In un recinto dello zoo fu offerta a una colonia di aironi una straordinaria abbondanza di cibo:
era per loro un paradiso sulla terra. Ma ne uscì invece un inferno: l'ordinamento sociale e la vita familiare dei candidi aironi ne furono completamente sconvolti. Mentre l'attività sessuale cresceva fino a proporzioni grottesche, la prole diminuiva rapidamente. Gli uccelli adulti, che in libertà vivevano in rigorosa monogamia, non avevano in mente che adulteri, poligamia, violenza carnale e anche incesto, guerra con i vicini e anche in famiglia. Sempre inzaccherati e insanguinati, calpestavano le uova nel nido e lasciavano morire i pulcini.
I piccoli che riuscivano a sopravvivere non imparavano a provvedere a se stessi. L'unica cosa che li legava ai tre o quattro genitori era l'incessante richiesta di cibo. Anche diventati adulti continuavano a inseguire i vecchi fino alla mangiatoia, sempre piena, chiedendo con lagnosa insistenza, finché quelli, per avere un pò di pace, gli mettevano qualcosa nel becco.
Quando poi procrearono essi stessi, non furono in grado di curare i loro piccoli. E così i nonni dovettero nutrire contemporaneamente figli e nipoti.
[Wendell Berry]
martedì 19 gennaio 2010
domenica 17 gennaio 2010
Che scuola è se non insegna l'ortografia
di
PAOLA MASTROCOLA
Il mondo è cambiato, il futuro avanza, mirabolanti innovazioni ci attendono ogni giorno e presto diventeremo azzurri come Avatar. Va bene, può darsi, ma intanto a scuola che si fa? Ieri a Napoli, ospiti di Italia Futura, ne abbiamo parlato, a partire proprio dalla scuola elementare.
Che è l’inizio di tutto, l’Origo Mundi, il principio del futuro, il punto dove parte l’istruzione, l’educazione, la passione e soprattutto la formazione della mente dei giovani. Credo sia giustissimo partire proprio di lì e sicuramente sostenere sempre più il lavoro dei «maestri d’Italia».
Adolfo Scotto Di Luzio, nella sua lucidissima analisi sullo stato della scuola, ci ha ricordato quanto valgano e quanto ci siano preziosi i maestri, ma anche quanto siano stati lasciati soli da uno Stato latitante che da anni ha abolito i programmi sostituendoli con generiche e fumose «Indicazioni ministeriali», uno Stato che ha pensato molto poco alla formazione dei maestri ma in compenso li ha sommersi di riforme confuse e contraddittorie ma soprattutto vuote di sostanza, svalutando il sapere a favore delle cosiddette competenze e allontanando sempre più la scuola dalla cultura.
Oggi più che mai è giusto, è doveroso chiederci quale sia la scuola elementare che vogliamo, oggi che i nostri giovani persino laureati, per eccesso di errori ortografici, non passano un concorso da vigile urbano (è successo in provincia di Grosseto qualche giorno fa).
Esiste una preoccupante nuova ignoranza a cui non possiamo assistere indifferenti. La maggior parte dei quindicenni di oggi che arrivano al liceo non sanno né leggere, né scrivere, né parlare. Hanno perduto il dono della parola: balbettano per mezzo minuto e restano in un silenzio imbarazzante, non capiscono i libri che leggono, non sanno scrivere quello che pensano, non conoscono la grafia corretta della loro lingua, hanno un lessico povero e limitato, non sanno leggere ad alta voce, prendere appunti, studiare, e ricordare quello che hanno letto.
È questo che volevamo ottenere quando negli Anni Settanta ci siamo battuti per una scuola più aperta e più democratica?
Oggi abbiamo una scuola elementare (molto lodata) in cui si fa preferibilmente teatro, pittura, canto, si dispongono i banchi in cerchio, si fanno gare di corsa nei corridoi e, anche, si leggono dei bei libri tutti insieme. Attività molto belle, divertenti, creative, di una scuola che desidera più che altro insegnare a stare insieme e aborre le nozioni, cioè le conoscenze, bollate ancora, e con insofferenza, come nozionismo.
Chiediamoci oggi tutti insieme se la strada è giusta, se è davvero questa la scuola elementare che vogliamo. Se sì, diciamolo chiaro e allora anche noi al liceo smetteremo di fare analisi logica e latino e greco e matematica e Dante e tutto ciò per cui ancora, ahimè, è necessario che i meccanismi del ragionamento e della costruzione del pensiero e quindi del discorso - orale e scritto - funzionino.
Ma se decidiamo davvero questo, allora smettiamo di stupirci o indignarci se 61 giovani non riescono nemmeno a diventare vigili urbani. Anzi, smettiamo anche di darne notizia.
17 01 2010
PAOLA MASTROCOLA
Il mondo è cambiato, il futuro avanza, mirabolanti innovazioni ci attendono ogni giorno e presto diventeremo azzurri come Avatar. Va bene, può darsi, ma intanto a scuola che si fa? Ieri a Napoli, ospiti di Italia Futura, ne abbiamo parlato, a partire proprio dalla scuola elementare.
Che è l’inizio di tutto, l’Origo Mundi, il principio del futuro, il punto dove parte l’istruzione, l’educazione, la passione e soprattutto la formazione della mente dei giovani. Credo sia giustissimo partire proprio di lì e sicuramente sostenere sempre più il lavoro dei «maestri d’Italia».
Adolfo Scotto Di Luzio, nella sua lucidissima analisi sullo stato della scuola, ci ha ricordato quanto valgano e quanto ci siano preziosi i maestri, ma anche quanto siano stati lasciati soli da uno Stato latitante che da anni ha abolito i programmi sostituendoli con generiche e fumose «Indicazioni ministeriali», uno Stato che ha pensato molto poco alla formazione dei maestri ma in compenso li ha sommersi di riforme confuse e contraddittorie ma soprattutto vuote di sostanza, svalutando il sapere a favore delle cosiddette competenze e allontanando sempre più la scuola dalla cultura.
Oggi più che mai è giusto, è doveroso chiederci quale sia la scuola elementare che vogliamo, oggi che i nostri giovani persino laureati, per eccesso di errori ortografici, non passano un concorso da vigile urbano (è successo in provincia di Grosseto qualche giorno fa).
Esiste una preoccupante nuova ignoranza a cui non possiamo assistere indifferenti. La maggior parte dei quindicenni di oggi che arrivano al liceo non sanno né leggere, né scrivere, né parlare. Hanno perduto il dono della parola: balbettano per mezzo minuto e restano in un silenzio imbarazzante, non capiscono i libri che leggono, non sanno scrivere quello che pensano, non conoscono la grafia corretta della loro lingua, hanno un lessico povero e limitato, non sanno leggere ad alta voce, prendere appunti, studiare, e ricordare quello che hanno letto.
È questo che volevamo ottenere quando negli Anni Settanta ci siamo battuti per una scuola più aperta e più democratica?
Oggi abbiamo una scuola elementare (molto lodata) in cui si fa preferibilmente teatro, pittura, canto, si dispongono i banchi in cerchio, si fanno gare di corsa nei corridoi e, anche, si leggono dei bei libri tutti insieme. Attività molto belle, divertenti, creative, di una scuola che desidera più che altro insegnare a stare insieme e aborre le nozioni, cioè le conoscenze, bollate ancora, e con insofferenza, come nozionismo.
Chiediamoci oggi tutti insieme se la strada è giusta, se è davvero questa la scuola elementare che vogliamo. Se sì, diciamolo chiaro e allora anche noi al liceo smetteremo di fare analisi logica e latino e greco e matematica e Dante e tutto ciò per cui ancora, ahimè, è necessario che i meccanismi del ragionamento e della costruzione del pensiero e quindi del discorso - orale e scritto - funzionino.
Ma se decidiamo davvero questo, allora smettiamo di stupirci o indignarci se 61 giovani non riescono nemmeno a diventare vigili urbani. Anzi, smettiamo anche di darne notizia.
17 01 2010
mercoledì 6 gennaio 2010
L'armata Brancaleone
In prossimità delle elezioni regionali il Pd si presenta come un'armata Brancaleone, rissosa e famelica spudoratamente. Peccato! Si è già infranto il sogno Bersani, tutto efficienza, coerenza e determinazione!
In Puglia il caso Vendola sta dimostrando tutto il peggio che c'è nell'organizzazione del partito, nel Lazio non si riesce a trovare un candidato,in Lombardia la partita è chiusa in partenza. Formigoni si ricandida, ha l'appoggio dei suoi e dell'Udc, e vincerà a mani basse, forse contro Penati. Anche il Veneto è destinato al centrodestra, con il ministro Zaia già in campagna elettorale mentre il centrosinistra non ha ancora un candidato. In Piemonte il candidato di centrosinistra c'è (è l'uscente Mercedes Bresso) che ha ottenuto l'appoggio di Casini, ma il centrodestra con il leghista Roberto Cota rischia di fare il colpaccio. Così come in Liguria, altra regione che il centrosinistra rischia di perdere (anche se l'uscente Burlando si è assicurato i voti di Casini). Ancora più drammatica è la situazione in Campania, dove l'eredità lasciata da Bassolino sta dando i suoi frutti in termini di consenso al Pdl.
Insomma, secondo i sondaggi il Pd può contare solo quattro regioni sicure: Emilia, Toscana, Umbria e Marche. Mentre Liguria, Piemonte, Basilicata, Puglia e Calabria sono considerate incerte (ma solo nelle prime due le speranze appaiono più fondate) . Già date per perse la Campania e la regione Lazio. Inutile perfino competere in Lombardia e Veneto.
Uno scenario, quest'ultimo, che fa venire i brividi alla schiena ai maggiorenti del Pd, e per Bersani il primo esame sarebbe una bocciatura completa.
In Puglia il caso Vendola sta dimostrando tutto il peggio che c'è nell'organizzazione del partito, nel Lazio non si riesce a trovare un candidato,in Lombardia la partita è chiusa in partenza. Formigoni si ricandida, ha l'appoggio dei suoi e dell'Udc, e vincerà a mani basse, forse contro Penati. Anche il Veneto è destinato al centrodestra, con il ministro Zaia già in campagna elettorale mentre il centrosinistra non ha ancora un candidato. In Piemonte il candidato di centrosinistra c'è (è l'uscente Mercedes Bresso) che ha ottenuto l'appoggio di Casini, ma il centrodestra con il leghista Roberto Cota rischia di fare il colpaccio. Così come in Liguria, altra regione che il centrosinistra rischia di perdere (anche se l'uscente Burlando si è assicurato i voti di Casini). Ancora più drammatica è la situazione in Campania, dove l'eredità lasciata da Bassolino sta dando i suoi frutti in termini di consenso al Pdl.
Insomma, secondo i sondaggi il Pd può contare solo quattro regioni sicure: Emilia, Toscana, Umbria e Marche. Mentre Liguria, Piemonte, Basilicata, Puglia e Calabria sono considerate incerte (ma solo nelle prime due le speranze appaiono più fondate) . Già date per perse la Campania e la regione Lazio. Inutile perfino competere in Lombardia e Veneto.
Uno scenario, quest'ultimo, che fa venire i brividi alla schiena ai maggiorenti del Pd, e per Bersani il primo esame sarebbe una bocciatura completa.
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