mercoledì 25 novembre 2015

23 novembre 1980

Quel giorno c'ero anch'io...
Ero a Grottaminarda, nella mia casa di giovane sposa, con un bimbo di 2 anni che mi giocava in salotto con le costruzioni Lego. Avevo preparato sin dal primo pomeriggio la borsa con i suoi abitini, le sue scarpette, i suoi giochi preferiti. Dovevamo infatti recarci nel pomeriggio a S. Angelo, a casa dei miei, come facevamo ogni domenica, ma quel giorno mio marito, che era partito la mattina insieme a suo padre per affari di commercio, tardava ben oltre l'orario stabilito. Io ero in preda all'ansia perché quella sera avrei dovuto lasciare il piccolo a casa dei miei per qualche giorno. Ero  prossima ad un esame universitario e  lasciare il bambino coi nonni e con le zie che lo riempivano di ogni attenzione mi avrebbe consentito di studiare gli ultimi giorni prima dell'esame tranquilla e serena. Alle 19,35 un forte boato, seguito subito da una violenta scossa mi sorprese sola in casa con il mio bambino. Capii subito che era un terremoto, istintivamente presi in braccio mio figlio e corsi alla porta, verso l'uscita. La porta si era bloccata e non riuscivo ad aprirla in nessun modo, intanto le scosse si susseguivano ed in casa cadevano varie suppellettili. Rimasi sotto l'arco della porta interminabili minuti fino a quando non arrivò mio marito che riuscì a portarci fuori, non senza fatica. La gente in strada era in preda al panico e correva urlando da ogni parte. Tuttavia ciò che si vide in quei frangenti a Grottaminarda non faceva presagire l'immane catastrofe che si era abbattuta in Alta Irpinia e nel mio paese, S.Angelo dei Lombardi. Passammo la notte accampati in uno spazio aperto facendo delle nostre auto rifugio contro il freddo. Molta gente si era riunita in quello spazio. Venne acceso un fuoco, un grande falò con vecchi pneumatici  e quasi tutta la notte la trascorremmo intorno a quel fuoco, uniti, stretti dalla comune paura. Le scosse continuarono tutta la notte e fu solo al mattino, verso le 4.30, quando la radio lo annunciò senza mezzi termini, che venimmo a sapere che S:Angelo e Lioni erano stati rasi al suolo. Io e mio marito lasciammo il piccolo Lino ai nonni e ci mettemmo in macchina alla volta di S.Angelo. Non voglio ricordare tutto quel che vidi quando arrivammo in paese, mi fa troppo male, anche se la mia mente ha rimosso le immagini più sconvolgenti  ed i ricordi sono come sfocati, immagini di un film visto tanto tempo fa...
Ricordo però il puzzo di cadaveri, la polvere, gli ammassi  enormi di calcinacci al posto di case e palazzi, il dolore, la disperazione sul volto dei superstiti e poi un senso di lacerazione profonda nel cuore che, quella sì, è rimasta per tanti anni  ancora dopo quel maledetto giorno.

domenica 22 novembre 2015

In memoria

  1. Si chiamava 2
  2. Moammed Sceab
  3. Discendente
  4. di emiri di nomadi
  5. suicida
  6. perché non aveva più
  7. Patria
  8. Amò la Francia
  9. e mutò nome
  10. Fu Marcel
  11. ma non era Francese
  12. e non sapeva più
  13. vivere
  14. nella tenda dei suoi 3
  15. dove si ascolta la cantilena
  16. del Corano 4
  17. gustando 5 un caffè
  18. E non sapeva
  19. sciogliere
  20. il canto
  21. del suo abbandono
  22. L’ho accompagnato
  23. insieme alla padrona dell’albergo 6
  24. dove abitavamo
  25. a Parigi
  26. dal numero 5 della rue des Carmes
  27. appassito 7 vicolo in discesa.
  28. Riposa 8
  29. nel camposanto d’Ivry
  30. sobborgo che pare
  31. sempre
  32. in una giornata
  33. di una 9
  34. decomposta 10 fiera
  35. E forse io solo 11
  36. so ancora
  37. che visse. 

lunedì 16 novembre 2015

Scontro di civiltà?

Ciò che è avvenuto a Parigi venerdì 13 novembre 2015, una vera e propria operazione militare di quelle che non si erano viste nell’Europa occidentale dai tempi della seconda guerra mondiale, va esaminato non solo sotto il profilo della politica internazionale, militare e della sicurezza, ma anche del significato che occorre attribuirle dal punto di vista culturale e della ricaduta che potrebbe avere in contesti come quello dei sistemi educativi europei, sempre più multietnici e multiculturali.
Perché un conto è ritenere che ci si trovi di fronte a un’azione che, per quanto sanguinosa e condotta in modo organizzato, resta su un terreno politico-militare, che si tratti insomma di un episodio di terrorismo, reso ancora più barbaro dal fatto di aver fatto vittime assolutamente incolpevoli.
Altro è, e su questo va fatta un’approfondita riflessione, giungere alla conclusione che la strage di Parigi restituisca attualità e attendibilità alla teoria dello ‘scontro di civiltà’, proposta tra molte polemiche negli anni novanta dello scorso secolo da Samuel Huntington, secondo il quale, a seguito della crescita economica e demografica di altre civiltà, come quella islamica (o quella cinese, indiana ecc.), il modello di civiltà occidentale, fondato su pluralismo, tolleranza e libertà individuale, sarebbe destinato a entrare in conflitto con altri, come quello islamico, ove prevalgono tendenze integraliste, assolutiste e teocratiche.
Bisogna capire se è questo che sta avvenendo, e se davvero il mondo occidentale deve rassegnarsi ad abbandonare il progetto (che ha radici giudaico-cristiane e percorre tutta la cultura euro-americana, da Kant a Dewey) di una universalizzazione dei diritti e dei valori della sua tradizione politica, filosofica e anche pedagogica, centrata sull’incommensurabile importanza, dignità e valore della persona e della sua vita: quella vita, a partire dalla propria, che i kamikaze islamici di Parigi hanno mostrato di non tenere in alcun conto.
Noi ci auguriamo che quanto accaduto a Parigi non induca il mondo occidentale ad arroccarsi e a rinunciare al dialogo con altre culture, che è l’unica strada che può portare a recidere le radici del fanatismo e dell’ideologia della ‘bella morte’.
[ Da Tuttoscuola.com]