venerdì 29 luglio 2011

Hic et Nunc

Mi ritrovo con piacere nella comunità che un po’ di tempo fa si definiva provvisoria e che ora pare invece definita intorno ad un grandioso progetto comune: limitare il fenomeno dell’abbandono e della perdita della identità culturale delle nostre comunità. È un progetto grandioso perché solletica l’orgoglio del luogo nelle anime sensibili e riaccende la speranza di favorire, finalmente, la progettazione comune tra amministratori locali, soggetti economici, associazioni di liberi cittadini in una prospettiva di politica partecipata.

Se ho ben capito, al capezzale dei piccoli paesi moribondi non rimaniamo che noi, i nostalgici del buon tempo antico, quelli che quando il gran sonno avvolse l’Italia del Sud e l’uomo del volgo ignorò ogni cosa affidandosi al politico più maneggione e l’intelligente distorse la storia gettando nel sepolcreto finanche la coscienza di sé (di qui la vergogna e il disprezzo per la propria terra), hanno continuato a sognare, malgrado tutto, anche quando tutt’intorno si faceva impunemente scempio della cultura locale.

Certo, sembra veramente incredibile affidare la speranza di un riscatto delle nostre terre all’immaginazione e alla fantasia, ma è proprio così! D’altronde, quale altra via abbiamo da percorrere se non quella dell’arte, della musica e della letteratura per accedere all’anima dei luoghi? Essa non si svela al rude viandante che passa per la via , ma a chi è in sintonia con lo spirito del luogo. Gli antichi chiamavano lo spirito del luogo Genius loci, che altro non è se non il cumulo degli affetti, delle memorie di coloro che l’hanno abitato per generazioni succedutesi nel tempo. Oggi la disarmonia dei luoghi ha interrotto quel flusso energetico che alimentava la nostra vita e i nostri sentimenti e quindi noi lo possiamo cogliere soltanto con la memoria. E questa è custodita dall’arte e dalla letteratura. Si ritorna dunque alla fiducia nella creatività, ma noi non siamo passatisti, nevvero? Il progetto I piccoli paesi propone tale creatività in termini nuovi, con idee nuove e progetti d’avanguardia. Noi sappiamo bene che non vale la pena perdere altro tempo a inseguire la coda di un mondo che non tornerà più, sappiamo bene che dobbiamo immaginarne un altro, facendolo germogliare dalle radici antiche. I nostri paesi risorgeranno soltanto se accetteremo di vivere Hic et Nunc.


domenica 3 luglio 2011

Letteratura minore

Riguardo alla letteratura si discute da sempre principalmente su almeno 3 questioni fondamentali: che cosa è la letteratura, perché un testo letterario è diverso da ogni altro tipo di testo, a che cosa serve la letteratura. Quest’ultima inquietante domanda mi è stata posta, con l'ingenuità e l'incoscienza propria dell'età, da un mio alunno adolescente, non so se per mera volontà di polemica o perché veramente desideroso di avere una risposta, ma colgo al volo l’occasione per chiarire alcune idee sul concetto di letteratura. Uno dei tanti luoghi comuni largamente diffusi è quello secondo il quale la letteratura dipenderebbe essenzialmente dalla presenza nello scrittore di particolari caratteristiche come l’ispirazione, la fantasia, la sensibilità: naturalmente non possiamo negare che queste qualità costituiscano una parte integrante del lavoro letterario, ma forse non si è riflettuto abbastanza sul fatto che esse, in misura minore o maggiore, sono possedute da tutti gli esseri umani, mentre non tutti gli esseri umani sono in grado di produrre letteratura. La realtà è che la letteratura e l’arte nascono sì da un talento naturale, ma hanno anche bisogno, per trasformarsi da potenzialità in realtà concrete, di un lungo e serio lavoro di apprendistato che renda possibile l’assimilazione di regole, tecniche e procedure e conduca al pieno possesso dei “ferri del mestiere”. In primo luogo, il testo deve rispettare alcune regole formali: un’ampia competenza lessicale, nel senso non tanto di una ricchezza di vocaboli quanto di abilità nel ricercare parole inusitate. Il testo letterario è tale proprio perché si distacca dagli standard espressivi della lingua d’uso. Il contenuto è quindi determinato dalla forma. Oltre a quelle formali, un testo letterario dovrà osservare alcune regole strutturali, la principale delle quali consiste nel rispetto di un criterio di coerenza interna per cui, una volta fissate le regole del gioco, queste non si possono cambiare mentre il gioco è in corso. In altre parole, l’autore di un testo letterario stipula con il lettore una specie di patto in virtù del quale il lettore si impegna ad accettare come reale tutto ciò che l’autore gli propina mentre l’autore s’impegna a mantenere la struttura sempre coerente evitando scelte contraddittorie. Oltre alla forma e alla struttura, un terzo aspetto è sicuramente quello della sua mancanza di finalità, al quale si collega il problema del significato. A differenza dei testi d’uso, i testi letterari non si propongono apparentemente una finalità precisa: come si può dire a che cosa servono una poesia, un racconto o un romanzo? In realtà, lo scopo che la letteratura si propone è quello di “svolgere un discorso sul mondo” di offrire, cioè, partendo da un dato parziale, un’interpretazione complessiva dell’esistenza, del suo significato, dei suoi valori: insomma una sorta di specchio in cui ciascuno può riflettersi e ricercare, magari solo per analogia o per contraddizione un’identità e un senso. Chiarisco a questo punto il significato che io dò alla letteratura e quindi rispondo alla domanda a che cosa serva la letteratura, postami dal mio allievo. Premetto che amo la letteratura non perché la insegno da più di vent’anni, ma piuttosto mi sono ritrovata ad insegnarla perché la amo da quando ero bambina. Ad accrescere poi, nel tempo, la mia passione è intervenuto l’incontro entusiasmante con il critico letterario Francesco De Sanctis, oggetto della mia tesi di laurea, la cui idea di letteratura come coscienza civile e anima profonda di un popolo, me la pone davanti agli occhi come un formidabile strumento d’indagine conoscitiva, al di sopra di tutte le altre discipline umane. Confesso che la visione desanctisiana della letteratura, concepita come autobiografia dell’Italia, mi ha in parte inibita la curiosità per la letteratura straniera per molto tempo e solo da poco comincio ad apprezzare gli autori stranieri. Ho così cominciato ad orientare il mio insegnamento della letteratura nel senso della scoperta di tutto quanto c’è di umano nelle opere di ogni scrittore, in ogni latitudine del globo terrestre. E pertanto la risposta alla domanda a che cosa serva la letteratura, è la seguente: la letteratura può tenderci la mano quando siamo depressi, condurci verso gli esseri umani che ci circondano, farci comprendere meglio il mondo ed aiutarci a vivere. Essa può anche trasformarci nel profondo, qualora la pratichiamo con costanza. E non è vero che ci isola dal mondo, perché essa ha per oggetto la stessa condizione umana e chi la legge e la comprende non diventerà un esperto di analisi letteraria, ma un conoscitore dell'essere umano. Per questo nella scuola è importante comprendere le opere dei grandi scrittori che da millenni si dedicano a questo compito. Al di là della scuola che ha come compito precipuo l’insegnamento della letteratura, essa non può che essere un aiuto prezioso per tutti, per il futuro studente di diritto o di scienze sociali, per il futuro medico o per lo scienziato. Avere come maestri Shakespeare e Dante, Dostoevskij e Proust non è forse uno straordinario privilegio?
Detto questo, è chiaro che si deve fare una netta distinzione fra letteratura alta e letteratura bassa o minore, che è poi quell’infinita serie di prodotti letterari che stanno proliferando fittissimi, densissimi, nello spasmodico tentativo, comune soprattutto nei piccoli centri, di recuperare un rapporto preciso tra la scrittura e il senso dei luoghi, tra la memoria e la contemporaneità. La letteratura allora diventa l’unica via di accesso all’anima dei luoghi, a quello spirito del luogo che gli antichi chiamavano Genius loci, che, poi, altro non è se non un processo di accumulazione in un luogo di affetti e di memorie operato dalle diverse generazioni di persone che l’hanno abitato. Oggi, quindi, è questa letteratura minore che ha maggior forza, giacché opera nel territorio, ne esprime l’anima profonda, ne raccoglie e custodisce la memoria in un momento della nostra storia in cui le varie comunità stanno perdendo per sempre il senso dell’appartenenza e della identità.