giovedì 5 marzo 2009

Andare via di qua...


I giovani vanno via da queste terre, vanno fuori, al Nord o all'estero, come quaranta cinquant'anni fa, in cerca di un lavoro, perchè qui di lavoro non ce n'è, nemmeno a pagarlo con moneta contante... Eppure non siamo più arretrati come cinquant'anni fa, ci siamo comunque agganciati anche noi al grande sviluppo economico dei paesi industriali, non siamo più sottosviluppati! Che cosa è successo allora alle nostre zone? Chi ci ha ingannato facendoci intravedere un progresso reale che invece era solo fittizio? Guardiamoci intorno! Qui il paesaggio non è più lo stesso, ampie modificazioni ne hanno alterato definitivamente la fisionomia... Dove sono i bei pascoli verdi, le terre ben coltivate, gli ulivi, le viti disposte nei lunghi filari a perdita d'occhio?... dove sono quei contadini appagati del loro lavoro, duro lavoro, è vero, ma quanto gradito alla fine, quando il raccolto era buono e ci si accontentava di poco! Oggi i giovani hanno tutti un importante livello d'istruzione e che dramma stanno vivendo, quale scoramento nel non trovare lavori corrispondenti ai livelli culturali acquisiti! Che farà mai in Irpinia un giovane laureato in ingegneria biomedica, in biotecnologia, o anche un semplice infermiere, se i pochi ospedali che ci sono rischiano di chiudere, nel disinteresse della classe politica? Le aspettative di un avvenire migliore sono pari allo zero. Chi resterà a popolare le piazze dei nostri grigi paesi nei lunghi inverni, chi prenderà nelle mani la terra dedicando ad essa il lavoro, la vita, senza pretendere troppo? Dove stiamo andando? Quale sarà il nostro futuro?
Siamo oramai come disamorati delle nostre terre, distaccati, con lo sguardo perso al di là dei nostri orizzonti, in una perenne attesa di qualcosa che forse non avverrrà. E siamo anche combattuti fra odio ed amore, fra il desiderio di andare e quello di rimanere, almeno così è per me!
Vorremmo tutti andare via da queste terre maledette, non tanto per la loro povertà in senso materiale, ma nel senso metaforico del degrado della convivenza civile. E’ inutile ostinarsi a stringerci il cuore, a vedere la bellezza dei luoghi e dei paesaggi, indiscutibili del resto, a difendere la salubrità dell’aria, la serenità del cielo e la maestosità dei monti! In queste nostre terre si è ormai esteso in profondità l’inquinamento mafioso e non solo nell'ambito del potere politico-amministrativo, ma anche in settori ampi e differenziati del tessuto sociale. Questo è secondo me il vero problema! Se infatti volessimo fare un’accurata indagine socio-economica, non possiamo negare che il percorso fin qui compiuto dalle nostre zone è un visibile processo di crescita economica, di trasformazione sociale e culturale, di espansione del benessere materiale degli individui. Oggi non abbiamo pù i problemi che si presentavano nel passato, i nostri paesi si trovano in condizioni nuove e inaspettate. La mitica arretratezza del Mezzogorno contadino è un ricordo del passato, un mito per l’appunto. L’istruzione di massa, le strade, la televisione hanno rotto definitivamente il nostro secolare isolamento. Ma proprio in virtù di ciò si deve parlare di progresso contraddittorio e distorto. Abbiamo avuto un’espansione economica sostenuta da un intervento statale consistente ma non orientato allo sviluppo produttivo e perciò incapace di innescare un circolo virtuoso crescita economica- progresso civile. L’uso illecito delle risorse pubbliche ha solo prodotto la dissoluzione delle regole che fondano una collettività civile, pertanto una nuova prospettiva produttiva e di sviluppo deve passare innanzitutto attraverso la riorganizzazione civile della nostra terra.













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