Sabato 10 aprile alle 18.30 presentazione
di Nevica e ho le prove (Laterza editore)
presso l’atelier dello scultore Egidio Iovanna (antica dogana delle poste)
introduzione di Mauro Orlando
letture di Elda Martino.
mercoledì 7 aprile 2010
domenica 4 aprile 2010
lunedì 15 marzo 2010
Il familismo amorale
Chiunque abbia voglia di conoscere il Mezzogiorno d'Italia non può non confrontarsi con un saggio che ha fatto epoca e che s'intitola "Le basi morali di una società arcaica". L'autore è Edward C. Banfield, un ricercatore americano che a metà degli anni Cinquanta prese ad oggetto di studio il paese di Chiaromonte, in Lucania, sostenendo una tesi destinata ad un'ampia risonanza, in America e in Italia. Banfield coniò nel suo libro l'espressione "familismo amorale" per spiegare l'arretratezza, o meglio la mancanza di reazione all'arretratezza, di Montegrano (dietro cui si nasconde Chiaromonte, il paese della Basilicata alla metà degli anni Cinquanta).
Oggi quest'espressione è diventata di uso corrente per etichettare una molteplicità di fenomeni, ma soprattutto per individuare un presunto difetto fondamentale della società italiana. Avverso allo spirito di comunità, disposto a cooperare solo in vista di un proprio tornaconto, il familista amorale si comporta secondo la seguente "regola aurea": massimizzare i vantaggi materiali e immediati della famiglia nucleare, supporre che tutti gli altri agiscono allo stesso modo. Una chiave interpretativa assai discussa, che si è dimostrata tuttavia di irriducibile efficacia nell'indicare i guasti provocati dalla cronica carenza di senso civico.
Oggi quest'espressione è diventata di uso corrente per etichettare una molteplicità di fenomeni, ma soprattutto per individuare un presunto difetto fondamentale della società italiana. Avverso allo spirito di comunità, disposto a cooperare solo in vista di un proprio tornaconto, il familista amorale si comporta secondo la seguente "regola aurea": massimizzare i vantaggi materiali e immediati della famiglia nucleare, supporre che tutti gli altri agiscono allo stesso modo. Una chiave interpretativa assai discussa, che si è dimostrata tuttavia di irriducibile efficacia nell'indicare i guasti provocati dalla cronica carenza di senso civico.
venerdì 5 marzo 2010
Quel che non si dice
Al liceo Aeclanum non c'è stata l'ondata nazionale dei 5 in condotta: vuol dire, forse, che a Mirabella Eclano non si registra l'emergenza educativa che sta dilagando ormai in tutto il mondo?
Se i professori hanno deciso di non utilizzare l'arma estrema del 5 in condotta è perché i nostri ragazzi sono ancora capaci di stare alle regole, di comportarsi in un certo modo o perché i professori sono troppo buoni o troppo "laissez- faire?"
Io, che in questa scuola ci sto da qualche lustro, dico che i nostri ragazzi, la maggior parte di loro, sono ancora capaci di stare alle regole, d'incuriosirsi e talora anche di entusiasmarsi, ci consentono ancora di non tramutarci in gendarmi di polizia, ci lasciano spiegare Dante, ci fanno domande e si accontentano di quello che una piccola scuola di provincia, senza troppe risorse, può dare. Nella nostra scuola non si registra la lotta di quartiere fra insegnanti che detengono il potere e gli alunni, quelli che non vogliono studiare. Non voglio dire che questi non si creano il proprio underground clandestino contro gli insegnanti, come avviene in tutte le scuole del mondo e da sempre, ma tutto ciò che concerne rapporti e relazioni fra docenti e studenti è ancora all'insegna del rispetto e della stima. Certo anche da noi gli studenti realizzano le loro piccole trasgressioni (copiature, stratagemmi di assenze , di uscite anticipate, di entrate alla seconda ora, ecc.), ma anche queste non oltrepassano mai la misura del lecito. Nella nostra scuola i ragazzi scoprono ogni giorno la bellezza delle materie umanistiche e si sperimentano nelle difficoltà di quelle scientifiche, non senza risultati. E' di questi giorni, tanto per dire, la notizia che il liceo scientifico Aeclanum si è distinto egregiamente nelle Olimpiadi della matematica a livello provinciale, nella cui graduatoria si sono classificati ai primissimi posti quattro dei nostri alunni, il primo dei quali sarà l'unico rappresentante della provincia di Avellino, nella selezione nazionale che si terrà a Cesenatico dal 3 al 6 maggio 2010. Lo stesso riconoscimento è stato ottenuto nelle Olimpiadi della Fisica, risultando al quarto posto nella graduatoria regionale. Potrei elencare tanti altri meriti , ma sarebbe noioso...
Quel che invece é una vera iattura per la scuola è la non serenità di alcuni genitori, i quali, investendo più del dovuto in aspettative sui propri figli, quando si trovano di fronte a carenze e difficoltà di questi ultimi, li inducono, senza volerlo, alla ribellione, alla competizione cattiva con i compagni, alimentano la sfiducia e la disistima nei confronti degli insegnanti e della istituzione. Io vorrei dire a questi signori: noi siamo insegnanti, operiamo nella scuola, che non è un'agenzia educativa sostitutiva della famiglia. Noi non possiamo in alcun modo sostituirci ad un padre o ad una madre, possiamo, anzi, dobbiamo accompagnare la crescita dei vostri ragazzi su una strada che voi avete già tracciata per loro. Spesso, quando un ragazzo incontra difficoltà nello studio o nell'apprendimento, è anche per una mancanza di stabilità affettiva, di solidità di sentimenti, di serenità. Perciò, non scarichiamo sempre tutto sulla scuola, si tratta di trovare un'intesa, una condivisione di valori, solo così i ragazzi possono ancora aprirsi alla tranquillità dei rapporti, al rispetto dei coetanei e degli insegnanti, alla curiosità verso ciò che li circonda e da cui si aspettano qualcosa di bello e di buono.
Se i professori hanno deciso di non utilizzare l'arma estrema del 5 in condotta è perché i nostri ragazzi sono ancora capaci di stare alle regole, di comportarsi in un certo modo o perché i professori sono troppo buoni o troppo "laissez- faire?"
Io, che in questa scuola ci sto da qualche lustro, dico che i nostri ragazzi, la maggior parte di loro, sono ancora capaci di stare alle regole, d'incuriosirsi e talora anche di entusiasmarsi, ci consentono ancora di non tramutarci in gendarmi di polizia, ci lasciano spiegare Dante, ci fanno domande e si accontentano di quello che una piccola scuola di provincia, senza troppe risorse, può dare. Nella nostra scuola non si registra la lotta di quartiere fra insegnanti che detengono il potere e gli alunni, quelli che non vogliono studiare. Non voglio dire che questi non si creano il proprio underground clandestino contro gli insegnanti, come avviene in tutte le scuole del mondo e da sempre, ma tutto ciò che concerne rapporti e relazioni fra docenti e studenti è ancora all'insegna del rispetto e della stima. Certo anche da noi gli studenti realizzano le loro piccole trasgressioni (copiature, stratagemmi di assenze , di uscite anticipate, di entrate alla seconda ora, ecc.), ma anche queste non oltrepassano mai la misura del lecito. Nella nostra scuola i ragazzi scoprono ogni giorno la bellezza delle materie umanistiche e si sperimentano nelle difficoltà di quelle scientifiche, non senza risultati. E' di questi giorni, tanto per dire, la notizia che il liceo scientifico Aeclanum si è distinto egregiamente nelle Olimpiadi della matematica a livello provinciale, nella cui graduatoria si sono classificati ai primissimi posti quattro dei nostri alunni, il primo dei quali sarà l'unico rappresentante della provincia di Avellino, nella selezione nazionale che si terrà a Cesenatico dal 3 al 6 maggio 2010. Lo stesso riconoscimento è stato ottenuto nelle Olimpiadi della Fisica, risultando al quarto posto nella graduatoria regionale. Potrei elencare tanti altri meriti , ma sarebbe noioso...
Quel che invece é una vera iattura per la scuola è la non serenità di alcuni genitori, i quali, investendo più del dovuto in aspettative sui propri figli, quando si trovano di fronte a carenze e difficoltà di questi ultimi, li inducono, senza volerlo, alla ribellione, alla competizione cattiva con i compagni, alimentano la sfiducia e la disistima nei confronti degli insegnanti e della istituzione. Io vorrei dire a questi signori: noi siamo insegnanti, operiamo nella scuola, che non è un'agenzia educativa sostitutiva della famiglia. Noi non possiamo in alcun modo sostituirci ad un padre o ad una madre, possiamo, anzi, dobbiamo accompagnare la crescita dei vostri ragazzi su una strada che voi avete già tracciata per loro. Spesso, quando un ragazzo incontra difficoltà nello studio o nell'apprendimento, è anche per una mancanza di stabilità affettiva, di solidità di sentimenti, di serenità. Perciò, non scarichiamo sempre tutto sulla scuola, si tratta di trovare un'intesa, una condivisione di valori, solo così i ragazzi possono ancora aprirsi alla tranquillità dei rapporti, al rispetto dei coetanei e degli insegnanti, alla curiosità verso ciò che li circonda e da cui si aspettano qualcosa di bello e di buono.
sabato 27 febbraio 2010
Il lupo e l'agnello
I due animali simbolo dell'uomo politico sono - ricordate il cap.XVIII del Principe- il leone e la volpe. L'agnello, il mite agnello, non è un animale politico: se mai è la vittima predestinata, il cui sacrificio serve al potente per placare i demoni della storia.
Una massima della sapienza popolare dice: "chi si fa agnello il lupo se lo mangia". Anche il lupo è un animale politico: l'homo hominis lupus di Hobbes nello stato di natura è l'inizio della politica; il princeps principi lupus nei rapporti internazionali ne è la continuazione. Anzitutto la mitezza è il contrario dell'arroganza, intesa come opinione esagerata dei propri meriti, che giustifica la sopraffazione. Il mite non ha grande opinione di sé, non già perché si disistima, ma perché è propenso a credere più alla miseria che alla grandezza dell'uomo, ed egli è un uomo come tutti gli altri. A maggior ragione la mitezza è contraria alla protervia, che è l'arroganza ostentata. Il mite non ostenta nulla, neanche la propria mitezza: l'ostentazione, ovvero il mostrare vistosamente, sfacciatamente le proprie virtù, è di per se stesso un vizio. La virtù ostentata si converte nel suo contrario. Chi ostenta la propria intelligenza è in genere uno stupido. A maggior ragione la mitezza è il contrario della prepotenza. Dico "a maggior ragione", perché la prepotenza è qualcosa di peggio rispetto alla protervia. La prepotenza è abuso di potenza non solo ostentata, ma concretamente esercitata. Il protervo fa bella mostra della sua potenza, del potere che ha di schiacciarti anche soltanto con un dito come si schiaccia una mosca o con un piede come si schiaccia un verme. Il prepotente questa potenza la mette in atto, attraverso ogni sorta di abusi e soprusi, di atti di dominio arbitrario e, quando sia necessario, crudele.
Norberto Bobbio
Una massima della sapienza popolare dice: "chi si fa agnello il lupo se lo mangia". Anche il lupo è un animale politico: l'homo hominis lupus di Hobbes nello stato di natura è l'inizio della politica; il princeps principi lupus nei rapporti internazionali ne è la continuazione. Anzitutto la mitezza è il contrario dell'arroganza, intesa come opinione esagerata dei propri meriti, che giustifica la sopraffazione. Il mite non ha grande opinione di sé, non già perché si disistima, ma perché è propenso a credere più alla miseria che alla grandezza dell'uomo, ed egli è un uomo come tutti gli altri. A maggior ragione la mitezza è contraria alla protervia, che è l'arroganza ostentata. Il mite non ostenta nulla, neanche la propria mitezza: l'ostentazione, ovvero il mostrare vistosamente, sfacciatamente le proprie virtù, è di per se stesso un vizio. La virtù ostentata si converte nel suo contrario. Chi ostenta la propria intelligenza è in genere uno stupido. A maggior ragione la mitezza è il contrario della prepotenza. Dico "a maggior ragione", perché la prepotenza è qualcosa di peggio rispetto alla protervia. La prepotenza è abuso di potenza non solo ostentata, ma concretamente esercitata. Il protervo fa bella mostra della sua potenza, del potere che ha di schiacciarti anche soltanto con un dito come si schiaccia una mosca o con un piede come si schiaccia un verme. Il prepotente questa potenza la mette in atto, attraverso ogni sorta di abusi e soprusi, di atti di dominio arbitrario e, quando sia necessario, crudele.
Norberto Bobbio
lunedì 22 febbraio 2010
La Repubblica di Sanremo
By Ilvo Damiani
Il risultato del Festival di Sanremo è utile a capire come funziona la democrazia rappresentativa. Tanto più e soprattutto in un sistema maggioritario e presidenziale, dove "vince uno solo". Quello che prende più voti. Al tempo della democrazia personale e mediatica. Naturalmente, dipende dagli elettori. Il "popolo sovrano". Che in questo caso, come abbiamo visto, non è uno solo. I popoli sovrani sono molti e non la pensano allo stesso modo. Anzi, pensano in modo molto diverso.
C'è il popolo informato e interessato, che corrisponde alla giuria popolare, selezionata da Ipsos di Nando Pagnoncelli. Rappresentativa delle persone che acquistano musica - nei negozi o su internet - o comunque la conoscono e la ascoltano con regolarità. Sono elettori esperti. Poi, ci sono gli specialisti. I maestri orchestrali. Più che elettori interessati: veri e propri militanti. In grado di valutare le qualità dei concorrenti e della loro offerta. Le canzoni e i cantanti. I programmi e i candidati. Infine ci sono gli elettori disinteressati. Quelli che ascoltano la musica in modo disattento. Quando passa in tivù. Interessati ai personaggi più che alle canzoni. Non indifferenti alle qualità canore dei concorrenti, ma assai più attenti alla loro immagine e al loro appeal mediatico.
È il pubblico del televoto. L'elettore medio. Influenzato, come dice la parola stessa, dalla televisione più che dalla canzone, dalla popolarità dei cantanti più che dalle loro capacità e dalle loro doti interpretative. Il risultato, letto in questa chiave, si spiega senza ricorrere a spiegazioni complottiste e truffaldine. Perché non sono necessarie a illustrare un esito comunque comprensibile e ragionevole. Nelle prime serate hanno votato gli elettori interessati e competenti, i quali hanno escluso il trio, guidato dal principe e dal pupo. Ma anche il giovane Amico di Maria De Filippi. Hanno invece premiato le voci e i testi. Gli elettori "medi", invece, hanno ripescato gli esclusi e li hanno trascinati al successo. Hanno, cioè, premiato i personaggi televisivi. I più noti, perché stanno spesso in tivù, perché hanno un volto noto e una storia da narrare. Tra questi, i più giovani hanno votato per i cantanti promossi dai cosiddetti talent show. Valerio Scanu e Marco Mengoni. Per mesi e mesi sotto gli occhi di tutti. Non solo a cantare e a ballare, ma a vivere il loro reality, tra amici e talent scout alla ricerca dell'X factor. Sotto gli occhi appassionati del pubblico interessato - più che alle canzoni - alle lacrime, ai sentimenti personali, alle vicende di gelosia, simpatia e antipatia. Televotati di settimana in settimana. Con successo. I più anziani, invece, hanno votato per il trio. Non solo per il Principe, ma anche per Pupo. Il "re dei pacchi". Da anni in video, nella prima rete, in prima serata. Magari non sapevano neppure che cantasse, i suoi elettori, ma lo hanno votato perché è simpatico. Perché porta fortuna. Anche il principe, d'altronde, è un personaggio tivù di primo piano. Sdoganato, molti anni fa, non da un monarchico, ma da un "democratico pop" come Fabio Fazio. Al tempo di "Quelli che il calcio". Poi, si è fatto da solo, "ballando sotto le stelle". Evidentemente piace. Non solo perché è principe (anche se, ovviamente, aiuta). Suo padre, per dire, difficilmente avrebbe ottenuto lo stesso risultato.
Come immaginare un esito diverso, su queste basi e con queste premesse? I voti valgono tutti allo stesso modo. Che vengano espressi da elettori esperti o disinteressati, militanti o abulici: non importa. Una testa conta un voto. Di qualsiasi testa si tratti. Ma le teste che guardano Amici, i pacchi e ballando sotto le stelle sono molto più numerose di quelli che vanno ai concerti, acquistano dischi o scaricano musica dalla rete (perlopiù gratis). E infinitamente di più rispetto alle teste di quelli che la musica la suonano, da professionisti e da virtuosi. Per cui tutto è finito come doveva. Com'era prevedibile. Com'era già successo altre volte. E la vittoria dei giovani, in particolare dell'Amico di Maria De Filippi, si spiega, probabilmente, con il fatto che gli elettori del principe e di Pupo sono molto più anziani. Al momento del voto finale, passata ormai mezzanotte, esausti, hanno spento la tivù e sono andati a dormire.
Perché stupirsi o, peggio, scandalizzarsi, allora? Quando la televisione prende il sopravvento e la tivù diventa l'unica arena della competizione - musicale, ma anche politica - vince chi recita meglio la parte. Chi è più telegenico, chi è più conosciuto dal pubblico, chi dispone di consulenti e bravi e impresari potenti. È la democrazia del pubblico.
E allora, non vorrete che vinca Bersani, anche se canta discretamente e gli piace Vasco? Meglio - per tutta la vita - Silvio, che ha cantato sulle navi e ancora canta, quando gli capita, con Apicella. E poi racconta barzellette e trasforma in spettacolo anche le tragedie - pubbliche e personali. Silvio: non ha bisogno di promuovere gli altri. Basta lui. Che ha confidenza con i media, perché sono suoi. E se a me - elettore esperto e informato - non piace, se io voto per altri. Chissenefrega. Tanto peggio. Io, Scanu e Mengoni non li avevo mai sentiti nominare prima. (E comunque non li ho sentiti neppure a Sanremo, perché non l'ho guardato). Non vorrete mica che proprio io possa decidere chi vince a Sanremo - e magari anche le elezioni?
(22 febbraio 2010)
Il risultato del Festival di Sanremo è utile a capire come funziona la democrazia rappresentativa. Tanto più e soprattutto in un sistema maggioritario e presidenziale, dove "vince uno solo". Quello che prende più voti. Al tempo della democrazia personale e mediatica. Naturalmente, dipende dagli elettori. Il "popolo sovrano". Che in questo caso, come abbiamo visto, non è uno solo. I popoli sovrani sono molti e non la pensano allo stesso modo. Anzi, pensano in modo molto diverso.
C'è il popolo informato e interessato, che corrisponde alla giuria popolare, selezionata da Ipsos di Nando Pagnoncelli. Rappresentativa delle persone che acquistano musica - nei negozi o su internet - o comunque la conoscono e la ascoltano con regolarità. Sono elettori esperti. Poi, ci sono gli specialisti. I maestri orchestrali. Più che elettori interessati: veri e propri militanti. In grado di valutare le qualità dei concorrenti e della loro offerta. Le canzoni e i cantanti. I programmi e i candidati. Infine ci sono gli elettori disinteressati. Quelli che ascoltano la musica in modo disattento. Quando passa in tivù. Interessati ai personaggi più che alle canzoni. Non indifferenti alle qualità canore dei concorrenti, ma assai più attenti alla loro immagine e al loro appeal mediatico.
È il pubblico del televoto. L'elettore medio. Influenzato, come dice la parola stessa, dalla televisione più che dalla canzone, dalla popolarità dei cantanti più che dalle loro capacità e dalle loro doti interpretative. Il risultato, letto in questa chiave, si spiega senza ricorrere a spiegazioni complottiste e truffaldine. Perché non sono necessarie a illustrare un esito comunque comprensibile e ragionevole. Nelle prime serate hanno votato gli elettori interessati e competenti, i quali hanno escluso il trio, guidato dal principe e dal pupo. Ma anche il giovane Amico di Maria De Filippi. Hanno invece premiato le voci e i testi. Gli elettori "medi", invece, hanno ripescato gli esclusi e li hanno trascinati al successo. Hanno, cioè, premiato i personaggi televisivi. I più noti, perché stanno spesso in tivù, perché hanno un volto noto e una storia da narrare. Tra questi, i più giovani hanno votato per i cantanti promossi dai cosiddetti talent show. Valerio Scanu e Marco Mengoni. Per mesi e mesi sotto gli occhi di tutti. Non solo a cantare e a ballare, ma a vivere il loro reality, tra amici e talent scout alla ricerca dell'X factor. Sotto gli occhi appassionati del pubblico interessato - più che alle canzoni - alle lacrime, ai sentimenti personali, alle vicende di gelosia, simpatia e antipatia. Televotati di settimana in settimana. Con successo. I più anziani, invece, hanno votato per il trio. Non solo per il Principe, ma anche per Pupo. Il "re dei pacchi". Da anni in video, nella prima rete, in prima serata. Magari non sapevano neppure che cantasse, i suoi elettori, ma lo hanno votato perché è simpatico. Perché porta fortuna. Anche il principe, d'altronde, è un personaggio tivù di primo piano. Sdoganato, molti anni fa, non da un monarchico, ma da un "democratico pop" come Fabio Fazio. Al tempo di "Quelli che il calcio". Poi, si è fatto da solo, "ballando sotto le stelle". Evidentemente piace. Non solo perché è principe (anche se, ovviamente, aiuta). Suo padre, per dire, difficilmente avrebbe ottenuto lo stesso risultato.
Come immaginare un esito diverso, su queste basi e con queste premesse? I voti valgono tutti allo stesso modo. Che vengano espressi da elettori esperti o disinteressati, militanti o abulici: non importa. Una testa conta un voto. Di qualsiasi testa si tratti. Ma le teste che guardano Amici, i pacchi e ballando sotto le stelle sono molto più numerose di quelli che vanno ai concerti, acquistano dischi o scaricano musica dalla rete (perlopiù gratis). E infinitamente di più rispetto alle teste di quelli che la musica la suonano, da professionisti e da virtuosi. Per cui tutto è finito come doveva. Com'era prevedibile. Com'era già successo altre volte. E la vittoria dei giovani, in particolare dell'Amico di Maria De Filippi, si spiega, probabilmente, con il fatto che gli elettori del principe e di Pupo sono molto più anziani. Al momento del voto finale, passata ormai mezzanotte, esausti, hanno spento la tivù e sono andati a dormire.
Perché stupirsi o, peggio, scandalizzarsi, allora? Quando la televisione prende il sopravvento e la tivù diventa l'unica arena della competizione - musicale, ma anche politica - vince chi recita meglio la parte. Chi è più telegenico, chi è più conosciuto dal pubblico, chi dispone di consulenti e bravi e impresari potenti. È la democrazia del pubblico.
E allora, non vorrete che vinca Bersani, anche se canta discretamente e gli piace Vasco? Meglio - per tutta la vita - Silvio, che ha cantato sulle navi e ancora canta, quando gli capita, con Apicella. E poi racconta barzellette e trasforma in spettacolo anche le tragedie - pubbliche e personali. Silvio: non ha bisogno di promuovere gli altri. Basta lui. Che ha confidenza con i media, perché sono suoi. E se a me - elettore esperto e informato - non piace, se io voto per altri. Chissenefrega. Tanto peggio. Io, Scanu e Mengoni non li avevo mai sentiti nominare prima. (E comunque non li ho sentiti neppure a Sanremo, perché non l'ho guardato). Non vorrete mica che proprio io possa decidere chi vince a Sanremo - e magari anche le elezioni?
(22 febbraio 2010)
venerdì 19 febbraio 2010
L'Italia alla deriva
Chi dice che la classe dirigente italiana non dirige un bel niente?
Tutt'altro! Essa non solo dirige, ma trascina l'intera società civile nel fango, letteralmente e metaforicamente (parlando)! Tra attacchi alla magistratura, alla Costituzione, scandali sessuali, connivenze illecite tra politica e malaffare, si sta veramente toccando il fondo! E intanto il popolo che fa? Rimane attaccato alla televisione, assuefatto, anestesizzato, inebetito di fronte alle cose più assurde che stanno accadendo. Mentre l'Italia reale va alla deriva, la televisione trasmette i suoi programmi in ghingheri, in cui tutto è glamour, intrattenimento, pubblicità, talk show dominati da donne scosciate e scollacciate senza ritegno, da urli scomposti e insensati. Chi riflette adeguatamente ed autorevolmente su questo degrado morale, che fa paura, che inquieta gli animi di coloro che ancora pensano, in questo stramaledetto Paese?
Chi parla dei problemi reali, la scuola, la sanità, l'ecologia, la cultura, i diritti, la tecnologia? Pochissimi sono i programmi di questo tipo, che non vengono neanche visti e capiti dalla maggioranza del popolo. Io penso che il popolo italiano non sa di essere in una situazione d'imbarbarimento, non immagina nemmeno che l'Italia é collocata agli ultimi posti nella classifica dei Paesi autenticamente democratici, non si rende conto che in Europa non ci prendono troppo sul serio, né nel bene né nel male, ma tutt'al più ci compatiscono...
Tutt'altro! Essa non solo dirige, ma trascina l'intera società civile nel fango, letteralmente e metaforicamente (parlando)! Tra attacchi alla magistratura, alla Costituzione, scandali sessuali, connivenze illecite tra politica e malaffare, si sta veramente toccando il fondo! E intanto il popolo che fa? Rimane attaccato alla televisione, assuefatto, anestesizzato, inebetito di fronte alle cose più assurde che stanno accadendo. Mentre l'Italia reale va alla deriva, la televisione trasmette i suoi programmi in ghingheri, in cui tutto è glamour, intrattenimento, pubblicità, talk show dominati da donne scosciate e scollacciate senza ritegno, da urli scomposti e insensati. Chi riflette adeguatamente ed autorevolmente su questo degrado morale, che fa paura, che inquieta gli animi di coloro che ancora pensano, in questo stramaledetto Paese?
Chi parla dei problemi reali, la scuola, la sanità, l'ecologia, la cultura, i diritti, la tecnologia? Pochissimi sono i programmi di questo tipo, che non vengono neanche visti e capiti dalla maggioranza del popolo. Io penso che il popolo italiano non sa di essere in una situazione d'imbarbarimento, non immagina nemmeno che l'Italia é collocata agli ultimi posti nella classifica dei Paesi autenticamente democratici, non si rende conto che in Europa non ci prendono troppo sul serio, né nel bene né nel male, ma tutt'al più ci compatiscono...
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