venerdì 21 ottobre 2011
L'amico é
E' l'amico e'
una persona schietta come te
che non fa prediche
e non ti giudica
fra lui e te divisa
due la stessa anima
pero' lui sa
l'amico sa
il gusto amaro della verita' . .
ma sa nasconderla
e per difenderti
un vero amico anche bugiardo e'
L'amico e'
qualcosa che piu' ce n'e' meglio e'
e' un silenzio
che puo' diventare musica
da cantare insieme io con te
E' un coro e'
un grido che piu' si e' meglio e'
o o o o o o o o o o o
o o o o o o o o o o o
e il mio amore nel tuo amore e'
E' l'amico e'
il piu' deciso della compagnia
e ti convincera' a non arrenderti
anche le volte
che rincorri l'impossibile
perche' lui ha
l'amico ha
il saper vivere che manca a te . .
ti spinge a correre
ti lascia vincere
perche' un amico punto e basta e'
L'amico e'
qualcosa che piu' ce n'e' meglio e'
e' un silenzio
che puo' diventare musica
da cantare insiemeio con te
E' un coro e'
un grido che piu' si e' meglio e'
Oh Oh Oh Oh Oh Oh
Oh Oh Oh Oh Oh Oh Oh
e il mio amore nel tuo amore e'
E' l'amico e'
uno che ha molta gelosia di te
per ogni tua pazzia
ne fa una malattia
tanto che a volte ti vien voglia
di mandarlo via
pero' lui no
l'amico no
per niente al mondo io lo perdero' . .
litigheremo si
e lo sa lui perche'
eppure il mio migliore amico e'
L'amico e'
qualcosa che piu' ce n'e' meglio e'
e' un silenzio
che puo' diventare musica
da cantare in coro io con te
E' un coro e'
un grido che piu' si e' meglio e'
Oh Oh Oh Oh Oh Oh
Oh Oh Oh Oh Oh Oh Oh
e il mio amore nel tuo amore e'
e il mio amore nel tuo amore e'
martedì 18 ottobre 2011
L’INVITO AL CONFORMISMO DIETRO I TEST PER LA SELEZIONE DEI PRESIDI di Giorgio Israel
Riporto integralmente da http://www.gruppodifirenze.blogspot.com
Sul “Messaggero” di ieri Giorgio Israel, dopo aver ricordato l’incredibile numero di errori e inesattezze presenti nei test di preselezione per il concorso a dirigente scolastico, ne evidenzia un altro e più inquietante aspetto. Nella formulazione tanto delle domande che delle risposte, e in particolare nell’individuazione della risposta “corretta” tra le 4 proposte, emerge con chiarezza una “pretesa di indottrinamento ideologico”, un “brutale invito al conformismo”, in altre parole un chiaro intento di omologazione degli aspiranti presidi a un pensiero unico ministeriale.
Da parte nostra aggiungiamo di avere ricevuto, tanto per cambiare, varie segnalazioni di gravi irregolarità nello svolgimento delle prove: candidati con i cellulari accesi, sforamento dei tempi di consegna, sorveglianti che fanno finta di nulla. Ma di questo, purtroppo, non è possibile stupirsi.
È necessario trarre un primo bilancio della selezione preliminare mediante test per il concorso a dirigente scolastico. Ricordiamo la pesante procedura escogitata: i candidati dovevano studiare una “batteria” di circa 5700 domande con 4 risposte, di cui una esatta; perciò memorizzare tra quasi 23.000 risposte quelle esatte per individuarle in 100 minuti tra le 100 domande sorteggiate per la prova.
Hanno fatto scalpore le sciatterie e gli errori madornali contenuti nella “batteria”, che hanno costretto il ministero a scartare un migliaio di domande. Tuttavia, si è parlato poco di altri aspetti ben più sconcertanti. In primo luogo, delle assurdità logiche e persino della comicità di certi quesiti. La risposta esatta alla domanda su come deve essere l’ambiente scolastico era: «pulito, accogliente e sicuro». Tra le risposte sbagliate v’era: «pulito, salubre, accogliente e sicuro». Questo perché l’aggettivo “salubre” non appare nella Carta dei servizi scolastici. Ogni commento è superfluo. Alla domanda su cosa caratterizzi una “valutazione oggettiva”, la risposta esatta era “pubblica e trasparente”. Di conseguenza, anche una valutazione arbitraria e magari folle è oggettiva purché enunciata in modo pubblico e trasparente. E si potrebbe continuare con esempi dello stesso tenore.
Ma nella “batteria” vi era di molto peggio: una quantità rilevante di domande concettuali per le quali nessuno ha il diritto di imporre la risposta “giusta”. Con che diritto si da una risposta univoca alla domanda: «quale definizione di cultura tra le seguenti è maggiormente condivisa all’interno delle scienze sociali»? Perché per diventare preside si deve aderire alla definizione ministeriale di comportamento prosociale o di subcultura? O credere che la «visione di sviluppo di un’istituzione scolastica» è «l’aspirazione verso un futuro immaginato, una descrizione vivida…» anziché «una dettagliata definizione di piani, progetti e azioni»? Perché deve essere obbligatorio essere cultore delle opere di uno psicologo specialista dei disturbi specifici di apprendimento?
Tutta la parte pedagogica è un trionfo del politicamente corretto, del costruttivismo più conformista, della pretesa che i presidi siano cloni che pensano tutti allo stesso modo, conoscono le stesse teorie e aderiscono alle verità ministeriali. Anche nelle 100 domande selezionate per la prova si è preteso che i candidati conoscessero la definizione della società dell’informazione di Manuel Castells, la “filosofia per bambini” di Matthew Lipman, la visione di Stuart Hall delle dinamiche di rapporto tra un testo e i suoi lettori, che dicessero che la coesione di un gruppo è resa possibile dalla consapevolezza che il conflitto è fisiologico, e dessero una certa definizione di processo decisionale. Poi, dovevano anche sapere che «per cambiare le dimensioni della carta su cui stampare un foglio di calcolo si deve [sic] modificare le dimensioni della carta dal layout di pagina»…
Ma l’aspetto farsesco non deve distrarre da quello più grave: la pretesa di indottrinamento ideologico, il brutale invito al conformismo: se vuoi diventare preside deve pensare come dettiamo noi, non hai il diritto di essere una persona intelligente e preparatissima che ha idee autonome circa il significato della cultura, non hai il diritto di non condividere (e persino ignorare) le teorie di Lipman, Stuart Hall, Castells o altre opinabili tesi di metodologia pedagogica. Diciamolo chiaramente: questa non è roba da paese democratico, questa è roba di stile sovietico o da Minculpop. Le stesse cucine ministeriali in cui vengono confezionati questi piatti ammoniscono quotidianamente che deve essere superata la lezione ex-cathedra, la didattica “impositiva”, che occorre passare dalla scuola dell’insegnamento alla scuola dell’apprendimento, e poi si riservano il potere di indottrinamento più impositivo ed ex-cathedra che si possa immaginare. Chi scrive ha sempre difeso la scuola statale, ma una simile inaudita esplosione di statalismo totalitario è il peggior servizio che si possa farle.
Non si può dire che il ministro Gelmini condivida concezioni stataliste e la stampa ha dato conto della sua reazione severa alla cattiva gestione della vicenda. Tuttavia, per chiudere la questione il ministero ha scelto uno stile coerente con quello di tutta l’operazione. Sono stati messi in rete i nomi dell’ottantina di “esperti” autori di domande e risposte. È un modo di procedere che sa di gogna e di scarico delle responsabilità. Difatti, è incredibile che tutti gli ottanta abbiano lo stesso grado di responsabilità, e ancor meno che tra di loro si sia prodotta per incanto una totale omogeneità ideologica. La questione non può essere chiusa così. Restano senza risposta le domande su chi abbia ideato una simile procedura, chi e come l’abbia gestita e ne abbia condotto le varie fasi, chi debba rendere conto dell’accaduto. Sarebbe inaccettabile che, mentre si parla da mane a sera di valutazione e di premiare il merito, mentre si vuol giudicare l’attitudine gestionale dei futuri presidi, l’accountability valga soltanto per loro, mentre i progettisti di una siffatta miscela di incompetenza e di prepotenza ideologica non debbano rispondere del loro operato.
(Il Messaggero, 15 ottobre 2011
Sul “Messaggero” di ieri Giorgio Israel, dopo aver ricordato l’incredibile numero di errori e inesattezze presenti nei test di preselezione per il concorso a dirigente scolastico, ne evidenzia un altro e più inquietante aspetto. Nella formulazione tanto delle domande che delle risposte, e in particolare nell’individuazione della risposta “corretta” tra le 4 proposte, emerge con chiarezza una “pretesa di indottrinamento ideologico”, un “brutale invito al conformismo”, in altre parole un chiaro intento di omologazione degli aspiranti presidi a un pensiero unico ministeriale.
Da parte nostra aggiungiamo di avere ricevuto, tanto per cambiare, varie segnalazioni di gravi irregolarità nello svolgimento delle prove: candidati con i cellulari accesi, sforamento dei tempi di consegna, sorveglianti che fanno finta di nulla. Ma di questo, purtroppo, non è possibile stupirsi.
È necessario trarre un primo bilancio della selezione preliminare mediante test per il concorso a dirigente scolastico. Ricordiamo la pesante procedura escogitata: i candidati dovevano studiare una “batteria” di circa 5700 domande con 4 risposte, di cui una esatta; perciò memorizzare tra quasi 23.000 risposte quelle esatte per individuarle in 100 minuti tra le 100 domande sorteggiate per la prova.
Hanno fatto scalpore le sciatterie e gli errori madornali contenuti nella “batteria”, che hanno costretto il ministero a scartare un migliaio di domande. Tuttavia, si è parlato poco di altri aspetti ben più sconcertanti. In primo luogo, delle assurdità logiche e persino della comicità di certi quesiti. La risposta esatta alla domanda su come deve essere l’ambiente scolastico era: «pulito, accogliente e sicuro». Tra le risposte sbagliate v’era: «pulito, salubre, accogliente e sicuro». Questo perché l’aggettivo “salubre” non appare nella Carta dei servizi scolastici. Ogni commento è superfluo. Alla domanda su cosa caratterizzi una “valutazione oggettiva”, la risposta esatta era “pubblica e trasparente”. Di conseguenza, anche una valutazione arbitraria e magari folle è oggettiva purché enunciata in modo pubblico e trasparente. E si potrebbe continuare con esempi dello stesso tenore.
Ma nella “batteria” vi era di molto peggio: una quantità rilevante di domande concettuali per le quali nessuno ha il diritto di imporre la risposta “giusta”. Con che diritto si da una risposta univoca alla domanda: «quale definizione di cultura tra le seguenti è maggiormente condivisa all’interno delle scienze sociali»? Perché per diventare preside si deve aderire alla definizione ministeriale di comportamento prosociale o di subcultura? O credere che la «visione di sviluppo di un’istituzione scolastica» è «l’aspirazione verso un futuro immaginato, una descrizione vivida…» anziché «una dettagliata definizione di piani, progetti e azioni»? Perché deve essere obbligatorio essere cultore delle opere di uno psicologo specialista dei disturbi specifici di apprendimento?
Tutta la parte pedagogica è un trionfo del politicamente corretto, del costruttivismo più conformista, della pretesa che i presidi siano cloni che pensano tutti allo stesso modo, conoscono le stesse teorie e aderiscono alle verità ministeriali. Anche nelle 100 domande selezionate per la prova si è preteso che i candidati conoscessero la definizione della società dell’informazione di Manuel Castells, la “filosofia per bambini” di Matthew Lipman, la visione di Stuart Hall delle dinamiche di rapporto tra un testo e i suoi lettori, che dicessero che la coesione di un gruppo è resa possibile dalla consapevolezza che il conflitto è fisiologico, e dessero una certa definizione di processo decisionale. Poi, dovevano anche sapere che «per cambiare le dimensioni della carta su cui stampare un foglio di calcolo si deve [sic] modificare le dimensioni della carta dal layout di pagina»…
Ma l’aspetto farsesco non deve distrarre da quello più grave: la pretesa di indottrinamento ideologico, il brutale invito al conformismo: se vuoi diventare preside deve pensare come dettiamo noi, non hai il diritto di essere una persona intelligente e preparatissima che ha idee autonome circa il significato della cultura, non hai il diritto di non condividere (e persino ignorare) le teorie di Lipman, Stuart Hall, Castells o altre opinabili tesi di metodologia pedagogica. Diciamolo chiaramente: questa non è roba da paese democratico, questa è roba di stile sovietico o da Minculpop. Le stesse cucine ministeriali in cui vengono confezionati questi piatti ammoniscono quotidianamente che deve essere superata la lezione ex-cathedra, la didattica “impositiva”, che occorre passare dalla scuola dell’insegnamento alla scuola dell’apprendimento, e poi si riservano il potere di indottrinamento più impositivo ed ex-cathedra che si possa immaginare. Chi scrive ha sempre difeso la scuola statale, ma una simile inaudita esplosione di statalismo totalitario è il peggior servizio che si possa farle.
Non si può dire che il ministro Gelmini condivida concezioni stataliste e la stampa ha dato conto della sua reazione severa alla cattiva gestione della vicenda. Tuttavia, per chiudere la questione il ministero ha scelto uno stile coerente con quello di tutta l’operazione. Sono stati messi in rete i nomi dell’ottantina di “esperti” autori di domande e risposte. È un modo di procedere che sa di gogna e di scarico delle responsabilità. Difatti, è incredibile che tutti gli ottanta abbiano lo stesso grado di responsabilità, e ancor meno che tra di loro si sia prodotta per incanto una totale omogeneità ideologica. La questione non può essere chiusa così. Restano senza risposta le domande su chi abbia ideato una simile procedura, chi e come l’abbia gestita e ne abbia condotto le varie fasi, chi debba rendere conto dell’accaduto. Sarebbe inaccettabile che, mentre si parla da mane a sera di valutazione e di premiare il merito, mentre si vuol giudicare l’attitudine gestionale dei futuri presidi, l’accountability valga soltanto per loro, mentre i progettisti di una siffatta miscela di incompetenza e di prepotenza ideologica non debbano rispondere del loro operato.
(Il Messaggero, 15 ottobre 2011
lunedì 3 ottobre 2011
IRISBUS: l'annuncio della fine
La vicenda Irisbus prende avvio l'8 luglio 2011 mediante il comunicato emesso dalla società IRISBUS ITALIA SpA con quanto segue:
IRISBUS ITALIA SpA con sede legale in Torino ha intenzione di trasferire alla ITALA S.p.A con sede legale in Macchia d'Isernia (IS), il ramo d'azienda costituito dallo Stabilimento di Valle Ufita, sito in FLumeri (AV), nel contempo ITALA S.p.A ha intenzione di ricevere il suddetto ramo d'azienda.
La produzione dello Stabilimento di Valle Ufita è destinata principalmente al mercato italiano degli autobus urbani e, in misura minore, alla produzione di granturismo, con l'acquisizione di commesse attraverso la partecipazione di gare d'appalto di forniture indette dalle Aziende di Trasporto pubblico. Il mercato degli autobusin Italia continua ad essere pesantemente colpito da una grave crisi che ha visto drasticamente ridursi le immatricolazioni nel corso degli ultimi anni, passando da 1444 unità del 2006 alle 113 del 2010 e alle 291 assegnate nell'anno in corso.
Nello stesso periodo la produzione complessiva dello stabilimento di Valle Ufita è scesa da 717 unità nel 2006, a 472 nel 2010 e consuntiva, nei primi sei mesi dell'anno in corso, 145 autobus. Le previsioni per il medio periodo continuano ad evidenziare l'attuale trend di forte contrazione della domanda e, al momento, non è pertanto ipotizzabile una ripresa con valori produttivi che consentano la giustificazione, da un punto di vista industriale, del sito produttivo.
Torino, 14 set - Irisbus chiude lo stabilimento di Valle Ufita. La societa’ dell’Iveco che opera nel settore della produzione e commercializzazione degli autobus urbani, extraurbani e turistici, prende atto della rinuncia, comunicata ieri, del Gruppo DR all’acquisizione dello stabilimento di Valle Ufita. “Di fronte all’impossibilita’ di portare a termine l’unica soluzione individuata, che consentiva l’avvio di una nuova iniziativa imprenditoriale ed industriale per assicurare continuita’ al sito - e’ scritto in una nota -, l’azienda sarà costretta, suo malgrado, ad avviare le procedure consentite dalla legge per cessare le attivita’ dello stabilimento”.
“Irisbus Italia, e’ scritto ancora - si rammarica del fatto che le strumentalizzazioni sviluppatesi su questa vicenda non abbiano nemmeno consentito la verifica della nuova soluzione industriale delineata, che avrebbe garantito prospettive di occupazione e di reddito”. La Dr dell’imprenditore De Risio ha infatti comunicato la rinuncia a seguito del “perdurare del clima di tensione emerso nelle ultime settimane” nello stabilimento. I sindacati non ritengono Dr in grado di gestire lo stabilimento anche alla luce dell’impegno che lo attende a Termini Imerese dove dovra’ rilevare una parte dell’area industriale dismessa da Fiat. Ieri, alcune decine di lavoratori sono rimasti in fabbrica per un presidio interno, mentre i sindacati chiedono che la vicenda venga risolta dal governo, dai ministero dello sviluppo economico e dallo stesso sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta. La rinuncia di Di Risio, peraltro, e’ stata accolta positivamente dai sindacati e in particolare dal leader della Uilm Rocco Palombella che l’ha definita una “assunzione di reponsabilita” e ora chiede un confronto con il Lingotto. Discussione che pero’ l’azienda ritiene ormai inutile. “Come e’ noto - prosegue il comunicato di Irisbus - la societa’ ha subito molto duramente gli effetti della grave crisi che ha colpito il mercato degli autobus urbani in Italia, le cui immatricolazioni si sono drammaticamente ridotte. Cio’ ha determinato una progressiva e costante contrazione dei volumi produttivi dello stabilimento, che sono passati dai 717 veicoli del 2006 ai soli 145 autobus, di cui meno di 100 urbani, dei primi sei mesi del 2011. Due mesi di approfondimenti ed incontri, anche mediante l’istituzione di tavoli tecnici ad hoc - conclude la societa’ - hanno confermato che la situazione attuale delle gare e le previsioni per il medio periodo continuano ad evidenziare un trend di forte contrazione della domanda, peraltro fortemente condizionata, nell’attuale congiuntura, dalla scarsita’ di fondi pubblici, che non consente di mantenere un’offerta competitiva e di proseguire l’attivita’ industriale dello stabilimento di Valle Ufita”.
20-set.-Manifestazione dei dipendenti a Roma
21 set.- Fiat accetta di prorogare l'attività fino al 31-12-2011.
IRISBUS ITALIA SpA con sede legale in Torino ha intenzione di trasferire alla ITALA S.p.A con sede legale in Macchia d'Isernia (IS), il ramo d'azienda costituito dallo Stabilimento di Valle Ufita, sito in FLumeri (AV), nel contempo ITALA S.p.A ha intenzione di ricevere il suddetto ramo d'azienda.
La produzione dello Stabilimento di Valle Ufita è destinata principalmente al mercato italiano degli autobus urbani e, in misura minore, alla produzione di granturismo, con l'acquisizione di commesse attraverso la partecipazione di gare d'appalto di forniture indette dalle Aziende di Trasporto pubblico. Il mercato degli autobusin Italia continua ad essere pesantemente colpito da una grave crisi che ha visto drasticamente ridursi le immatricolazioni nel corso degli ultimi anni, passando da 1444 unità del 2006 alle 113 del 2010 e alle 291 assegnate nell'anno in corso.
Nello stesso periodo la produzione complessiva dello stabilimento di Valle Ufita è scesa da 717 unità nel 2006, a 472 nel 2010 e consuntiva, nei primi sei mesi dell'anno in corso, 145 autobus. Le previsioni per il medio periodo continuano ad evidenziare l'attuale trend di forte contrazione della domanda e, al momento, non è pertanto ipotizzabile una ripresa con valori produttivi che consentano la giustificazione, da un punto di vista industriale, del sito produttivo.
Torino, 14 set - Irisbus chiude lo stabilimento di Valle Ufita. La societa’ dell’Iveco che opera nel settore della produzione e commercializzazione degli autobus urbani, extraurbani e turistici, prende atto della rinuncia, comunicata ieri, del Gruppo DR all’acquisizione dello stabilimento di Valle Ufita. “Di fronte all’impossibilita’ di portare a termine l’unica soluzione individuata, che consentiva l’avvio di una nuova iniziativa imprenditoriale ed industriale per assicurare continuita’ al sito - e’ scritto in una nota -, l’azienda sarà costretta, suo malgrado, ad avviare le procedure consentite dalla legge per cessare le attivita’ dello stabilimento”.
“Irisbus Italia, e’ scritto ancora - si rammarica del fatto che le strumentalizzazioni sviluppatesi su questa vicenda non abbiano nemmeno consentito la verifica della nuova soluzione industriale delineata, che avrebbe garantito prospettive di occupazione e di reddito”. La Dr dell’imprenditore De Risio ha infatti comunicato la rinuncia a seguito del “perdurare del clima di tensione emerso nelle ultime settimane” nello stabilimento. I sindacati non ritengono Dr in grado di gestire lo stabilimento anche alla luce dell’impegno che lo attende a Termini Imerese dove dovra’ rilevare una parte dell’area industriale dismessa da Fiat. Ieri, alcune decine di lavoratori sono rimasti in fabbrica per un presidio interno, mentre i sindacati chiedono che la vicenda venga risolta dal governo, dai ministero dello sviluppo economico e dallo stesso sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta. La rinuncia di Di Risio, peraltro, e’ stata accolta positivamente dai sindacati e in particolare dal leader della Uilm Rocco Palombella che l’ha definita una “assunzione di reponsabilita” e ora chiede un confronto con il Lingotto. Discussione che pero’ l’azienda ritiene ormai inutile. “Come e’ noto - prosegue il comunicato di Irisbus - la societa’ ha subito molto duramente gli effetti della grave crisi che ha colpito il mercato degli autobus urbani in Italia, le cui immatricolazioni si sono drammaticamente ridotte. Cio’ ha determinato una progressiva e costante contrazione dei volumi produttivi dello stabilimento, che sono passati dai 717 veicoli del 2006 ai soli 145 autobus, di cui meno di 100 urbani, dei primi sei mesi del 2011. Due mesi di approfondimenti ed incontri, anche mediante l’istituzione di tavoli tecnici ad hoc - conclude la societa’ - hanno confermato che la situazione attuale delle gare e le previsioni per il medio periodo continuano ad evidenziare un trend di forte contrazione della domanda, peraltro fortemente condizionata, nell’attuale congiuntura, dalla scarsita’ di fondi pubblici, che non consente di mantenere un’offerta competitiva e di proseguire l’attivita’ industriale dello stabilimento di Valle Ufita”.
20-set.-Manifestazione dei dipendenti a Roma
21 set.- Fiat accetta di prorogare l'attività fino al 31-12-2011.
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