Si può insegnare la poesia nella scuola? Intendo dire insegnare come si fa una poesia? Mi verrebbe da dire no, perché la poesia la si deve praticare, essa infatti significa etimologicamente creare, fare, per un istinto quasi naturale. Eppure il problema a scuola ce lo poniamo, almeno noi insegnanti di italiano, quando ci troviamo di fronte alle difficoltà oggettive non dico di comporre una poesia, ma di analizzarla e di comprenderla. Si dice spesso che i giovani non sentano il bisogno di poesia, ma ciò non può essere vero per nessuno, tanto meno per i giovani. Essi piuttosto si nutrono di un’altra poesia, di quella dei cantautori, per intenderci, più semplice e quindi più alla portata della loro comprensione, perché di questo hanno bisogno, di una facilità di apprendimento che gli consenta di godere di emozioni forti, sollecitate dalla musica, senza doversi lambiccare il cervello a sciogliere i dilemmi della metrica e della metafora! Eppure, la poesia “alta” la si deve insegnare, e forse un modo c’è. La poesia a scuola è fuori dalla possibilità di un’esperienza vissuta dai giovani, c’è quindi bisogno di una mediazione, si tratta di ridare, per così dire artificialmente un contesto alla poesia, senza il quale non c’è comprensione. Insomma, la premessa alla comprensione della poesia è la conoscenza storica, cui poi si aggiungono gli strumenti analitici (dello strutturalismo) usati per smontare le componenti peculiari della macchina poetica, ma tutto ciò non risulta quasi mai sufficiente. Allora, a quale espediente possiamo ricorrere per fare apprezzare ai ragazzi la poesia di Dante e di Montale? A me è capitato, nella pratica didattica quotidiana, di dover analizzare una poesia in una classe seconda superiore in un momento assai particolare,ossia in un giorno in cui i ragazzi non avevano il libro di testo né informazioni sulla poesia e sull’autore. Sembrerà strano, ma attraverso la sola lettura che io ho fatto di questa poesia, si è accesa come una luce nella classe e tutti, pienamente coinvolti, mi hanno chiesto di entrare in quel testo, di capirne il messaggio, di studiarne la forma. Abbiamo quindi operato prima una parafrasi del testo chiarendo di ogni singola parola il significato, distinguendone l’aspetto connotativo e quello denotativo, poi l’abbiamo riletta e subito i ragazzi hanno colto il messaggio insito nel testo, lo hanno discusso, ampliato, modificato, nel complesso si sono avvicinati molto alla giusta interpretazione, e questo senza avere dalla loro le giuste inferenze. Voglio dire con ciò che nella scuola i libri di testo, con le interferenze comunicative di note e commenti spesso tediosi e saccenti, privano i ragazzi del gusto di una lettura immediata, della ricerca e della scoperta e in definitiva li demotivano anziché no alla fruizione della poesia. Pertanto, io penso che a volte attraverso la sola lettura, intesa però come comunicazione emotiva, come puro godimento emozionale, attraverso l’empatia che il docente dovrebbe avere, si può aprire un varco nell’animo dei ragazzi alla fruizione e comprensione della poesia. Concludo con una citazione di Gadamer, che recita pressappoco così: "Nulla come lo scritto ha il carattere di pura traccia dello spirito e però nulla come esso è rimandato allo spirito comprendente”.
domenica 9 dicembre 2012
Poesia e Pedagogia
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