venerdì 31 luglio 2009

La scuola è classista

In uno scenario di appiattimento generale in cui l'insegnamento è ridotto ai minimi termini, chi ne paga le spese sono al solito i ragazzi meno abbienti, ed essi ne sono sempre più consapevoli.  Forse anche per questo sono disaffezionati allo studio.  Mi  ripetono, tutte le volte che tento di sublimare l'istruzione, la cultura, la scuola: "Tanto lo sappiamo che andranno avanti solo i raccomandati!" Questo è l'insegnamento che dà la scuola? Su questi fondamenti basa la sua azione di formazione della persona e delle norme che regolano la sua condotta?
 Sembrerebbe assurdo, ma   la dissoluzione delle regole  sta minando le basi della società civile, soprattutto nel Sud, dove di prepotenza, già da tempo, sono entrate  anche  nella scuola certe "pratiche" tipiche dei centri politico-amministrativi.
E' indubbio che a risolvere la  questione morale di cui si dibatte in ambito politico,  è chiamata in primo luogo  la scuola, deve essere questa la prorità assoluta,  se vogliamo migliorare la futura classe dirigente!  E allora, da dove cominciare?  I mille  pezzi di cui si si compone il  puzzle del sistema scuola  vanno risistemati, pazientemente, ma soprattutto razionalmente, per ottenere alla fine un 'idea quanto meno chiara sul profilo del nuovo cittadino di domani.  Vogliamo formare un cittadino attivo, consapevole , in grado di dare un contributo alla crescita  di una società sana, oppure la scuola deve diventare una fabbrica dell'ignoranza e della protervia? Insomma, la scuola dove sta andando? Quali nuovi valori deve trasmettere? Viviamo in un tempo caratterizzato da scetticismo, disillusione, alienazione: dove stiamo andando? La risposta a questo non ha niente a che vedere con leggi, riforme e riforme delle riforme, con le responsabilità degli insegnanti, con la dimensione delle classi, con gli altri mille problemi della conduzione della scuola!  Se il sistema scolastico è arretrato, deformato e persino corrotto, perché inficiato dalle gravi colpe di un sistema politico sostanzialmente immorale, ebbene, io credo che in ultima analisi il nocciolo di tutta la questione ci riporta ad un problema di ordine morale; tutto il resto, e cioè tutto il dibattito in corso sul modello educativo su cui dovrà fondarsi la nuova scuola, è secondario. Secondario è persino il problema del ruolo che le nuove tecnologie dovrebbero avere nella scuola, perché è chiaro che il computer non è quella sorta di panacea in virtù della quale vengono risolti tutti i problemi dell'apprendimento, anzi si è ormai consapevoli che quest'aggiunta imponente alla cultura non fa che aggravare la situazione. Né oggi né mai prima le scuole hanno dato ai ragazzi solo delle informazioni, ma piuttosto gli strumenti per acquisire una coscienza critica, una capacità di discernimento; l'intelligenza umana non potrà mai misurarsi dalla rapidità di una risposta, nè dalla quantità delle informazioni. "Il sommo della scienza", diceva F. De Sanctis, "può essere spesso il punto più basso della vita di un popolo. La scienza corrisponde alla maturità nella vita dei popoli, e dopo la maturità viene la decadenza e la morte. La scienza cresce a spese della vita." Non intendo ovviamente vanificare quanto "le magnifiche sorti e progressive" hanno realizzato in ogni campo, ma il problema dell'educazione non è stato ancora risolto e, anzi, mai come oggi esso si trova in un ginepraio di possibili soluzioni, tutte valide e tutte improponibili nello stesso tempo...
 Allora, cominciamo una buona volta dai problemi concreti: il sistema e la pratica della valutazione nella scuola italiana necessitano quantomeno di una revisione, per non parlare della competenza professionale dei docenti. Cito le parole di Vertecchi: "La valutazione coinvolge fortemente l'affettività degli allievi, determinando in buona misura la qualità dei loro atteggiamenti nei confronti della scuola".  Personalmente la considero il momento più importante di tutta l'azione educativa. Ogni qualvolta devo esprimere la mia valutazione con un voto, provo una forte sensazione di disagio, lo stesso che provavo ai tempi del liceo, quando percepivo che mi si faceva un'ingiustizia. Per quel che mi riguarda,  non valuto soltanto le conoscenze specifiche delle mie discipline (le nozioni), poco m'importa se il ragazzo non conosce la vita e le opere di un autore, se non ricorda la battaglia di Salamina o il fiume più lungo del Canada, io valuto i progressi nello sviluppo della sua personalità, i suoi livelli di strutturazione mentale, i livelli di espressione e comunicazione, di conoscenza scientifica e di socializzazione, di ragionamento, di creatività, conseguenti alle modifiche della sua situazione di partenza. Non è un'impresa facile, lo ammetto, una valutazione attenta e critica richiede una maggiore frequenza di verifiche e quindi un maggior carico di lavoro per la produzione di materiale e di strumenti vari, da inventare ogni volta. Sarebbe d'uopo pertanto compensare adeguatamente i docenti impegnati nel difficile compito della valutazione mediante l'uso di strumenti obbligatori, come le prove scritte. Insisto col dire che la valutazione è l'aspetto fondamentale della attività didattica, é la valutazione seria e senza pregiudizi che assicura l'eguaglianza nelle opportunità.  

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