La questione meridionale ha avuto tante definizioni, per lo meno da un secolo a questa parte: ne abbiamo sentito parlare in termini di questione agraria, questione industriale, questione morale e, per contrasto, anche di questione settentrionale. Oggi, però, il degrado della convivenza civile nel Sud induce a parlare di questione criminale, punto e basta. Già... Questione criminale! Non c'è altro aggettivo più pertinente di questo per spiegare il come ed il perché di tale degrado, a tutti i livelli.
In molte aree del Meridione (e non illudiamoci che quelle aree siano solo "quelle" che tutti sappiamo,dove si consumano efferati delitti) l'illegalità si è diffusa, senza peraltro configurarsi necessariamente come criminalità tout court, a tal punto che ha ribaltato le regole del vivere civile, ha investito le basi economiche, le strutture sociali, la vita collettiva, l'intera organizzazione della società. Purtroppo, ovunque nel Sud si convive con fenomeni di sopraffazione e di asservimento, di indistinzione tra pubblico e privato, di scambio di protezioni e di fedeltà personali, modi e costumi feudali nel terzo millennio. In simili comportamenti, che non sono soltanto la peculiarità di una partecipazione distorta alla vita collettiva, ma che si perpetuano finanche a livello di interazione individuale, si annida l'illegalità legalizzata.
Se parliamo, ad esempio, di rapporti di amicizia, di colleganza in un ambiente di lavoro, o di semplice rispetto della persona che ti sta di fronte, che ha bisogno di aiuto e te lo chiede, non possiamo non renderci conto di come le cose siano profondamente cambiate, nel senso dell'assoluta negatività dei rapporti. Ad ogni livello si è instaurata una modalità di interazione esclusivamente fondata sul "do ut des". Si è incrinato il rapporto di fiducia, è venuta meno la lealtà, la schiettezza della comunicazione, insomma siamo diffidenti l'uno dell'altro, cosicché quando ci troviamo di fronte ad una qualsivoglia persona, la domanda non espressa che tutti ci facciamo è: "A chi appartieni?"...
Insomma,la fiducia su cui si basavano un tempo le relazioni sociali, o è fedeltà ad un partito, ad una lobbie, a una corporazione, a un capo, oppure non è. Immaginiamo ora i guasti che simili comportamenti hanno determinato nella vita sociale e soprattutto politica: i termini fondamentali della sovranità della legge e della tutela dei diritti dei cittadini vengono del tutto annullati, l'arbitrio, l'illegalità, il controllo violento sulla vita delle persone la fanno da padrone, in una mistura di falsità ed immoralità camuffate da un'apparente modernità.
Questo è il Sud! Una grande società male strutturata nei diversi ambiti: economico, sociale, politico, culturale, civile. Il nostro Sud non è più agricolo, non ci sono più contadini né proprietari e ciò ha smantellato il sistema degli antichi valori, quelli del mos maiorum,per intenderci, quei valori legati alla terra, al mutare delle stagioni, alle incertezze esistenziali di una vita grama, o meglio sobria nelle sue regole che imponevano innanzitutto il rispetto dell'altro, la sacralità della persona, l'attenzione ai bisogni collettivi, sia pure per un sentimento di carità cristiana e di commiserazione per i deboli. Era pacifico che esistessero i ricchi ed esistessero i poveri in ambienti diametralmente opposti, ma c'erano regole di moralità uguali per tutti. La morale cattolica non faceva sconti ai potenti, tutti riconoscevano un'etica comune di comportamento, per lo meno in pubblico, specialmente per coloro i quali rivestivano una carica politica. Oggi tutto questo è irreversibilmente perduto. L'attuale società meridionale è caratterizzata da una struttura urbana fondata su indifferenziati ceti intermedi di dubbia modernità. Assistiamo per esempio a mode e a costumi appresi dalla televisione per lo più acriticamente, che hanno cancellato le tradizioni più significative di un'antica civiltà in nome di una presunta modernità, assai discutibile. Fa specie vedere nelle campagne ville hollywoodiane al posto degli antichi casolari, così come strutture alberghiere o ristoranti a cinque stelle in paesini che ancora conservano il vecchio campanile sovrastante il piccolo borgo antico. La gente del Sud è disorientata, senza più un'identità antropologico-culturale. Dove stiamo andando? Nell'incertezza generalizzata aumenta vertiginosamente la disoccupazione specialmente giovanile e femminile, la fuga dei cervelli verso il Nord o addirittura verso l'Europa o l'America. E mentre i paesi si spopolano, si espandono smisuratamente modelli di comportamenti ed organizzazioni criminali, si devasta il territorio, il paesaggio, nell'apatia totale.
Ma di chi è la colpa? In un documento di qualche anno fa elaborato dalla CEI si dichiarava che forse l'ostacolo principale a una crescita del Mezzogiorno risiede nei gruppi di potere locali che si presentano verso il centro come garanti di consenso e verso la base come erogatori di risorse clientelari più o meno soggette all'arbitrio, all'illegalità, al controllo violento. Nel Sud si è consolidato da oltre un ventennio, ormai,un nuovo sistema politico-amministrativo capace di esercitare una forma di gestione del potere che amministra, secondo criteri antitetici ai principi di legalità e di interesse pubblico, il mercato politico, il mercato degli appalti, il mercato del lavoro attraverso un circuito perfettamente strutturato di lobbies politico-economiche, di clientele sociali e di esperte competenze professionali, che spaziano dal territorio alla legislazione, dal fisco agli investimenti. A questa già difficile situazione si è poi aggiunto, come ulteriore spinta verso il degrado morale, il fenomeno del Berlusconismo che ha fatto presa sulla parte debole del popolo meridionale mediante i programmi televisivi di Mediaset, che hanno dato il colpo di grazia ai valori positivi tradizionali, in nome della "modernità".