Lezione di Romano Luperini "Il romanzo nel postmoderno"
Ieri, 7 febbraio, ho portato la mia classe, una quinta del liceo scientifico, ad ascoltare una lezione di Romano Luperini presso il Liceo scientifico di Montella. Intendo riassumerla, per me stessa, ma soprattutto per i miei studenti, giacché sono quasi certa che si siano distratti un pò... Dunque, Luperini ha voluto esordire sottolineando la differenza fra Postmoderno e Postmodernismo. Con la prima accezione, infatti, dobbiamo riferirci ad una particolare fase storica coincidente con il tardo capitalismo, nata in Europa negli anni '70, in America a ridosso della fine della seconda guerra mondiale. Senza indulgere troppo sugli aspetti propriamente economici, politici e sociali, Luperini ha insistito sulle caratteristiche culturali del postmoderno, definendo postmodernismo appunto la cultura che si diffonde negli anni 70-90 con alcune precise connotazioni, che ha così riassunto in 4 Punti:
Fine delle ideologie: Le spiegazioni complessive sulla vita, quali erano state fino ad allora il marxismo, la psicoanalisi e lo strutturalismo non danno più alcuna certezza e viceversa domina su tutto un relativismo nichilistico teorizzato da Nietzche ed Heidegger. Luperini ha definito ilare(cioè compiaciuto e quasi divertito) il nichilismo nel postmoderno sottolineando la quasi totale assenza, rispetto al relativismo del '900, dell'angoscia esistenziale.
Centralità del linguaggio: il linguaggio domina il mondo; non esistono i fatti ma solo interpretazioni, finanche la storia non è che retorica, non veritiera (negazionismo e revisionismo). Si afferma la fine della storia, l'immobilità del reale. Impossibile quindi è la produzione del nuovo e non rimane che la ripetizione del già noto. Nella letteratura, come anche nel cinema, nel teatro, nelle arti, gli autori non si rapportano più alla realtà ma ad altri autori... L'intertestualità è l'orizzonte della scrittura mentre la forma è il citazionismo. Assistiamo pertanto nell'attuale letteratura ad una metaletteratura o riscrittura.
La fine della mimesis ovvero della referenzialità: nel Postmoderno o meglio nell'arte del postmoderno la realtà degli oggetti si sostituisce con i nomi della realtà (il nominalismo) : un nome, esempio il nome della rosa, rinvia al suo concetto astratto. Insomma, se tutto è linguaggio, lo scrittore non si rapporta più con la realtà e si annulla il concetto stesso di avanguardia il quale presuppone lo scontro con una realtà che si vuole modificare .
Crisi degli intellettuali: Gli scrittori non fanno più gli intellettuali che sanno di tutto e possono perciò intervenire su tutto, dando un'interpretazione complessiva della realtà. In questo senso Calvino, Pasolini, Sciascia, Fortini sono stati gli ultimi intellettuali impegnati. Dopo di loro si può dire che è cominciato il Postmoderno. Oggi l'unica mediazione con il pubblico è data agli scrittori dall'industria culturale la quale lancia lo scrittore come un prodotto qualsiasi e poi capita che quest'ultimo non lasci traccia di sé per lungo tempo. Possiamo distinguere per il momento 3 generazioni del Postmoderno, che sono le seguenti:
Tondelli, Busi e Tabucchi si riferiscono ancora a modelli letterari
Scarpa, Niccolò Ammaniti (i cosiddetti cannibali) hanno come riferimento televisione, cinema, fumetti e quant'altro è reperibile fra i generi bassi. Essi ignorano l'italiano letterario standard, parlano un inglese posticcio, un americanismo d'accatto.
Una terza generazione nel Postmoderno fa intravedere un ritorno alla realtà (Gomorra di Saviano, Sandokan di Balestrini). E' chiaro che gli ultimi avvenimenti della nostra storia quali Le torri gemelle, Le guerre del Golfo, La crisi economica ripropongono le contraddizioni e lo scontro con la realtà. Si potrebbe assistere ad una politicizzazione degli intellettuali, in una forma del tutto nuova. Saviano è l'intellettuale delle periferie, il ragazzo precario che in scooter va sui luoghi del malaffare per documentare, per fare un reportage... Saviano rappresenta quindi una nuova forma di intellettuale, sradicato, escluso, ma in grado di rappresentare tutti gli esclusi. Il Posmodernismo è dunque finito? Sembrerebbe di si.
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