By Ilvo Damiani
Il risultato del Festival di Sanremo è utile a capire come funziona la democrazia rappresentativa. Tanto più e soprattutto in un sistema maggioritario e presidenziale, dove "vince uno solo". Quello che prende più voti. Al tempo della democrazia personale e mediatica. Naturalmente, dipende dagli elettori. Il "popolo sovrano". Che in questo caso, come abbiamo visto, non è uno solo. I popoli sovrani sono molti e non la pensano allo stesso modo. Anzi, pensano in modo molto diverso.
C'è il popolo informato e interessato, che corrisponde alla giuria popolare, selezionata da Ipsos di Nando Pagnoncelli. Rappresentativa delle persone che acquistano musica - nei negozi o su internet - o comunque la conoscono e la ascoltano con regolarità. Sono elettori esperti. Poi, ci sono gli specialisti. I maestri orchestrali. Più che elettori interessati: veri e propri militanti. In grado di valutare le qualità dei concorrenti e della loro offerta. Le canzoni e i cantanti. I programmi e i candidati. Infine ci sono gli elettori disinteressati. Quelli che ascoltano la musica in modo disattento. Quando passa in tivù. Interessati ai personaggi più che alle canzoni. Non indifferenti alle qualità canore dei concorrenti, ma assai più attenti alla loro immagine e al loro appeal mediatico.
È il pubblico del televoto. L'elettore medio. Influenzato, come dice la parola stessa, dalla televisione più che dalla canzone, dalla popolarità dei cantanti più che dalle loro capacità e dalle loro doti interpretative. Il risultato, letto in questa chiave, si spiega senza ricorrere a spiegazioni complottiste e truffaldine. Perché non sono necessarie a illustrare un esito comunque comprensibile e ragionevole. Nelle prime serate hanno votato gli elettori interessati e competenti, i quali hanno escluso il trio, guidato dal principe e dal pupo. Ma anche il giovane Amico di Maria De Filippi. Hanno invece premiato le voci e i testi. Gli elettori "medi", invece, hanno ripescato gli esclusi e li hanno trascinati al successo. Hanno, cioè, premiato i personaggi televisivi. I più noti, perché stanno spesso in tivù, perché hanno un volto noto e una storia da narrare. Tra questi, i più giovani hanno votato per i cantanti promossi dai cosiddetti talent show. Valerio Scanu e Marco Mengoni. Per mesi e mesi sotto gli occhi di tutti. Non solo a cantare e a ballare, ma a vivere il loro reality, tra amici e talent scout alla ricerca dell'X factor. Sotto gli occhi appassionati del pubblico interessato - più che alle canzoni - alle lacrime, ai sentimenti personali, alle vicende di gelosia, simpatia e antipatia. Televotati di settimana in settimana. Con successo. I più anziani, invece, hanno votato per il trio. Non solo per il Principe, ma anche per Pupo. Il "re dei pacchi". Da anni in video, nella prima rete, in prima serata. Magari non sapevano neppure che cantasse, i suoi elettori, ma lo hanno votato perché è simpatico. Perché porta fortuna. Anche il principe, d'altronde, è un personaggio tivù di primo piano. Sdoganato, molti anni fa, non da un monarchico, ma da un "democratico pop" come Fabio Fazio. Al tempo di "Quelli che il calcio". Poi, si è fatto da solo, "ballando sotto le stelle". Evidentemente piace. Non solo perché è principe (anche se, ovviamente, aiuta). Suo padre, per dire, difficilmente avrebbe ottenuto lo stesso risultato.
Come immaginare un esito diverso, su queste basi e con queste premesse? I voti valgono tutti allo stesso modo. Che vengano espressi da elettori esperti o disinteressati, militanti o abulici: non importa. Una testa conta un voto. Di qualsiasi testa si tratti. Ma le teste che guardano Amici, i pacchi e ballando sotto le stelle sono molto più numerose di quelli che vanno ai concerti, acquistano dischi o scaricano musica dalla rete (perlopiù gratis). E infinitamente di più rispetto alle teste di quelli che la musica la suonano, da professionisti e da virtuosi. Per cui tutto è finito come doveva. Com'era prevedibile. Com'era già successo altre volte. E la vittoria dei giovani, in particolare dell'Amico di Maria De Filippi, si spiega, probabilmente, con il fatto che gli elettori del principe e di Pupo sono molto più anziani. Al momento del voto finale, passata ormai mezzanotte, esausti, hanno spento la tivù e sono andati a dormire.
Perché stupirsi o, peggio, scandalizzarsi, allora? Quando la televisione prende il sopravvento e la tivù diventa l'unica arena della competizione - musicale, ma anche politica - vince chi recita meglio la parte. Chi è più telegenico, chi è più conosciuto dal pubblico, chi dispone di consulenti e bravi e impresari potenti. È la democrazia del pubblico.
E allora, non vorrete che vinca Bersani, anche se canta discretamente e gli piace Vasco? Meglio - per tutta la vita - Silvio, che ha cantato sulle navi e ancora canta, quando gli capita, con Apicella. E poi racconta barzellette e trasforma in spettacolo anche le tragedie - pubbliche e personali. Silvio: non ha bisogno di promuovere gli altri. Basta lui. Che ha confidenza con i media, perché sono suoi. E se a me - elettore esperto e informato - non piace, se io voto per altri. Chissenefrega. Tanto peggio. Io, Scanu e Mengoni non li avevo mai sentiti nominare prima. (E comunque non li ho sentiti neppure a Sanremo, perché non l'ho guardato). Non vorrete mica che proprio io possa decidere chi vince a Sanremo - e magari anche le elezioni?
(22 febbraio 2010)
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