mercoledì 9 gennaio 2013

Laura non c'è...

Oggi ho parlato alla classe di Laura, o meglio dell'amore di Petrarca per Laura, un argomento che spesso affascina i ragazzi, coinvolti come sono (tutti o quasi tutti)nei grovigli dell'esperienza amorosa. Laura è per Petrarca non più la donna-angelo della tradizione stilnovista, ma una donna che suscita nell'animo del poeta una passione umana e terrena, un desiderio perennemente inappagato che dura anche dopo la morte della donna. Ma il Petrarca comunque si riallaccia ai modelli della tradizione cortese, sulla base di quella minuziosa indagine psicologica sugli effetti che quella passione suscita nell'animo, anche se in lui il calore della passione è più vivo, più aderente al sentimento e non rigidamente intellettualistico. Come nei poeti dello Stilnovo, anche in Petrarca l'arte è un sentimento aristocratico della lingua e dello stile e quindi virtuosismo e preziosità. Può accadere infatti di trovare nel Canzoniere sonetti in cui l'artificio nasconde la vera poesia, ma la dottrina di cui la poesia è intessuta serve al poeta per superare la violenza immediata della passione, per dominarla traducendola in un linguaggio limpido e armonico, in un classico equilibrio di concetti e di forme. L'amore per Laura è tuttavia la causa prima del tormento interiore del poeta. Tale tormento nasce dall'intimo dissidio tra il volere e il non volere, tra il desiderio di Laura e quello di Dio. La figura di Laura è una figura evanescente, lontana eppure vicina, irraggiungibile, raramente colta in un gesto preciso. Si pensa che Laura fosse un simbolo nella poesia di Petrarca mentre è vero che essa rappresentò un'esperienza concreta che però nella poesia viene trasfigurata a rappresentare l'aspirazione a una felicità terrena non effimera ma comunque irraggiungibile. Laura non c'è mai nel momento presente, è sempre vagheggiata nel ricordo, nella fantasia, nel sogno e addirittura diventa più viva quando è morta, quando cioè il poeta può meglio sentirla come creatura della sua anima, memoria nostalgica di una giovinezza perduta. Il tema dell'amore diventa così un mito che riflette sulla caducità della vita, sull'approssimarsi della morte, sulla gloria che sola può proiettare la vita in una dimensione eterna, sul desiderio di contrapporre ad essa la comunione con Dio e l'assoluta tranquillità dell'anima.

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