sabato 1 gennaio 2022
Il cambiamento che verrà
Ripensare la scuola, ora o mai più. Il ministro Bianchi ha annunciato che a
settembre comincerà un anno costituente per la scuola italiana, finalmente messa
al centro dell’azione politica. Ci piacerebbe che così fosse, ma siamo certi che
i veri problemi della scuola il ministro non li conosca, come non li conosceva
la precedente ministra Azzolina, benché provenisse lei stessa dal mondo della
scuola, come non li conoscono i tanti giornalisti che spavaldamente ne parlano
come se fosse di loro competenza. La conseguenza di tutto questo gran parlare fa
sì che sulla scuola da troppo tempo ormai grava una vuota retorica che non
coglie minimamente la realtà e anzi la travisa. Quello della scuola è un mondo
chiuso, asfittico e ridondante, una macchina farraginosa che procede per
inerzia, svuotata di ogni valore. Nessuno può sapere come funziona se non chi vi
opera all’interno da tanti anni e vede con i propri occhi lo sfacelo consumato
per anni nel tentativo di rincorrere il nuovo. Pensiamo ad esempio alla
valutazione degli apprendimenti, condizionata ormai anche dalle pressioni dei
genitori diventati negli ultimi tempi il sindacato dei figli, nelle scuole di
tutta Italia. Chi si è mai preoccupato di arginare questa sciagura abbattutasi
sulla scuola col beneplacito di dirigenti, funzionari e figure gerarchiche ai
più alti livelli? A me personalmente è capitato più di una volta di essere
contestata da genitori per un voto non sufficiente dato al loro figlio,
addirittura sono stata richiamata per non avere dato un dieci ad un compito
deludendo l’aspettativa di una madre che pretendeva di competere con me, non
essendo un’insegnante e nemmeno laureata. Ma di simili episodi ogni scuola ha le
sue stimmate ed anche questi hanno determinato la promozione per tutti, con
conseguente valutazione al rialzo netto dei voti. Da almeno un decennio nelle
scuole vige un sistema di valutazione che parte dal 6 cosiddetto politico per
arrivare agli esami di maturità con i 10, che altro non sono se non 8, 7, 6,
mentre i 6 sono 4. Bella cosa! Insomma dalla scuola, diciamo un liceo classico o
scientifico, (le scuole professionali e tecniche sono un altro mondo di cui si
dovrà parlare in altra occasione), può capitare che escano con un diploma che
attesti competenze sufficienti ragazzi che hanno carenze anche gravi nelle
discipline fondamentali. A parte il fatto che siffatto sistema per me è
altamente diseducativo in quanto disabitua i giovani alle sconfitte come momenti
di crescita e di miglioramento, ma soprattutto fa immaginare come questi
affronteranno le professioni future, perché dato per scontato che la laurea oggi
non si nega a nessuno e tutti possono aspirare a diventare medici, ingegneri,
architetti, pensate che una buona formazione non incida su una solida
professionalità? Se poi vediamo morire i pazienti o crollare i ponti ce la
facciamo la domanda “ ma questi come hanno studiato?”. Io non ho mai pensato
alla bocciatura come punizione o come mezzo si selezione discriminatoria, però
se un alunno non consegue neppure gli obiettivi minimi delle discipline ha
sbagliato indirizzo oppure non è portato per lo studio. Ma che c’è di male in
questo? Le famiglie ne fanno una questione di onore e accampano assurde pretese
dalla scuola che a furia di rispondere alla clientela e alla richiesta del
mercato, ha ceduto riducendo sempre più i propri obiettivi. Basti pensare al
latino. Pur di renderlo piacevole e accattivante lo si è marginalizzato come
lingua morta e non spendibile sul mercato, mentre la verità è che la lingua
latina fa la differenza reale fra chi sa e chi non sa, fra chi è capace e chi
non lo è. Ma dire questo oggi è una bestemmia. Il latino non si fa più nemmeno
alla Facoltà di lettere classiche come un tempo. Tornando quindi al tema della
valutazione, mi chiedo come si sia arrivati a concepire la bocciatura
addirittura come un danno irreparabile. Io al contrario sono convinta che
promuovere chi non lo merita procura un grave danno non solo individuale ma
sociale. Innanzitutto si creano illusioni nelle famiglie e nei ragazzi che si
fanno l’idea di avere conoscenze e competenze che non hanno e nella società
perché andrebbe a creare un’ingiusta diseguaglianza, mettendo i bravi e i
meritevoli in concorrenza con chi ha dalla sua amicizie e relazioni, perpetuando
il nostro antico italico malcostume che tanti danni ha creato. A questo si
aggiunge il fatto che i ragazzi bravi e meritevoli, i migliori cervelli, per
dirla con un’espressione oggi in voga, sono costretti ad espatriare perché in
Italia il lavoro c’è solo per i figli di che conseguono con fior di quattrini le
lauree più prestigiose, se mai all’estero e in istituzioni private, occupando
posti chiave nella Pubblica Amministrazione o nelle libere professioni. Io mi
auguro che l’anno che verrà sia veramente l’anno costituente della scuola
italiana. Alla politica è demandata la determinazione nell'affrontare un totale
ripensamento del sistema scolastico, in risposta alle esigenze sempre più
complesse della società civile, alla società si chiede una maggiore
responsabilità nell'utilizzo della scuola come elemento di mobilità sociale
autenticamente democratica.
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