 gennaio 2015
sabato 17 gennaio 2015
La scuola come antidoto contro la violenza
Quando nel mondo dilaga la violenza e l'orrore, come è accaduto nei giorni scorsi a Parigi, mi accorgo che fare l'insegnante è il mestiere più bello del mondo. Infatti chi può dare messaggi di verità, di bellezza, di giustizia più dell'insegnante, attraverso la letteratura, la filosofia, l'arte?
lunedì 5 gennaio 2015
Quando si spegne una stella
Stamani la terribile notizia: è morto Pino Daniele. Si è spenta una stella che brillava di luce propria nel firmamento delle luci riflesse. L'autenticità connotava il suo stile, il suo modo di trattare la musica facendone un mezzo formidabile di comunicazione immediata e profonda di sentimenti e passione...
Non era soltanto la voce di Napoli, delle sue vie, dei quartieri e dei bassi, del sole e del mare. Era la voce del Sud, il suo lamento perenne, la sua voglia di riscatto, la sua ribellione di fronte ai soprusi dei potenti. Ha cantato la bellezza, l'amore, l'amicizia e tutti i sentimenti più nobili. Ci ha fatto sentire vicini, compagni in un destino comune, ci ha fatto sognare e sperare nei momenti più bui. Era veramente una stella luminosa che guidava il cammino nel nostro sentiero spesso privo di luce!
Non era soltanto la voce di Napoli, delle sue vie, dei quartieri e dei bassi, del sole e del mare. Era la voce del Sud, il suo lamento perenne, la sua voglia di riscatto, la sua ribellione di fronte ai soprusi dei potenti. Ha cantato la bellezza, l'amore, l'amicizia e tutti i sentimenti più nobili. Ci ha fatto sentire vicini, compagni in un destino comune, ci ha fatto sognare e sperare nei momenti più bui. Era veramente una stella luminosa che guidava il cammino nel nostro sentiero spesso privo di luce!
Iscriviti a:
Post (Atom)