Il giorno di Natale mi trovavo a Pozzallo (Ragusa) insieme alla mia famiglia, i miei due figli e mio marito.
Non sapevo che la notte precedente, mentre noi eravamo a cena aspettando la mezzanotte davanti ad una tavola imbandita con ogni bendidio e nella gioia di aspettare il Bambin Gesù coi nipotini festosi ed eccitati, proprio in quelle ore, forse proprio a mezzanotte, un bambino veniva salvato dal mare insieme ad altre 31 persone. Erano 32 migranti di nazionalità libica che si trovavano sulla nave Alan Kurdi della ong Sea Eye, respinti da Malta la notte di Natale ed accolti nell'unico porto sicuro di Pozzallo. Io ero lì il giorno di Natale, a zonzo sul lungomare di questa cittadina che d'estate accoglie turisti oziosi e ben paganti giunti da ogni parte per godere di questo splendido mare. Qui la gente è cordiale e molto accogliente, ma il dramma dei migranti in mare è lontano, nella zona del porto, dove gli sbarchi si fanno senza troppo rumore e senza turbare più di tanto la comunità. Sapere che la notte di Natale un bambino è tornato alla vita da morte sicura mi dà un po' di speranza, posso ancora credere che Gesù è nato per redimere il mondo.
domenica 29 dicembre 2019
domenica 24 novembre 2019
una nuova ecologia umana
Ho letto con piacere il libro di Isabella Guanzini, Tenerezza, la rivoluzione del potere gentile.
"Non c'è altra via di umanizzazione per il tempo presente e futuro: la forza rivoluzionaria della tenerezza e dell'affetto corrisponde alla via sovrana per una nuova ecologia umana, sensibile alle mani, alle facce, alle voci e ai corpi nella loro irriducibile singolarità e verità."
La gentilezza può rappresentare l'unica via di umanizzazione, l'unica difesa dall'ideologia del consumo e dello sfruttamento nichilistico di ciò che esiste in ogni sua forma.
giovedì 17 ottobre 2019
L'ossessione del cibo
E' stato aperto nella mia scuola un bar, sì un vero e proprio bar, piccolo, carino, fornito di tutto: caffè, cornetti caldi, bibite, tisane, ma soprattutto pizzette, panini e focacce farcite, riscaldate al momento, fragranti e profumate. Al mattino, sin dalle 8 entrando a scuola anziché sentire l'odore stantio della vecchia cancelleria degli uffici e delle aule, si sente un profumino delizioso che solletica l'olfatto ma specialmente la gola, producendo un'acquolina in bocca che è difficile neutralizzare. Capisco i ragazzi che si accalcano al bancone sin dalla prima ora di lezione; abbiamo provato a disciplinarne l'andirivieni incessante e la loro richiesta di uscire dall'aula a tutte le ore, ma è difficile... Niente da fare! Frenare l'impulso di mangiare o meglio di consumare qualsiasi cosa che sia commestibile è per i ragazzi un'impresa. Un mio alunno di prima stamattina mi ha chiesto di uscire ed io ho voluto prima sapere quante volte nelle prime tre ore era uscito. Candidamente mi ha detto che solo una volta era andato al bar a prendersi un tè, e quando gli ho chiesto che cosa voleva andare a comprare, mi ha detto: "Booh, non lo so, forse un altro tè." Allora non c'ho visto più, mi sono messa ad impartire principi di una sana e corretta alimentazione, nel vano tentativo di distoglierli da comprare qualsiasi cosa pur di comprare. Intanto ho scoperto che quasi nessuno fa colazione a casa al mattino, quindi arrivano a scuola affamati... e va bene. Si trattasse di far colazione con un cornetto e un caffè latte saremmo tutti d'accordo, ma loro, i ragazzi, mangiano e consumano patatine per lo più e bevono tante bottigliette d'acqua che sembrano dromedari, e questo succede troppo spesso nella giornata. D'altra parte la tentazione prende anche noi, quando l'odore del caffè si diffonde nell'aria. Io personalmente m'impongo di resistere alla tentazione soprattutto perché soffro di reflusso e di gastrite, ma anche per noi adulti è difficile ignorare l'opportunità di un bel caffè a mezza mattinata, quando hai bisogno di carburare un po'. Eh... intanto da quando bevo più di un caffè al giorno sono molto peggiorata con la salute. Ma io dico, era proprio necessario aprire un bar nella scuola?
venerdì 20 settembre 2019
Lettera al Ministro Fioramonti
Egregio sig. Ministro,
i problemi della scuola italiana sono tanti, troppi per essere elencati, perciò ne sollevo solo alcuni che secondo me risultano di fondamentale importanza. Vorrei parlare, tanto per cominciare, di digitalizzazione della scuola e dei docenti i quali, sì, ammettiamolo, sono oggettivamente scarsamente informatizzati. Ciò è vero soprattutto per due motivi: primo, perché la formazione negli anni scorsi è stata per lo più inadeguata da parte di numerosi formatori, che spesso s'improvvisavano esperti ed invece non lo erano; secondo, per la scarsa disponibilità degli stessi docenti, nella maggioranza non più giovani e quindi stanchi e demotivati. D'altra parte, però, la scuola è ancora oggi priva di computer aggiornati e ben funzionanti, nonostante gli innumerevoli progetti PON lautamente finanziati.
Correlato a questo problema rimane l'enorme mole di carta stampata alimentata da quella macchina infernale che è la burocrazia la quale avvilisce e strozza nella scuola qualsiasi tentativo di creatività e di libertà d'insegnamento. Un altro problema è rappresentato dai progetti PON: ormai le scuole sono oberate da mille attività legate ai PON, le quali determinano a loro volta una didattica sempre più discontinua e rarefatta in cui le conoscenze hanno ceduto il posto alle cosiddette competenze spendibili sul mercato, o almeno così si vuole far credere.
La verità, sig. Ministro, è che le scuole sono diventate veri e propri progettifici, che poco o nulla hanno a che fare con la didattica; per non parlare, poi, dei docenti esperti PON che ormai non fanno altro, con il solo fine d'impinguarsi lo stipendio!
Parliamoci chiaro, la scuola versa in una situazione non buona e sopravvive solo grazie a quella ridotta percentuale di docenti bravi e motivati, che poi stanno sulle scatole a tutti, compresi i Dirigenti!
Nelle scuole oggi l'insegnante "severo" è visto come il nemico giurato del successo formativo, locuzione tutta moderna che, tradotta, significa promozione per tutti, anche per quelli che a scuola vengono saltuariamente a scaldare il banco. Il problema, però, è che la scuola non è più democratica, non costituisce più ascensore sociale, non è meritocratica! Allora, torniamo agli studi seri, diamo almeno nella scuola, ai ragazzi la parvenza di una possibile società democratica e giusta!
I vari ministri che si sono succeduti, di destra e di sinistra, hanno demolito un po' per volta un sistema che nulla aveva da invidiare agli altri paesi europei, anzi. Se pensiamo che il Ministro Gelmini ha ridotto le ore di insegnamento delle materie fondamentali per le famose tre I, che altri hanno dato importanza alle prove Invalsi introducendo in Italia una pratica che in America ha dato risultati nefasti, di che altro dobbiamo parlare?
Un altro problema importante è la mancata valorizzazione delle scuole professionali, lasciate, soprattutto al Sud, nell'abbandono più totale, deprivando i giovani di competenze reali, queste sì spendibili sul mercato! La corsa ai licei non fa bene alla crescita del nostro Paese. Occorre ritornare ad una seria selezione degli studenti: non tutti sono portati per lo studio liceale e non è giusto che vi si acceda solo per vanità e orgoglio, sicuri di guadagnarsi comunque la promozione!
Ritornare alla serietà degli studi è un'esigenza fondamentale per assicurare ai giovani la possibilità di inserirsi nella società del futuro preparati sia nel lavoro sia come cittadini consapevoli!
i problemi della scuola italiana sono tanti, troppi per essere elencati, perciò ne sollevo solo alcuni che secondo me risultano di fondamentale importanza. Vorrei parlare, tanto per cominciare, di digitalizzazione della scuola e dei docenti i quali, sì, ammettiamolo, sono oggettivamente scarsamente informatizzati. Ciò è vero soprattutto per due motivi: primo, perché la formazione negli anni scorsi è stata per lo più inadeguata da parte di numerosi formatori, che spesso s'improvvisavano esperti ed invece non lo erano; secondo, per la scarsa disponibilità degli stessi docenti, nella maggioranza non più giovani e quindi stanchi e demotivati. D'altra parte, però, la scuola è ancora oggi priva di computer aggiornati e ben funzionanti, nonostante gli innumerevoli progetti PON lautamente finanziati.
Correlato a questo problema rimane l'enorme mole di carta stampata alimentata da quella macchina infernale che è la burocrazia la quale avvilisce e strozza nella scuola qualsiasi tentativo di creatività e di libertà d'insegnamento. Un altro problema è rappresentato dai progetti PON: ormai le scuole sono oberate da mille attività legate ai PON, le quali determinano a loro volta una didattica sempre più discontinua e rarefatta in cui le conoscenze hanno ceduto il posto alle cosiddette competenze spendibili sul mercato, o almeno così si vuole far credere.
La verità, sig. Ministro, è che le scuole sono diventate veri e propri progettifici, che poco o nulla hanno a che fare con la didattica; per non parlare, poi, dei docenti esperti PON che ormai non fanno altro, con il solo fine d'impinguarsi lo stipendio!
Parliamoci chiaro, la scuola versa in una situazione non buona e sopravvive solo grazie a quella ridotta percentuale di docenti bravi e motivati, che poi stanno sulle scatole a tutti, compresi i Dirigenti!
Nelle scuole oggi l'insegnante "severo" è visto come il nemico giurato del successo formativo, locuzione tutta moderna che, tradotta, significa promozione per tutti, anche per quelli che a scuola vengono saltuariamente a scaldare il banco. Il problema, però, è che la scuola non è più democratica, non costituisce più ascensore sociale, non è meritocratica! Allora, torniamo agli studi seri, diamo almeno nella scuola, ai ragazzi la parvenza di una possibile società democratica e giusta!
I vari ministri che si sono succeduti, di destra e di sinistra, hanno demolito un po' per volta un sistema che nulla aveva da invidiare agli altri paesi europei, anzi. Se pensiamo che il Ministro Gelmini ha ridotto le ore di insegnamento delle materie fondamentali per le famose tre I, che altri hanno dato importanza alle prove Invalsi introducendo in Italia una pratica che in America ha dato risultati nefasti, di che altro dobbiamo parlare?
Un altro problema importante è la mancata valorizzazione delle scuole professionali, lasciate, soprattutto al Sud, nell'abbandono più totale, deprivando i giovani di competenze reali, queste sì spendibili sul mercato! La corsa ai licei non fa bene alla crescita del nostro Paese. Occorre ritornare ad una seria selezione degli studenti: non tutti sono portati per lo studio liceale e non è giusto che vi si acceda solo per vanità e orgoglio, sicuri di guadagnarsi comunque la promozione!
Ritornare alla serietà degli studi è un'esigenza fondamentale per assicurare ai giovani la possibilità di inserirsi nella società del futuro preparati sia nel lavoro sia come cittadini consapevoli!
martedì 23 luglio 2019
Cosa significa essere di centro-sinistra
Per me i punti cardini di una qualsivoglia fede politica devono essere semplicemente disinteresse, amore di patria, libertà, moralità.
Ho sempre creduto che questi fossero i valori di quella parte politica in cui tuttora mi riconosco, ossia il centro-sinistra. Ma questo non significa necessariamente che mi riconosca nel Partito Democratico né tanto meno in qualsiasi altro partito che si professi di sinistra; significa invece, non essere propensa ad opinioni estreme, ma moderata nella politica come nella vita in generale. Essere di centro -sinistra significa un modo di vedere i problemi sintetizzato nel binomio ordine-progresso, rispetto assoluto dell'autorità dello Stato, rispetto delle esigenze espresse dal Paese, solidarietà verso i più deboli. Nel nostro mondo globalizzato, in cui il denaro è più importante di qualsiasi altra cosa e tutti lo rincorrono anche svendendo la propria dignità e umanità, io credo che un'idea politica di buon senso debba essere un punto di riferimento, un'ancora di salvezza, un baluardo di democrazia. Voglio sperare che il partito democratico in Italia e in Europa riesca in questa operazione, altrimenti i derelitti della terra saranno destinati alla sopraffazione senza speranza.
mercoledì 3 luglio 2019
Sogno di un pomeriggio d'estate
In un giorno di luglio come questo, non potendo uscire per il troppo caldo, mi viene da riflettere su come è cambiata la vita dei nostri paesi rispetto al tempo della mia fanciullezza e adolescenza, che non è poi un tempo così lontano.
Quanto abbiamo perso nel giro di appena qualche ventennio!
Quanto abbiamo perso nel giro di appena qualche ventennio!
Mi soffermo a leggere le numerose locandine che annunciano eventi, sagre, feste e festoni nei vari paesi, il palinsesto dell'estate, e non posso non pensare che ormai i paesi fanno a gara a chi le spara più grosse, a chi spende di più per questi pubblici eventi che servono solo a ricreare scenari di condivisione e di socialità che non esistono più. Le feste di paese sono diventate lo specchio del nostro modo di vivere: strade affollate di persone sconosciute, volti estranei che ti passano accanto, falsi saluti cerimoniosi di quelli che ti conoscono, uno sfilare di ragazze seminude e di bambini tenuti a guinzaglio come animali domestici. Uno sfavillio di colori, di luci e fastidiosi rumori con tanto di musica di fondo che alla lunga stancano i sensi e la mente. Cosa rimane di tutto questo baccano? Per me soltanto un senso di sazietà, di saturazione che procurano un gran mal di testa. Quanto sarebbe meglio invece investire su un luogo che ritorni ad essere familiare per tutti, dove ci si conosce tutti, dove ci si informa delle cose del mondo parlando con l'amica che esce ogni giorno a fare la spesa! Quanto mi manca il contatto con la natura, la vita all'aria aperta!...
Come possiamo realizzare un qualcosa che rallenti il ritmo frenetico delle nostre giornate, che lo armonizzi con i nostri bisogni? Secondo me questo potrebbe essere il futuro dei nostri piccoli paesi! Non abbandonarli ad un destino di morte perché non reggono il confronto con la vita delle grandi città, non dobbiamo confrontarci con le realtà che non ci appartengono; dobbiamo invece recuperare la nostra dimensione e costruire su questa la nostra forza! Immagino un luogo dove i bambini giocano per le vie, le persone si salutano calorosamente, un luogo dove la condivisione con gli altri sia fatta di ascolto, di parole, di tempo non frettoloso, di silenzio partecipato! Che bel sogno è il mio!...
Il rumore delle auto in corsa sulla strada sotto casa mi riporta ad un brusco risveglio. Fa caldo, siamo tutti chiusi in casa con i climatizzatori accesi, aspettiamo che si rinfreschi un po' l'aria per una solitaria passeggiata, in mezzo al traffico di un paese che d'estate si mostra in tutto il suo squallore.
Come possiamo realizzare un qualcosa che rallenti il ritmo frenetico delle nostre giornate, che lo armonizzi con i nostri bisogni? Secondo me questo potrebbe essere il futuro dei nostri piccoli paesi! Non abbandonarli ad un destino di morte perché non reggono il confronto con la vita delle grandi città, non dobbiamo confrontarci con le realtà che non ci appartengono; dobbiamo invece recuperare la nostra dimensione e costruire su questa la nostra forza! Immagino un luogo dove i bambini giocano per le vie, le persone si salutano calorosamente, un luogo dove la condivisione con gli altri sia fatta di ascolto, di parole, di tempo non frettoloso, di silenzio partecipato! Che bel sogno è il mio!...
Il rumore delle auto in corsa sulla strada sotto casa mi riporta ad un brusco risveglio. Fa caldo, siamo tutti chiusi in casa con i climatizzatori accesi, aspettiamo che si rinfreschi un po' l'aria per una solitaria passeggiata, in mezzo al traffico di un paese che d'estate si mostra in tutto il suo squallore.
sabato 22 giugno 2019
Perchè restare
Chi sia stato il primo, non
è certo. Lo seguì un secondo. Un terzo.
Poi, uno dopo l’altro, tutti han preso la stessa via.
Ora non c’è più nessuno.
La mia
casa è la sola
abitata.
Son vecchio
Che cosa mi trattengo a fare,
quassù, dove tra breve forse
nemmeno ci sarò più io
a farmi compagnia?
Meglio – lo so – è ch’io bada
prima che me ne vada anch’io.
Eppure, non mi risolvo. Resto.
Mi lega l’erba. Il bosco.
Il fiume. Anche se il fiume è appena
un rumore ed un fresco
dietro le foglie.
La sera
siedo su questo sasso, e aspetto.
Aspetto non so che cosa, ma aspetto.
Il sonno. La morte direi, se anch’essa
da un pezzo – già non se ne fosse andata
da questi luoghi.
Aspetto
e ascolto.
(L’acqua,
da quanti milioni d’anni, l’acqua,
ha questo suo stesso suono
sulle sue pietre?)
Mi sento
perso nel tempo.
Fuori
del tempo, forse.
Ma sono
con me stesso. Non voglio
lasciare me stesso uscire
da me stesso come,
dal sotterraneo
il grillotalpa in cerca
d’altro buio.
Il trifoglio
della città è troppo
fitto. Io son già cieco.
Ma qui vedo. Parlo.
Qui dialogo. Io
qui mi rispondo e ho il mio
interlocutore. Non voglio
murarlo nel silenzio sordo
d’un frastuono senz’ombra
d’anima. Di parole
senza più anima.
è certo. Lo seguì un secondo. Un terzo.
Poi, uno dopo l’altro, tutti han preso la stessa via.
Ora non c’è più nessuno.
La mia
casa è la sola
abitata.
Son vecchio
Che cosa mi trattengo a fare,
quassù, dove tra breve forse
nemmeno ci sarò più io
a farmi compagnia?
Meglio – lo so – è ch’io bada
prima che me ne vada anch’io.
Eppure, non mi risolvo. Resto.
Mi lega l’erba. Il bosco.
Il fiume. Anche se il fiume è appena
un rumore ed un fresco
dietro le foglie.
La sera
siedo su questo sasso, e aspetto.
Aspetto non so che cosa, ma aspetto.
Il sonno. La morte direi, se anch’essa
da un pezzo – già non se ne fosse andata
da questi luoghi.
Aspetto
e ascolto.
(L’acqua,
da quanti milioni d’anni, l’acqua,
ha questo suo stesso suono
sulle sue pietre?)
Mi sento
perso nel tempo.
Fuori
del tempo, forse.
Ma sono
con me stesso. Non voglio
lasciare me stesso uscire
da me stesso come,
dal sotterraneo
il grillotalpa in cerca
d’altro buio.
Il trifoglio
della città è troppo
fitto. Io son già cieco.
Ma qui vedo. Parlo.
Qui dialogo. Io
qui mi rispondo e ho il mio
interlocutore. Non voglio
murarlo nel silenzio sordo
d’un frastuono senz’ombra
d’anima. Di parole
senza più anima.
( Giorgio Caproni)
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