E se la piazza in ogni piccolo paese ritornasse ad essere il luogo dell'incontro e della memoria, com'era un tempo?...
Quando io ero una bambina, al mio paese, le case erano soltanto l'indispensabile rifugio che proteggeva dal freddo e dalle intemperie, e parlo non solo della mia casa, piccola, modesta e appena appena capace di contenere tutta la famiglia, parlo delle case di tutti le quali avevano più o meno le stesse dimensioni, ma soprattutto le stesse caratteristiche. C'erano ovviamente le case dei ricchi con qualche stanza in più, con più ornamenti, ma la vita familiare fra le pareti domestiche era la stessa per tutti. Più importante era lo spazio esterno, i vicoli, le piazze, le strade. Era qui che si consumava il nostro tempo, soprattutto era la piazza il cuore vivo e pulsante dell'intera comunità. S. Angelo dei Lombardi aveva allora la piazza più bella e più moderna di tutti gli altri paesi del circondario ed era l'orgoglio di tutti, giovani e vecchi. Essa s'inseriva tra la Cattedrale e il Castello come in un'enclave chiusa e protetta, con magnifici marciapiedi alberati e un'ampia via nel mezzo, inondata di luce in pieno giorno e illuminata da un cielo lunare puntellato di luminosissime stelle nelle lunghe sere d'estate. Ah!... Le lunghissime sere d'estate, piena la piazza di gente che conversava con affabulante ironia per ore ed ore, tanto che ci dispiaceva dire "Buona notte, a domani!"
La piazza ci assorbiva, ci esaltava, ci riempiva il cuore come solo può fare un amorevole amico sempre presente! Le case allora rimanevano sullo sfondo, sparivano quasi, riservate alle cure segrete di chi le abitava. La nostra vita era fuori, nelle strade, nella piazza dove le differenze sociali, ideologiche, di classe si annullavano in una comunanza di vita che ci affratellava rendendoci una grande famiglia. Nella piazza abbiamo conosciuto altri luoghi, altre usanze, ci siamo confrontati, talvolta anche con qualche amarezza, con persone che vivevano a Roma, a Napoli, a Milano, giacché venivano a villeggiare nel nostro paese e si distinguevano da noi per il loro abbigliarsi, per qualche nota di lusso nelle loro consuetudini, macchine importanti, moto, bici. Tutto questo era per noi bello, esaltante e malgrado la nostra povertà ci sentivamo alla pari. La piazza era di tutti, era la nostra piazza e c'era sempre un angolo che ci apparteneva.
Nelle strade si sentiva il vociare di tanti bambini festosi che tutto il giorno instancabilmente si rincorrevano, giocavano a nascondino, a palla prigioniera, alla settimana, a calcio fino a sera tarda, quando le mamme li richiamavano per lavarli, farli cenare e metterli a letto esausti e felici per la giornata piena di gioco. Sulle strade si affacciavano tante botteghe di umili ma bravi artigiani, calzolai, sarti, barbieri, mentre gli unici due bar del paese ospitavano i soliti sfaccendati che giocavano a carte nei lunghi pomeriggi assolati...
Questa era la nostra vita, semplice e piena di piccole ma grandi soddisfazioni, stavamo bene, avevamo un'unica grande casa che ci accoglieva tutti!