Mi sono iscritta al Pd, voglio sostenerlo, ne condivido il progetto, che trovo grandioso!...
Quando è nato, nel 2007, sulle ceneri dell'Ulivo, ha entusiasmato molti: era un progetto assolutamente nuovo e suscitò perciò molte aspettative. Nasceva dall'incontro dei tre principali partiti della storia repubblicana: Il Partito Comunista italiano, la Democrazia cristiana ed il Partito socialista italiano, tre linee di pensiero che, pur nella diversità, convergevano nella concezione dell'uomo al centro di ogni attenzione da parte di uno Stato equo, giusto e solidale. Non poteva quindi non risvegliare le coscienze civili, assopite da un lungo torpore; non dimentichiamo che fino alla fine degli anni novanta c'era stato un lungo periodo in cui la politica si era adagiata sul vissuto, sul ripetitivo, su una prassi consolidata e consumata, che non lasciava intravedere nessun rinnovamento, nessuna cesura rispetto al passato. Abbiamo provato noia e disgusto per quella prassi politica, addirittura una sorta di asfissia al solo pensarla. Il Partito democratico ci ha subito catturato ed abbiamo sofferto quando l'abbiamo visto in crisi per un'emorragia di voti sempre più estesa. Abbiamo sofferto con Prodi, con Veltroni, con Franceschini, a tutt'oggi. L'idea nuova e geniale che sottende al partito, l'alba di un nuovo giorno non riesce ancora a dare bagliori di luce, delude le aspettative, perde voti quasi ogni giorno, ma noi non demordiamo, esso vivrà e sarà finalmente il centro di gravità permanente per tutti coloro che oggi sono smarriti.
Ma perché il PD delude le aspettative? Dov'è l'errore di strategia? E' forse un progetto troppo ambizioso e perciò stesso un'utopia, oppure delude per la mancanza di una leadership forte, di un capo carismatico, alla Berlusconi, per intenderci?
Io mi sono iscritta a questo partito in un momento cruciale della sua storia, a ridosso del suo congresso fondativo che, almeno si spera, darà una svolta con la segreteria di Pierluigi Bersani. Da subito, come sono entrata nella sede del partito, ho capito in quali gravi difficoltà si dibatte il nuovo PD! C'è in atto una guerra tra il vecchio ed il nuovo: da un lato i vecchi quadri dirigenti, abituati da anni ad una pratica di gestione della politica affaristica e consortile, finalizzano la loro azione al mantenimento dello status quo, senza peraltro escludere i propri interessi individuali, dall'altro i rappresentanti del nuovo tentano di applicare regole più democratiche e trasparenti nella organizzazione e nella gestione del nuovo partito. A tutto questo si aggiunge la libera interpretazione delle norme contenute nello Statuto, affidata spesso a persone non proprio di alto profilo culturale. Spero di sbagliarmi, ma voglio credere che il contrasto non nasca dalla contrapposizione d'idee, per il semplice fatto che non sono discordanti sui temi fondamentali quali la diseguaglianza sociale, la globalizzazione, la sperequazione della risorse, ecc...
Penso che le differenze sono sempre un arricchimento e tutti gli aderenti al partito vogliono confrontarsi, il problema è trovare un punto d'incontro.
Nessun commento:
Posta un commento
Puoi lasciare un commento