lunedì 28 settembre 2009

Ho incontrato il PD

Mi sono iscritta al Pd, voglio sostenerlo, ne condivido il progetto, che trovo grandioso!...
Quando è nato, nel 2007, sulle ceneri dell'Ulivo, ha entusiasmato molti: era un progetto assolutamente nuovo e suscitò perciò molte aspettative. Nasceva dall'incontro dei tre principali partiti della storia repubblicana: Il Partito Comunista italiano, la Democrazia cristiana ed il Partito socialista italiano, tre linee di pensiero che, pur nella diversità, convergevano nella concezione dell'uomo al centro di ogni attenzione da parte di uno Stato equo, giusto e solidale. Non poteva quindi non risvegliare le coscienze civili, assopite da un lungo torpore; non dimentichiamo che fino alla fine degli anni novanta c'era stato un lungo periodo in cui la politica si era adagiata sul vissuto, sul ripetitivo, su una prassi consolidata e consumata, che non lasciava intravedere nessun rinnovamento, nessuna cesura rispetto al passato. Abbiamo provato noia e disgusto per quella prassi politica, addirittura una sorta di asfissia al solo pensarla. Il Partito democratico ci ha subito catturato ed abbiamo sofferto quando l'abbiamo visto in crisi per un'emorragia di voti sempre più estesa. Abbiamo sofferto con Prodi, con Veltroni, con Franceschini, a tutt'oggi. L'idea nuova e geniale che sottende al partito, l'alba di un nuovo giorno non riesce ancora a dare bagliori di luce, delude le aspettative, perde voti quasi ogni giorno, ma noi non demordiamo, esso vivrà e sarà finalmente il centro di gravità permanente per tutti coloro che oggi sono smarriti.
Ma perché il PD delude le aspettative? Dov'è l'errore di strategia? E' forse un progetto troppo ambizioso e perciò stesso un'utopia, oppure delude per la mancanza di una leadership forte, di un capo carismatico, alla Berlusconi, per intenderci?
Io mi sono iscritta a questo partito in un momento cruciale della sua storia, a ridosso del suo congresso fondativo che, almeno si spera, darà una svolta con la segreteria di Pierluigi Bersani. Da subito, come sono entrata nella sede del partito, ho capito in quali gravi difficoltà si dibatte il nuovo PD! C'è in atto una guerra tra il vecchio ed il nuovo: da un lato i vecchi quadri dirigenti, abituati da anni ad una pratica di gestione della politica affaristica e consortile, finalizzano la loro azione al mantenimento dello status quo, senza peraltro escludere i propri interessi individuali, dall'altro i rappresentanti del nuovo tentano di applicare regole più democratiche e trasparenti nella organizzazione e nella gestione del nuovo partito. A tutto questo si aggiunge la libera interpretazione delle norme contenute nello Statuto, affidata spesso a persone non proprio di alto profilo culturale. Spero di sbagliarmi, ma voglio credere che il contrasto non nasca dalla contrapposizione d'idee, per il semplice fatto che non sono discordanti sui temi fondamentali quali la diseguaglianza sociale, la globalizzazione, la sperequazione della risorse, ecc...
Penso che le differenze sono sempre un arricchimento e tutti gli aderenti al partito vogliono confrontarsi, il problema è trovare un punto d'incontro.

martedì 22 settembre 2009

Il sacrosanto principio dell'autodeterminazione dei popoli

Nelle varie norme della giurisprudenza internazionale si afferma il diritto per tutti i popoli di stabilire in piena libertà, quando e come lo desiderano, il loro regime politico senza ingerenza esterna e di perseguire come desiderano il loro sviluppo economico, sociale e culturale.Tra i popoli soggetti a dominio militare straniero, attualmente, il popolo afghano sembrerebbe essere il più bisognoso di affermare tale diritto, ma tutte le grandi potenze occidentali si ostinano a credere e a far credere che quelle popolazioni non siano ancora mature per reagire ai talebani, che hanno in mente di annientare la loro libertà...
Intanto, in Afghanistan sono morti 6 soldati italiani, giovani e forti, e non erano andati lì solo per la gloria delle armi!...

mercoledì 9 settembre 2009

8/9/2009 - INTERVENTO di BARACK OBAMA





Ragazzi volete il successo?
Dovete studiare





So che per molti di voi questo è il primo giorno di scuola. E per chi è all’asilo o all’inizio delle medie o delle superiori è l’inizio di una nuova scuola, così un minimo di nervosismo è comprensibile.

Immagino che tra voi ci siano dei veterani a cui manca solo un anno per concludere gli studi e quindi contenti. E, non importa a quale classe siate iscritti, qualcuno tra voi probabilmente sta pensando con nostalgia all’estate e rimpiange di non aver potuto dormire un po’ di più stamattina. So cosa vuol dire. Quando ero giovane la mia famiglia visse in Indonesia per qualche anno e mia madre non aveva abbastanza denaro per mandarmi alla scuola che frequentavano tutti i ragazzini americani. Così decise di darmi lei stessa delle lezioni extra, dal lunedì al venerdì alle 4,30 di mattina. Ora, io non ero proprio felice di alzarmi così presto. Il più delle volte mi addormentavo al tavolo della cucina. Ma ogni volta quando mi lamentavo mia madre mi dava un’occhiata delle sue e diceva: «Anche per me non è un picnic, ragazzo».

Ora, io ho fatto un sacco di discorsi sull’istruzione. E ho molto parlato di responsabilità. Della responsabilità degli insegnanti che devono motivarvi all’apprendimento e ispirarvi. Della responsabilità dei genitori che devono tenervi sulla giusta via e farvi fare i compiti e non lasciarvi passare la giornata davanti alla tv. Ho parlato della responsabilità del governo che deve fissare standard adeguati, dare sostegno agli insegnanti e togliere di mezzo le scuole che non funzionano, dove i ragazzi non hanno le opportunità che meritano. Ma alla fine noi possiamo avere gli insegnanti più appassionati, i genitori più attenti e le scuole migliori del mondo: nulla basta se voi non tenete fede alle vostre responsabilità. Andando in queste scuole ogni giorno, prestando attenzione a questi maestri, dando ascolto ai genitori, ai nonni e agli altri adulti, lavorando sodo, condizione necessaria per riuscire.

Questo è quello che voglio sottolineare oggi: la responsabilità di ciascuno di voi nella vostra educazione. Parto da quella che avete nei confronti di voi stessi. Ognuno di voi sa far bene qualcosa, ha qualcosa da offrire. Avete la responsabilità di scoprirlo. Questa è l’opportunità offerta dall’istruzione. Magari sapete scrivere bene, abbastanza bene per diventare autori di un libro o giornalisti, ma per saperlo dovete scrivere qualcosa per la vostra classe d’inglese. Oppure avete la vocazione dell’innovatore o dell’inventore, magari tanto da saper mettere a punto il prossimo i Phone o una nuova medicina o un vaccino, ma non potete saperlo fino a quando non farete un progetto per la vostra classe di scienze.

Oppure potreste diventare un sindaco o un senatore o un giudice della Corte suprema ma lo scoprirete solo se parteciperete a un dibattito studentesco. Non è solo importante per voi e per il vostro futuro. Che cosa farete della vostra possibilità di ricevere un’istruzione deciderà il futuro di questo Paese, nulla di meno. Ciò che oggi imparate a scuola domani sarà decisivo per decidere se noi come nazione sapremo raccogliere le sfide che ci riserva il futuro. Avrete bisogno della conoscenza e della capacità di risolvere i problemi che imparate con le scienze e la matematica per curare malattie come il cancro e l’Aids e per sviluppare nuove tecnologie ed energie e proteggere l’ambiente. Avrete bisogno delle capacità di analisi e di critica che si ottengono con lo studio della storia e delle scienze sociali per combattere la povertà e il disagio, il crimine e la discriminazione e rendere la nostra nazione più corretta e più libera.

Vi occorreranno la creatività e l’ingegno che vengono coltivati in tutti i corsi di studio per fondare nuove imprese che creeranno posti di lavoro e faranno fiorire l’economia. So che non è sempre facile far bene a scuola. So che molti di voi devono affrontare sfide tali da rendere difficile concentrarsi sui compiti e sull’apprendimento.

Mi è successo, so com’è. Mio padre lasciò la famiglia quando avevo due anni e sono stato allevato da una madre single che lottava ogni girono per pagare i conti e non sempre riusciva a darci quello che avevano gli altri ragazzi. Spesso sentivo la mancanza di mio padre. A volte mi sentivo solo e pensavo che non ce l’avrei fatta. Non ero sempre così concentrato come avrei dovuto.

Ho fatto cose di cui non vado fiero e sono finito nei guai. E la mia vita avrebbe potuto facilmente prendere una brutta piega.

Ma sono stato fortunato. Ho avuto un sacco di seconde possibilità e l’opportunità di andare al college e alla scuola di legge e seguire i miei sogni. Qualcuno di voi potrebbe non godere di questi vantaggi. Può essere che nella vostra vita non ci siano adulti che vi appoggiano quanto avete bisogno. Magari nelle vostre famiglie qualcuno ha perso il lavoro e il denaro manca. O vivete in un quartiere poco sicuro, o avete amici che cercano di convincervi a fare cose sbagliate. Ma, alla fine dei conti, le circostanze della vostra vita - il vostro aspetto, le vostre origini, la vostra condizione economica e familiare - non sono una scusa per trascurare i compiti o avere un atteggiamento negativo. Non ci sono scuse per rispondere male al proprio insegnante, o saltare le lezioni, o smettere di andare a scuola. Non c’è scusa per chi non ci prova.

Il vostro obiettivo può essere molto semplice: fare tutti i compiti, fare attenzione a lezione o leggere ogni giorno qualche pagina di un libro. Potreste decidere di intraprendere qualche attività extracurricolare o fare del volontariato. Potreste decidere di difendere i ragazzi che vengono presi in giro o che sono vittime di atti di bullismo per via del loro aspetto o delle loro origini perché, come me, credete che tutti i bambini abbiano diritto a un ambiente sicuro per studiare e imparare. Potreste decidere di avere più cura di voi stessi per rendere di più e imparare meglio.

E in tutto questo, spero vi laviate molto le mani e ve ne stiate a casa se non state bene in modo da evitare il più possibile il contagio dell’influenza quest’inverno. Qualunque cosa facciate voglio che vi ci dedichiate. So che a volte la tv vi dà l’impressione di poter diventare ricchi e famosi senza dover davvero lavorare, diventando una star del basket o un rapper, o protagonista di un reality. Ma è poco probabile, la verità è che il successo è duro da conquistare.

Non vi piacerà tutto quello che studiate. Non farete amicizia con tutti i professori. Non tutti i compiti vi sembreranno così fondamentali. E non avrete necessariamente successo al primo tentativo. È giusto così. Alcune tra le persone di maggior successo nel mondo hanno collezionato i più enormi fallimenti. Il primo Harry Potter di JK Rowling è stato rifiutato dodici volte prima di essere finalmente pubblicato. Michael Jordan fu espulso dalla squadra di basket alle superiori e perse centinaia di incontri e mancò migliaia di canestri durante la sua carriera. Ma una volta disse: «Ho fallito più e più volte nella mia vita. Ecco perché ce l’ho fatta».

Nessuno è nato capace di fare le cose, si impara sgobbando. Non sei mai un grande atleta la prima volta che tenti un nuovo sport. Non azzecchi mai ogni nota la prima volta che canti una canzone. Occorre fare esercizio. Con la scuola è lo stesso. Può capitare di dover fare e rifare un esercizio di matematica prima di risolverlo o di dover leggere e rileggere qualcosa prima di capirlo, o dover scrivere e riscrivere qualcosa prima che vada bene. La storia dell’America non è stata fatta da gente che ha lasciato perdere quando il gioco si faceva duro ma da chi è andato avanti, ci ha provato di nuovo e con più impegno e ha amato troppo il proprio Paese per fare qualcosa di meno che il proprio meglio.

È la storia degli studenti che sedevano ai vostri posti 250 anni fa e fecero una rivoluzione per fondare questa nazione. Di quelli che sedevano al vostro posto 75 anni fa e superarono la Depressione e vinsero una guerra mondiale. Che combatterono per i diritti civili e mandarono un uomo sulla Luna. Di quelli che sedevano al vostro posto 20 anni fa e hanno creato Google, Twitter e Facebook cambiando il modo di comunicare.

Così, vi chiedo, quale sarà il vostro contributo? Quali problemi risolverete? Quali scoperte farete? Il presidente che verrà di qui a 20, 50 o 100 anni cosa dirà che avrete fatto per questo Paese? Le vostre famiglie, i vostri insegnanti e io stiamo facendo di tutto per fare sì che voi abbiate l’istruzione necessaria per saper rispondere a queste domande. Mi sto dando da fare per garantirvi classi e libri e accessori e computer, tutto il necessario al vostro apprendimento. Ma anche voi dovete fare la vostra parte. Quindi da voi quest’anno mi aspetto serietà. Mi aspetto il massimo dell’impegno in qualsiasi cosa facciate. Mi aspetto grandi cose, da ognuno di voi. Quindi non deludeteci, non deludete le vostre famiglie, il vostro Paese e voi stessi. Rendeteci orgogliosi di voi. So che potete farlo.

Questo è un estratto del discorso di saluto che il Presidente degli Stati Uniti ha rivolto ai giovani americani.
Pubblicato dal quotidiano La Stampa

venerdì 4 settembre 2009

La solidarietà è un dovere morale

Siamo sconcertati dinanzi alle conseguenze devastanti della politica scolastica portata avanti con estrema durezza dal ministro "Gelmini-Tremonti". Non possiamo rimanere inerti di fronte al dramma di migliaia di precari, in tutta Italia e più che al Nord nel Sud, nella nostra regione, nella nostra provincia. Solo in Campania i tagli finanziari mettono in mezzo alla strada oltre ottomila persone, delle quali seimila sono docenti. Si tratta di persone che si vedono preclusa dall'oggi al domani ogni possibilità di lavoro, di guadagno strettamente connesso ai più elementari bisogni di sussistenza. NOI, che operiamo nella scuola, abbiamo il preciso dovere di dimostrare la nostra solidarietà ai colleghi più sfortunati! Accolgo, pertanto, la proposta di un collega particolarmente sensibile di farsi portavoce, in sede di Collegio dei docenti, di un'istanza che conceda ai precari che ne facciano richiesta di effettuare le ore di recupero previste nelle varie discipline, previa formale rinuncia dei docenti interni, come segnale concreto di solidarietà.