domenica 11 gennaio 2009

Problemi educativi e metodi d'insegnamento


Ho letto da qualche parte, non so dove (mi spiace), la seguente asserzione: " I testi che i ragazzi producono durante l'interrogazione sono agrammaticali e poco coesi, quando non incongruenti, ma di registro alto... brandelli di lingua scritta che l'insegnante bada a riformulare correttamente". Questo vuol dire esattamente che i ragazzi non hanno nemmeno un barlume di quello che dovrebbe essere un pensiero critico autonomo. Parlo ovviamente di ragazzi di un triennio di liceo; sarebbe dunque provato che siamo lontani da una valutazione oggettiva nella scuola, e che anzi molto spesso sbagliamo attribuendo voti alti basandoci quasi esclusivamente sulla padronanza linguistica e sulla capacità di memoria. Niente di più sbagliato!
La vera educazione, la vera crescita culturale deve essere misurata in rapporto ad una presa di coscienza critica dei testi e della realtà in modo da poter agire e reagire in maniera realistica. Ma poi, dov'è la morale nell'attribuire dei buoni voti per un impegno puramente nozionistico, che nulla aggiunge alla crescita umana e sociale dell'allievo? Lo stesso esame finale, anziché garantire la serietà dei programmi svolti e valutare l'esito formativo dei singoli allievi, non fa altro che ripetere una specie di farsa tecnico-burocratica, quella stessa che applichiamo nelle verifiche quadrimestrali, con qualche attenuante in più. Si pone dunque l'esigenza di un metodo scientifico applicato alla didattica e credo che esso debba essere rigorosamente proprio di ogni disciplina, siano esse scientifiche o storico-letterarie. Lo stesso Popper lo sosteneva, annullando la classica dicotomia fra scienza e discipline umanistiche: "Il metodo delle congetture e confutazioni sono praticate da entrambe le discipline, nella ricostruzione di un testo come nella costruzione di una teoria della relatività". Chi potrebbe mai pensare che nella scuola italiana persino le discipline scientifiche vengono insegnate secondo un metodo non scientifico? E chi mai accetterebbe, invece, che in un liceo scientifico l'unica esperienza alla quale, sia pure inconsapevolmente, si applica un metodo scientifico è la traduzione dal latino o dall'inglese? La ricerca scientifica consiste nel tentare la soluzione dei problemi e su di essi e sulla loro individuazione dovrebbe basarsi la didattica; bisognerebbe dunque concepire l'insegnamento come opportunità di discussione a partire dalla storia, la letteratura, l'arte, la filosofia, ecc. Nella scuola invece tutto tende ad ostacolare il pensiero critico: i libri di testo, in primis, rendono in questo senso un pessimo servizio, noiosi e superficiali come sono. Il problema é che i libri di testo faciltano molto il compito degli insegnanti e sono invece una vera sciagura per l'intelligenza dei ragazzi, essi di fatto promuovono il dogmatismo e l'apprendimento superficiale. Provate ad osservare ad esempio un manuale di storia, quale testo promuove un dibattito storiografico? O quale testo consente un qualsivoglia approfondimento tematico? Oppure, avete mai guardato attentamente un manuale di letteratura? Le nuove impostazioni prevedono degli esercizi di analisi testuale già svolti, con un enorme apparato di note, motivo per cui i ragazzi spesso neanche li leggono.Spesso mi capita di preparare dei questionari di verifica con domande che invitano alla riflessione e alla critica, oppure delle prove strutturate per misurare i livelli di competenza, ma i ragazzi faticano molto ad andare al di là di un mero nozionismo oppure di uno sciocco conformismo. Per evitare difficoltà nella comunicazione educativa, ma soprattutto onde evitare di registrare insuccessi nelle interrogazioni orali, sono costretta ad accettare lo sterile sciorinamento di nozioni cui sono abituati, questo per evitare di mettere a nudo una realtà che ufficialmente non viene riconosciuta. O meglio, diciamo pure che gran parte dei docenti ha il terrore di essere ritenuto responsabile del basso profilo culturale della propria classe, per cui la valutazione in tutte le discipline tende sempre in alto, a prescindere dalla qualità dell'insegnamento/apprendimento. Lo stesso conformismo a tale sistema di valutazione si verifica per la letteratura italiana e latina quanto per la storia, per la filosofia, la storia dell'arte, e credo finanche per la matematica e le scienze. Nessuno pensa alle conseguenze di una simile azione educativa: i ragazzi vengono educati alla superficialità, all'approssimazione in un qualunque tipo di approccio, anche nelle più semplici operazioni della vita pratica. Ma non è solo questo. In un simile scenario, di appiattimento generale, non mancano nemmeno le influenze o le pressioni esterne di persone che subdolamente hanno introdotto anche nella scuola certe "pratiche", tipiche dei centri di potere politico-amministrativo, per cui all'interno di un'istituzione educativa si riproducono esattamente quei comportamenti e quelle relazioni sociali che specialmente nel nostro Sud stanno determinando la dissoluzione della legalità e delle regole del vivere civile. I ragazzi sono sempre più consapevoli di questo, forse anche per questo non credono molto nella scuola. Me lo ripetono tutte le volte che tento di sublimare l'istruzione, la cultura, la scuola: "Tanto lo sappiamo che andranno avanti solo i raccomandati!" Questo è l'insegnamento che dà la scuola? Su questi fondamenti basa la sua azione di formazione della persona e delle norme che regolano la sua condotta? E' indubbio che il sistema e la pratica della valutazione nella scuola italiana necessitano quantomeno di una revisione, per non parlare della competenza professionale dei docenti. Cito le parole di Vertecchi: "La valutazione coinvolge fortemente l'affettività degli allievi, determinando in buona misura la qualità dei loro atteggiamenti nei confronti della scuola". Io personalmente la considero il momento più importante di tutta l'azione educativa. Ogni qualvolta devo esprimere la mia valutazione con un voto, provo una forte sensazione di disagio, lo stesso che provavo ai tempi del liceo, quando percepivo che mi si faceva un'ingiustizia. Per quel che mi riguarda, io non valuto soltanto le conoscenze specifiche delle mie discipline, poco m'importa se il ragazzo non conosce la vita e le opere di un autore, se non ricorda la battaglia di Salamina o il fiume più lungo del Canada, io valuto i progressi nello sviluppo della sua personalità, i suoi livelli di strutturazione mentale, i livelli di espressione e comunicazione, di conoscenza scientifica e di socializzazione, di ragionamento, di creatività, conseguenti alle modifiche della sua situazione di partenza. Non è un'impresa facile, lo ammetto, una valutazione attenta e critica richiede una maggiore frequenza di verifiche e quindi un maggior carico di lavoro per la produzione di materiale e di strumenti vari, da inventare ogni volta. Sarebbe d'uopo pertanto compensare adeguatamente i docenti impegnati nel difficile compito della valutazione mediante l'uso di strumenti obbligatori, quali l'interrogazione orale ma soprattutto le prove scritte. Insisto col dire che la valutazione è l'aspetto fondamentale della attività didattica e soprattutto alle superiori essa implica una necessaria quanto doverosa selezione per non consentire alle persone impreparate di accedere alle professioni o ad un lavoro, a discapito dell'intera collettività. L'alternativa è trovarci medici incapaci o ingegneri che fanno crollare i ponti!

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